Il caso

Nell'ultimo anno 54 milioni di identificazioni dalle forze dell'Ordine: nel 2021 erano state venti milioni in meno

di Simone Alliva   20 febbraio 2024

  • linkedintwitterfacebook

I dati del Viminale registrano con il Governo Meloni un aumento vertiginoso di richieste di riconoscimento: il 52 per cento in più rispetto a due anni fa. Gli agenti e le istituzioni difendono la bontà della pratica. Ma i recenti casi di cronaca sollevano dubbi

Sarà stato perché il personale non aveva «piena consapevolezza» come ha commentato il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi dopo l'identificazione della Digos delle persone che nel pomeriggio del 18 febbraio si sono riunite sotto la targa dedicata ad Anna Politkovskaja per deporre fiori in memoria dell’oppositore di Putin. O sarà stato «per eccesso di zelo» come ha commentato la Questura di Milano. Ma in un anno quasi tutti i cittadini presenti sul territorio italiano sono stati fermati dalle forze dell’ordine per essere identificati. Lo dimostrano i dati del Viminale che dicono che nel 2023 sono state effettuate in tutto il Paese quasi 54 milioni di identificazioni, o meglio 53.833.736. 

 

Si tratta di dati che sono il risultato dei controlli interforze tra esercito, polizia di Stato, polizia locale e Carabinieri. Possono aver riguardato anche più volte la stessa persona e comprendono tutte le casistiche concernenti il "controllo del territorio": posti di blocco stradali, attività  nei pressi delle stazioni o nelle piazze di spaccio, passando per le manifestazioni politiche, gli stadi, gli edifici occupati e così via. Nel 2022 erano state 46,9 milioni le identificazioni, oltre il 52% in più rispetto alle 35,3 milioni del 2021. 

 

Le identificazioni non portano necessariamente a un'azione penale. Come ha specificato Enzo Letizia, segretario dell'Associazione nazionale funzionari di Polizia: «Le attività di identificazione, lungi dal costituire, come detto e riportato da alcuni organi di stampa, una 'schedatura', termine che più si addice ad esperienze politiche con cui il Paese ha da tempo chiuso i conti, non ha alcuna conseguenza o seguito di carattere amministrativo né tantomeno giudiziario».

 

Però via via tutti i nominativi acquisiti finiscono all’interno di un database ministeriale, il Ced-Sdi, che permette alle forze dell’ordine, digitando le generalità d’interesse, di ricostruire le presenze del soggetto in un relativo momento o in una relativa occasione. 

 

In una nota il deputato ligure del Pd Luca Pastorino, in riferimento alle identificazioni del 18 febbraio ha annunciato un'interrogazione parlamentare: «Chiederò, nel corso del question time alla Camera domani, che il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi chiarisca le ragioni delle azioni di identificazione valutando se siano imprescindibili o se in talune situazioni vi possa essere un grado di tollerabilità differente, nel rispetto dell'ordine pubblico ma anche della pacifica espressione di cordoglio per la morte».

 

Mentre il segretario generale del Siulp, Sindacato unitario lavoratori Polizia, Felice Romano, replica ad alcune reazioni seguite a quanto accaduto: «Il controllo e la relativa identificazione di una persona non recano in alcun modo limiti alla libertà della stessa. Anzi, essa rientra nei doveri fondamentali di chi ha il dovere di garantire la salvaguardia della sicurezza del nostro Paese. E ne sono testimonianza numerosissimi eventi che hanno caratterizzato la nostra storia recente. Fu grazie ad una semplice identificazione che fu arrestato Anis Amri a Sesto San Giovanni. Il 24enne tunisino era ricercato in tutta Europa per la strage ai mercatini di Natale di Berlino. O come pure grazie a un controllo di persone su un treno regionale che nel 2003 fu sferrato ai nuovi vertici delle Brigate Rosse un colpo letale con l'arresto di Desdemona Lioce, oltre che all'uccisione di Mario Galesi. Fatto quest'ultimo che portò alla morte del collega Emanuele Petri. La storia è piena di catture e arresti eccellenti ottenuti grazie al controllo e all'identificazione dei cittadini. Ci auguriamo pertanto che si smetta di gridare al complotto ogni qual volta le forze di Polizia operano un controllo, giacché l'unico vero rischio che si corre è quello di incoraggiare chi ha qualcosa da nascondere».

 

I dati rivelano tuttavia che le attività di controllo del territorio sono aumentate. Conseguenza dell’allerta terrorismo dopo l'invasione dell’Ucraina da parte della Russia (il 24 febbraio 2022) e dopo gli attentati di Hamas in Israele il 7 ottobre 2023. L'eccesso di zelo ha registrato tuttavia dei fermi diventati "popolari": quello di Marco Vizzardelli, che il 7 dicembre alla Prima della Scala ha gridato "Viva l’Italia Antifascista” alla fine dell’Inno di Mameli. E ancora i manifestanti pro-Palestina fuori dalla sede Rai, gli studenti manganellati a Torino il 3 ottobre. Senza dimenticare gli ambientalisti di Ultima Generazione. A fare rumore: l'identificazione di "Ruttovibe", il tiktoker identificato l'11 gennaio davanti a Montecitorio.