In uno strano momento in cui si mettono in crisi diritti acquisiti, la serie di Ludovico Bessegato su Prime Video è uno sguardo su una generazione che fa della differenza la sua forza

Ci sono verità difficili da ammettere ma a un certo punto bisogna cedere all’evidenza: ha ragione il generale Vannacci. Ha ragione quando dichiara (e scrive, citofona, racconta anche ai sassi) in ogni studio televisivo a disposizione, che viviamo in un mondo al contrario. Perché con gli anni che scorrono si crede con ingenuità di aver raggiunto un grado di maturità accettabile, si pensa, erroneamente, che il tempo porti consiglio e che con l’avanzare dei giorni l’inciampo si traduca in esperienza. Invece neanche per sogno. 

 

Nel mondo al contrario si perde tempo a dibattere, in una campagna elettorale estenuante come al suo solito, se davvero la X Mas abbia o meno fatto cose buone, con Bruno Vespa che si irrita e spiega ai telespettatori e ai suoi ospiti maltrattati che, in fondo, «la parte cattiva della Decima si è arresa dopo la cerimonia dell’ammainabandiera, tranquilla e beata». 

 

E nel mondo al contrario, nei talk diventati show che contrappongono parole a caso di parlanti interpellati a caso, ancora si deve dimostrare che essere gay ti posiziona nell’«anormalità statistica» e che se c’è l’identità di genere allora ci dovrebbe essere anche l’identità di età, cioè mi sveglio una mattina e mi sento maschio, e il giorno seguente mi percepisco giovane. Come se facesse ridere. 

 

Per fortuna però una boccata di realtà arriva dalle produzioni seriali e la seconda stagione di “Prisma” (Prime Video) ne è l’esempio più recente.

 

Otto episodi ruvidi firmati da Ludovico Bessegato, dall’andamento lento come la vita, che cambiano colore a seconda della giornata e in cui tutto è fluido, le storie, i rapporti, persino il tempo. Ieri, oggi, ora, tre settimane, 15 anni fa. Due gemelli per un solo attore, un incedere ferito che cerca di uscire alla luce, che parla di disagio e di forza, la forza che nasce dalla necessità vitale della consapevolezza di sé e che non ha più nessuna voglia non solo di tacere ma di essere sopraffatta dal silenzio altrui. Ed è difficile individuare un concetto più politico dell’affermazione dell’identità di ognuno, in nome della libertà per tutti. 

 

Così, di fronte a una serie considerata “per giovani” solo perché sono al centro del mirino, viene da chiedersi se non sarebbe il caso di allargarne la visione. E provare a seguire e a godere di “Prisma” smettendola di chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie di fronte a una realtà che appare evidente e ancora sconosciuta. Michele Serra ha scritto dopo lo spoglio: «Ascoltare è la cosa più difficile del mondo. Ascoltare poi una generazione lo è in modo proibitivo». Ecco, uno sforzo di attenzione ogni tanto non guasterebbe affatto. 

 

Perché il mondo un suo verso giusto ce l’ha. Basta trovarlo. 

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DA GUARDARE 

Le notizie seriali quelle belle: il 14 agosto arriverà su Disney+ la terza stagione di “The Bear”. Sarà abbastanza difficile fare meglio delle precedenti, ma solo il fatto di rivedere la faccia sgualcita di Jeremy Allen White  tra i fornelli del suo ristorante fa affrontare l’estate con tutto un altro gusto. 

 

MA ANCHE NO

Modello scuola elementare, l’ad Roberto Sergio sgrida Serena Bortone: «Doveva essere licenziata per quello che ha fatto e non è stata licenziata. Non è stata punita». Mancava solo il “cicca cicca cicca” e tutto sarebbe stato impeccabile. Anche il fatto che, guarda caso, il programma “Che sarà” è balzato al 5 per cento e ha chiuso la stagione al 6,1.