Nel documento inviato alle Camere, dopo l'inchiesta dell'Espresso, Palazzo Chigi corregge la parte della nota nella quale si affermava che le consegne di materiale bellico a Tel Aviv sono continuate dopo il 7 ottobre. Ecco i testi a confronto

Il governo di Giorgia Meloni non riesce proprio a dire la verità sulle armi inviate a Israele dopo gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023 che hanno scatenato la violenta reazione di Tel Aviv nella Striscia di Gaza. E l’aspetto più grave, come può ricostruire l’Espresso, è che la corregge e la omette ai parlamentari della Repubblica.

 

La scorsa settimana l’Espresso ha anticipato la nota dell’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) contenuta nella relazione annuale che il governo per la legge 185 del 1990 deve inviare alle Camere. Nel testo a cura del ministero degli Esteri, prima del nullaosta formale della presidenza del Consiglio, l’Uama ha tentato di fare chiarezza con parole precise, esponendo i fatti per come sono: «Le caratteristiche dell’offensiva israeliana su Gaza, in reazione al criminale assalto condotto da Hamas, hanno indotto a valutare la concessione di nuove autorizzazioni verso Israele con particolare prudenza. È stata dunque sospesa la concessione di nuove autorizzazioni all’esportazione di armamenti. Non sono stati invece adottati provvedimenti di sospensione o revoca delle esportazioni verso Israele autorizzate prima del 7 ottobre, avendone valutato caso per caso». 

 

Uama diceva tre cose:
1. Israele ha richiesto nuove autorizzazioni di armi dopo il 7 ottobre 2023;
2. abbiamo valutato con particolare prudenza le richieste e le abbiamo respinte. Al momento sono sospese per un periodo non precisato, quindi potrebbero riprendere;
3. le esportazioni autorizzate prima del 7 ottobre non sono state né revocate né sospese.

 

Nella versione inviata lunedì ai presidenti di Camera e Senato, e che poi sarà oggetto di dibattito nelle commissioni Difesa, il governo ha modificato e cancellato l’ultima parte della nota di Uama. Quella più compromettente. Quella che smentiva gli stessi ministri. Quella che ottemperava a un obbligo di verità nei confronti dei parlamentari. 

 

 

Ecco il testo rivisto e girato alle Camere, entrambi i documenti sono qui pubblicati: «Le caratteristiche dell’azione israeliana su Gaza in reazione al criminale assalto condotto da Hamas, dopo il 7 ottobre 2023 hanno indotto a valutare la concessione di nuove autorizzazioni verso Israele con particolare prudenza. È stata, come noto, sospesa la concessione di nuove autorizzazioni all’esportazione di armamenti». In questo modo, con un taglio certosino, il governo tace sulle consegne effettuate dopo il 7 ottobre 2023 perché legate a contratti autorizzati prima del 7 ottobre 2023 e risparmia una figuraccia ai quei ministri che avevano dichiarato il contrario. A rigor di legge, qualsiasi tipo di esportazione poteva essere annullata dopo il 7 ottobre perché Israele, seppur aggredito, scontava i limiti della 185 del 1990 che vieta esplicitamente «esportazioni e transito di materiale bellico verso Paesi in stato di conflitto armato o responsabili di gravi violazioni di diritti umani». Il governo gioca con le date e il significato di autorizzazioni (fermate) diverso da quello di consegne (non fermate). Questo era il sospetto delle opposizioni, in particolare dei Cinque Stelle. 

 

Adesso il governo dovrebbe spiegare al Parlamento non soltanto il dettaglio delle spedizioni di armi a Israele, ma soprattutto dovrebbe spiegare perché si ostina a occultare la verità.