L'ultimo caso è il "messaggio" rivolto alla scuola di Pioltello con cui ha derubricato la polemica sul Ramadan a "fatto modesto". Prima c'erano state le parole sulle manganellate agli studenti, sulle concessioni balneari, sui morti sul lavoro, sul razzismo. Il Quirinale si dimostra ancora una volta l'argine istituzionale del Paese

Menomale che Sergio Mattarella c'è, verrebbe da dire. In una giornata fittissima il Capo dello Stato ha trovato tempo, ancora una volta, per difendere i cittadini dagli attacchi scoordinati di chi è al governo. Lo ha fatto rispondendo a una lettera della vicepreside Maria Rendani, che nei giorni scorsi l'aveva invitato a visitare l'istituto Iqbal Masih di Pioltello, in provincia di Milano, al centro delle polemiche per la scelta di chiudere la scuola per la fine del Ramadan: «Ho ricevuto e letto con attenzione la sua lettera e, nel ringraziarla - sottolinea il capo dello Stato - desidero dirle che l'ho molto apprezzata, così come - al di là del singolo episodio, in realtà di modesto rilievo - apprezzo il lavoro che il corpo docente e gli organi di istituto svolgono nell'adempimento di un compito prezioso e particolarmente impegnativo». 

 

Poche righe, le parole al Quirinale si misurano e si pesano. Episodio, in realtà di modesto rilievo, scrive il Presidente. Parole che fanno da contraltare alla polemica nazionale incendiata dalla Lega e da Fratelli d'Italia e da alte cariche politiche come il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, e il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Mattarella non si fa trascinare nel rumoroso e ormai inguardabile spettacolo della rissa quotidiana fra fazioni e mantiene l’assetto di garante delle istituzioni. Non è la prima volta. 

 

Durante le celebrazioni per i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, il Presidente ha mandato un messaggio diretto alle frasi del ministro Francesco Lollobrigida che aveva rievocato la bufala della sostituzione etnica («Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica»). Il capo dello Stato citò per l'occasione Manzoni: «È la persona, in quanto figlia di Dio, e non la stirpe, l'appartenenza a un gruppo etnico o a una comunità nazionale, a essere destinataria di diritti universali, di tutela e di protezione. È l'uomo in quanto tale, non solo in quanto appartenente a una nazione, in quanto cittadino, a essere portatore di dignità e di diritti».

 

Il 13 settembre per l'inaugurazione del corso di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro per 800 nuovi ispettori tecnici, assunti all’Ispettorato nazionale del lavoro, ha inviato una lettera senza molti precedenti. Anche questa coincisa, di difficile fraintendimento: «Lavorare non è morire» diceva Mattarella bacchettando la ministra Marina Calderone chiedendo di «fare di più» contro la strage quotidiana sui luoghi di lavoro. Proprio lui che andò immediatamente a Brandizzo a deporre una corona di fiori per i cinque operai falciati alla stazione, fece sentire la sua voce forte e decisa, “commissariando” un governo Meloni quasi inerte sull’argomento. «I morti di queste settimane ci dicono che quello che stiamo facendo non è abbastanza», tornando ad ammonire sulla necessità di garantire la sicurezza sul lavoro, un cultura che «deve permeare le istituzioni, le parti sociali, i luoghi di lavoro». Perché «madri, padri, figli, finito il proprio turno, hanno il diritto di poter tornare alle loro famiglie».

 

Il 2 gennaio il Capo dello Stato ha promulgato la legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022 («uno dei traguardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza - ha spiegato - da conseguire entro il quarto trimestre del 2023 e pertanto», da promulgare «con sollecitudine»), senza però fare a meno di segnalare in una lettera l'"eccessiva e sproporzionata" proroga prevista per l'"assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche", tale da rendere "indispensabili, a breve, ulteriori iniziative di Governo e Parlamento". Un messaggio simile a quello che aveva rivolto ai presidenti delle Camere e del Consiglio il 24 febbraio scorso a proposito della proroga delle concessioni demaniali marittime quando promulgò la legge di conversione del decreto milleproroghe del 2022. Oltre a segnalare "i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con decisioni giurisdizionali" della proroga delle concessioni per i balneari, Mattarella in quell'occasione - per la terza volta - si soffermava su questioni di carattere generale, già sollevate dai predecessori Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, relative all'abuso della decretazione d'urgenza e agli interventi emendativi di Senato e Camera, tali da trasformare i provvedimenti inizialmente approvati dal Governo ed emanati dal Capo dello Stato "in decreti-legge omnibus del tutto disomogenei, vale a dire in meri contenitori dei più disparati interventi normativi". 

 

L'ultima disamina attenta del Presidente della Repubblica, la più nota, è arrivata invece dopo l'episodio degli studenti, in maggioranza minorenni, manganellati mentre manifestavano a Pisa. Ragazzi colpiti mentre erano già a terra o inseguiti nei vicoli. Le immagini hanno scosso anche Sergio Mattarella che, con una mossa irrituale, ha chiamato il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, per fargli presente, «trovandone condivisione», che «l'autorevolezza delle Forze dell'ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni». «Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento» è la chiusura della nota del capo dello Stato, una presa di posizione netta contro la gestione 'muscolare' delle manifestazioni mettendo sotto accusa il governo di centrodestra. 

 

Menomale che Mattarella c'è, dunque, e mantiene l’assetto di garante delle istituzioni: garante di tutti i cittadini, davvero sopra le parti, garante anche di quelli che al Governo non ne comprendono per dolo o per colpa l’impegno e la fatica.