Sandro Gozi, l’italiano più vicino a Macron spiega come respingere l’assalto e perché il presidente francese può farcela: "Ha preso un altissimo rischio, però questa era l’unica via per un chiarimento democratico e politico"

Quale Europa esce da queste elezioni? Chi sono i vincitori e vinti?

«È un’Europa certamente più complessa e più completa perché le estreme destre si sono affermate o in alcuni casi hanno aumentato il loro peso, come in Francia. E quindi certamente un’Europa più complicata da governare e da gestire in cui però il dato politico finale è che le forze europee, cioè il Partito popolare europeo, i socialdemocratici e noi di Renew continuiamo ad avere una maggioranza solida al Parlamento europeo. Quindi se da una parte sicuramente c’è un dato di aumento degli estremisti, dall’altra gli estremisti hanno fallito. Volevano diventare maggioranza, non lo sono. Certo, molto dipenderà dall’atteggiamento del Partito popolare europeo. Vedremo se rispetterà l’accordo per le riforme con noi e il Pse, oppure se sarà tentato legge per legge, voto per voto, di fare asse con l’estrema destra. È tutto più complicato, anche se la maggioranza pro Europa c’è. Occorre però che tutti siano leali e coerenti con il nuovo patto di maggioranza».

 

Abbiamo titolato la nostra copertina “Giorgia e Ursula, la strana coppia”. È vero che von der Leyen, nonostante quello che lei ha detto, avrà bisogno dei voti dei conservatori per essere sicura di essere riconfermata a capo della Commissione. Poi che succederà?

«Allora, vanno distinte due cose: certamente è impossibile per noi, ma mi sembra anche per i socialdemocratici, fare un accordo di governo con le estreme destre. Quindi per noi Ecr, cioè Meloni o Le Pen o Salvini sono la stessa cosa e questo è un dato assolutamente immodificabile. E non è affatto scontato che la presidente continui a essere Ursula von der Leyen. Dipenderà dai suoi impegni, dalle sue priorità. E certo non sarà von der Leyen se lei chiederà di far entrare in maggioranza Ecr. Se poi succede quello che è successo nel 2019 e cioè che il partito di governo polacco di estrema destra, senza entrare in maggioranza, ha votato e, quindi, se questa volta Meloni, come io credo da mesi, vorrà percorrere questa strada, è chiaro che noi non possiamo impedirlo. Però è una scelta che non ci riguarda. Rispetto all’alleanza politica di cui discutiamo, è evidente che vogliamo che von der Leyen prenda impegni con noi e non con Meloni. Allo stesso tempo ritengo che uno Stato fondatore come l’Italia non possa permettersi di rimanere completamente escluso. Quindi non sarà con noi in maggioranza ma probabilmente Fratelli d’Italia vorrà votare la nuova presidente della Commissione».

 

Quali saranno le conseguenze economiche del voto europeo?

«Dipenderà molto dalla solidità, dall’efficacia del nostro nuovo patto, perché è evidente che in Europa c’è bisogno di molti più investimenti pubblici e privati e abbiamo un modello che sta funzionando. È il modello del Next Generation Eu, un piano di rilancio che si basa sugli eurobond, che si basa sul debito comune europeo, su nuove risorse europee per ripagarlo e si basa sul dato di fatto che noi non possiamo vincere la transizione verde, la transizione ecologica e la sfida della difesa senza una nuova strategia di investimenti. E quindi io credo che la crescita europea e l’economia europea dipenderanno molto da questo. Noi riusciremo veramente a concretizzare questa priorità se riusciremo a costruire questa unione dei risparmi e degli investimenti, riusciremo a promuovere e dare fiducia a risparmiatori e investitori, a scommettere su progetti europei, invece che investire nella Borsa di Wall Street».

 

È vero che in Italia la maggioranza di governo esce comunque rafforzata dalle elezioni europee?

«A dire il vero, la maggioranza di governo in Italia si è presentata divisa perché i tre partiti non hanno un progetto comune per l’Europa. Abbiamo sentito proposte opposte per l’Europa, da Salvini a Tajani a Meloni. Salvini vuole meno Europa e vuole in sostanza, come Le Pen,  distruggere l’Europa da dentro. Tajani si è detto in linea col Partito popolare europeo, vuole rafforzare l’Europa e modificare i trattati. Non c’è nessuna coerenza nel loro progetto europeo tant’è vero che sono anche in gruppi diversi».

 

Come valuta il fenomeno dell’astensione per cui in Italia ha votato il 50% degli elettori? È vero che molti percepiscono l’Europa come distante, ideologica, invasiva. Cosa dovrebbe cambiare nell’Unione europea per renderla più vicina ai cittadini, per soddisfare meglio le loro esigenze? Un’eventuale riforma in quale direzione dovrebbe andare?

«La vera questione è ancora la mancanza di consapevolezza e mancanza di informazione su tutto quello che l’Europa già rappresenta oggi e sul fatto che il Parlamento europeo oggi fa delle leggi. Purtroppo di questo non c’è piena consapevolezza tra i cittadini. Le cause dell’astensionismo sono che la politica nazionale continua a usare le elezioni europee come un grande referendum, un test di popolarità o di impopolarità, e questo è veramente molto scorretto. Lo ha fatto di nuovo Meloni, lo hanno fatto altri leader mettendosi come capilista in Italia e in sostanza nazionalizzando completamente il voto europeo. Il secondo punto è che in Europa siamo in una situazione di paradosso. Siamo dei privilegiati perché siamo gli unici al mondo che possono votare per un Parlamento continentale, in cui ci sono rappresentanti di 27 Stati. Però non abbiamo ancora una politica veramente europea, non abbiamo uno spazio transnazionale europeo, non possiamo votare direttamente i partiti politici europei. Per questo abbiamo proposto una nuova legge elettorale europea sulla quale ora il Consiglio dovrà decidere. La nuova legge prevede la possibilità di eleggere una parte dei deputati al Parlamento europeo votando direttamente delle liste comuni a tutto il continente. Gli elettori avranno due schede elettorali, una per la loro circoscrizione italiana, l’altra per la circoscrizione Europa con nomi di 27 nazionalità, con partiti europei. In questo modo si renderebbero conto che c’è una nuova dimensione della politica e ci sarebbe più consapevolezza dell’Europa. Questa riforma spingerebbe anche i media a sviluppare dei dibattiti e delle analisi più continentali e meno nazionali. Se si continua unicamente a guardare l’Europa con le lenti nazionali di Roma, Parigi, Berlino, è evidente che rimarranno sempre delle elezioni considerate meno importanti. Paradossale perché in termini di scelte strategiche, oggi le elezioni europee sono le più importanti che ci siano per tutti i Paesi europei».

 

Lei è stato a lungo stretto collaboratore di Macron e lo è tuttora. Come spiega quello che è accaduto in Francia con la vittoria di Le Pen?

«Lo spiego collegandomi a quello che ho già detto. Noi abbiamo fallito perché non siamo riusciti a rendere sufficientemente europee queste elezioni. Ci siamo sforzati di parlare dei risultati che abbiamo ottenuto, del progetto che abbiamo per i dieci-venti anni davanti a noi per il continente europeo. Ma in realtà il dibattito è stato preso in ostaggio da temi strettamente interni, temi di sicurezza nelle banlieue, temi del potere di acquisto, tutti temi importanti, ma temi totalmente interni. E a questo si aggiunge un momento in cui i francesi hanno molta paura e molte preoccupazioni. Veniamo da crisi enormi, quella del Covid, la guerra in Ucraina e le conseguenze soprattutto sull’energia e sull’inflazione che questa guerra ha creato. Non c’è stato il tempo di spiegare che sull’altro tema che preoccupa moltissimi francesi e cioè l’immigrazione, il patto d’asilo che abbiamo adottato in aprile è la risposta che i francesi chiedono e ci porterà a riprendere il controllo sulla migrazione».

 

In un’intervista alla Stampa il direttore di Le Monde, Jérome Fenoglio, ha detto che sarà una catastrofe se vincerà il Rassemblement National e che il sì dei repubblicani è inaudito. Però ha anche detto che Macron per amor proprio fa rischiare una crisi democratica. Anche perché, secondo lui, coabitare col partito di Le Pen sarebbe persino un problema morale. Lei cosa ne pensa?

«Penso che non è mai un dramma ridare la parola agli elettori. L’Assemblea nazionale era già bloccata prima delle elezioni europee e sarebbe stata totalmente ingestibile perché sarebbe stata ancora più rigida l’opposizione delle opposizioni (scusate il gioco di parole) e quindi non era possibile vivacchiare per tre anni senza dare risposte ai francesi. E poi c’è un malcontento che è stato espresso attraverso queste elezioni europee. Ora è un’assunzione di responsabilità da parte di tutti i francesi che devono decidere se vogliono dare al progetto di Macron e alla maggioranza attuale la possibilità di lavorare, la possibilità di fare delle cose e la possibilità di dare delle risposte concrete. Oppure se ritengono che sia il Rassemblement National quello che ha le risposte. Io ritengo di no. Macron ha interpretato secondo me nel modo più diretto possibile la Quinta Repubblica francese che prevede un rapporto diretto tra il presidente e il popolo. È chiaro che Macron ha sciolto le Camere non perché vuol far vincere Le Pen, ma perché vuole vincere, vuole fare vincere le sue idee, vuole dare la possibilità al Parlamento di rispondere ai francesi. Ovvio che ha preso un altissimo rischio, però questa era l’unica via per chiarire la situazione. Bisogna avere un chiarimento democratico e politico in Francia».

 

Chiudiamo il nostro incontro parlando dell’asse Salvini-Le Pen. Potrà arrivare da questa un’apertura alla Afd tedesca?

«Io ritengo che in questa fase Marine Le Pen abbia tutto l’interesse a nascondere quello che è totalmente impresentabile. C’è molto di impresentabile dietro la faccia sorridente e giovane di Jordan Bardella: c’è un’estrema destra, c’è dell’antisemitismo, c’è del razzismo. È la ragione per cui Marine Le Pen non ha voluto fare l’accordo con Afd e farà di tutto per evitare di avere nuovi imbarazzi. Le Pen in questa fase ha interesse a nascondere al massimo quello che lei e il suo movimento sono veramente e la maschera di Jordan Bardella certamente, dal loro punto di vista, è molto efficace. Ma lui è il vuoto assoluto, è molto utile per fare dei selfie e per mobilitare i giovani. Quindi credo che, comunque, Le Pen sarà molto attenta a non prendere dei rischi che possano svelare la sua vera natura estremista di destra con tendenze razziste e xenofobe».