Il nostro mercato è a stelle e strisce: l'intervista a Ezio Simonelli, presidente della Serie A

«Bisogna aumentare la nostra attrattiva sul mercato nord-americano, ma anche puntare a favorire la pubblicità delle scommesse legali»

Ezio Simonelli parla con L’Espresso dalla lounge dell’aeroporto dove il presidente della Lega di Serie A attende il volo per New York. È qui che il dirigente ha organizzato un programma di incontri con broadcaster e sponsor interessati a investire nel calcio italiano. «Nel massimo campionato», dice, «ci sono nove squadre con capitali statunitensi e una canadese. Eppure dobbiamo aumentare la nostra attrattiva in quel mercato. Esclusa la Premier League, che ha risultati fuori portata, bisogna avvicinare la Spagna. Non è facile con pochi campioni».

 

È produttivo cercare altri soldi in un’area che già ha occupato metà del mercato?

«Sono ottimista. Il Nordamerica è diviso in due grandi categorie di pubblico. Una è la componente ispano-italiana. Sulla quota rimanente possiamo lavorare bene. In serie A abbiamo il numero più alto di calciatori Usa fra le varie leghe europee».

 

Quali sono i principali obiettivi di legge?

«Bisogna favorire la pubblicità delle scommesse legali. Il decreto dignità non ha senso e ha soltanto fatto crescere le scommesse clandestine. Poi mi sembra anche giusto destinare una quota di questi ricavi alla Lega».

 

C’è stato uno scontro nella maggioranza sul decreto crescita, di cui la Lega chiede il ripristino?

«Il decreto crescita non resusciterà. Ridefiniremo un veicolo legislativo per approvare una normativa fiscale che aiuterebbe soltanto i club. Per i giocatori non cambia nulla visto che trattano lo stipendio al netto delle tasse. In ogni caso l’abolizione del decreto crescita non ha avuto i risultati sperati. Gli stranieri sono aumentati. Sono solo più scarsi. Quanto agli introiti statali, a fronte di un gettito teorico di 60-70 milioni, si è perso un indotto di dieci volte superiore».

 

E la crescita degli italiani?

«È giusto offrire incentivi per la loro formazione. Il governo sta aiutando i vivai in base allo stesso principio per cui si sostengono le aziende che fanno ricerca e sviluppo. Il calcio è un comparto che per ogni euro speso ne produce altri 2,2 di indotto. E questo senza contare il beneficio reputazionale, se i club e la nazionale tornano ai fasti del passato».

 

C’è anche un beneficio elettorale.

«È chiaro. Ci sono 34 milioni di tifosi in Italia. Tolti i minorenni, sono tutti elettori».

 

A che punto sono le relazioni diplomatiche spesso conflittuali fra Lega e Federcalcio?

«Con il presidente Gabriele Gravina siamo in sintonia».

 

Eppure c’è stata polemica per le recenti nomine in Figc.

«Una vicepresidenza toccava a noi o alla Lega Pro. Ma l’importante è che la serie A e la C abbiano un posto nel comitato di presidenza. Le decisioni si prendono lì».

 

Insisterete affinché i club di A creino una Under 23 e una squadra femminile, come in pochi hanno fatto?

«Sull’Under 23 mi sento di insistere e Federica Cappelletti, presidente della divisione femminile della Figc, sta lavorando benissimo».

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