La postgenomica rivoluziona l'antiage. Con molecole sintetizzate in laboratorio capaci di modulare l'espressione dei geni della pelle. E ricostruirla. Per contrastare l'invecchiamento

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Lo dicono da sempre gli scienziati: l'invecchiamento è tutto scritto nel Dna di ciascuno di noi. Come dire che la cosmesi può regalarci un aspetto migliore, una pelle luminosa, un fare più tonico, ma niente più. E allora, se l'invecchiamento è scritto nei geni, dai geni parte oggi la cosmesi biotech. Che promette di intervenire nei processi stessi di formazione delle rughe e dell'aging cutaneo. Grazie alle informazioni messe a disposizione dalla genomica.

Così cominciano già a fare capolino nelle profumeria i primi prodotti che basano il loro intervento su formulazioni biotecnologiche pensate a partire da ciò che la scienza sa della genetica della pelle. E la genetic beauty sarà grande protagonista del principale appuntamento nazionale della bellezza, il Cosmoprof, che apre i battenti a Bologna il prossimo 3 aprile. Per mostrare che il trend delle industrie cosmetiche ha intrapreso strade diverse dalla classica lotta ai radicali ossidanti. "Gli antiossidanti sono ancora la categoria più ampia fra gli ingredienti antietà. Ma non sono più gli unici e nei laboratori si sfruttano le ultime scoperte della genetica applicata alla dermatologia che permette di usare molecole biologicamente attive in grado di modulare l'espressione genica che comanda la produzione di proteine come il collagene", spiega Carla Scesa, docente di Cosmetologia all'Università di Siena. Le grandi multinazionali della bellezza puntano sui peptidi, piccole proteine che attivano la produzione di collagene con test effettuati sulle cellule della pelle, sui derivati del retinolo, su classi di idratanti profondi e attivi naturali stimolanti la microcircolazione della pelle.

Non solo: l'industria non si è fatta scappare una importante scoperta di come e quanto gli zuccheri siano dannosi anche per la pelle e si moltiplicano gli studi sui processi di glicazione che accelerano l'invecchiamento delle proteine cutanee, in particolare il collagene, e sono scatenati dall'assunzione di zuccheri semplici o da un cattivo metabolismo degli zuccheri. "Sono state recentemente messe a punto sostanze enzimatiche che sembrano inibire questo processo a livello dermico. Siamo di fronte ad antietà studiati per sempre più piccoli gruppi di persone e tipologie di pelle, quasi personalizzati", spiega Scesa.

Così personalizzati che nei laboratori di ricerca si comincia a parlare addirittura di formulazioni studiate per il tipo di invecchiamento di ciascuno. Un gruppo di ricercatori dell'ospedale Saint-Louis di Parigi e di quello universitario Laval in Quebec, Canada, diretti da Axel Kahn, genetista dell'Università Paris René Descartes e dei laboratori di ricerca L'Oréal, ha scoperto recentemente che sulla pelle di ognuno di noi esistono molte proteine diverse (la maggioranza sono ancora sconosciute) che costituiscono una sorta di 'firma proteica' che distingue una pelle da un'altra.

Spiega Jacques Leclaire, ricercatore e direttore Scienze della vita L'Oréal: "Una volta identificate le proteine superficiali, risultato finale dell'espressione dei geni, abbiamo condotto uno studio clinico su due tipologie molecolari di pelle, la giovane e l'anziana, ricostruite in laboratorio. Sono stati così sperimentati molti ingredienti antietà fino a individuare quelli in grado di modificare la firma proteica della pelle invecchiata e renderla di nuovo simile a quella della pelle giovane. Due componenti in particolare hanno indotto un evidente rinnovamento della pelle matura: l'estratto di un batterio probiotico, bifidobacterium longum, e alcuni derivati delle fitosfingosine, lieviti naturali".

Mentre a Parigi lavorano sui biomarker, a Cincinnati, nell'Ohio, il colosso statunitense Procter&Gamble lavora su dei microchip (gene chip technology) capaci di contare le proteine superficiali e i geni della pelle, sempre allo scopo di mettere le mani su quelli coinvolti nell'invecchiamento. Come spiega Sian Morris, direttore della comunicazione scientifica P&G a Egham, in Inghilterra: "Impieghiamo un sistema elettronico che individua oltre 54 mila geni e ci permette di mappare quelli della pelle, dalla più anziana a quella giovanissima.

Partendo da questo macchinario abbiamo progettato un microchip portatile che, appoggiato semplicemente sulla superficie cutanea, cambia colore e segnala l'azione dei geni e lo stato delle proteine superficiali della pelle. Lavorando su biopsie cutanee, modificate con delle lievi esfoliazioni eseguite con mini-laser, saggiamo così lo stato genetico e proteico dei diversi strati cutanei". Con questa tecnologia gli scienziati della P&G cercano di valutare gli ingredienti più efficaci per rallentare i processi infiammatori che stanno alla base dell'invecchiamento della pelle e di calcolare come e quanto sia dannoso lo stress, in particolare quello da esposizione solare e inquinamento. "In questo modo riusciamo a proteggere la pelle più stressata e indurla a difendersi con l'applicazione di nuovi sieri.

Abbiamo infatti brevettato una miscela antirughe contenente un peptide (pal-KT), piccola proteina identica a quella presente nella pelle, in combinazione con la vitamina B3 potenziata da un particolare sale (hexamidine), frutto della ricerca in ambito genomico, in grado di incrementare la produzione della barriera lipidica protettiva e del collagene da parte della pelle stessa", aggiunge Sian Morris.

Il brevetto P&G si aggiunge a una miriade di altri depositati negli Stati Uniti a gennaio di quest'anno per la proteggere la proprietà di principi attivi innovativi, che faranno parte dei futuri antietà: ci sono gli estratti dalla pianta di ericacea e un composto di aminoacidi ad azione inibente la degradazione del collagene della pelle (L'Oréal); il resorcinolo ad azione schiarente (Unilever); una miscela di soia e acqua di origine vulcanica ricca di minerali ad azione ringiovanente (Coty).

Una pletora di innovazioni che non può fallire. Perché i consumatori sono ormai molto attenti e gli effetti di un antiage sono visibili a occhio nudo. "L'efficacia tangibile, la piacevolezza e la gratificazione emotiva nell'uso di una crema antirughe sono aspettative da non deludere", spiega Claire Moulin, analista Euromonitor international, agenzia di ricerche di mercato mondiale: "Il clima economico frena le vendite dei cosmetici, ma il trend dei cosmetici antietà resiste. L'acquisto di prodotti del genere è un piccolo bene-rifugio a livello emotivo".

Insomma, anche se la crisi si fa sentire, creme e sieri antiage reggono. Ma devono rispondere allo specchio di metà della popolazione dei paesi industrializzati, coloro che hanno compiuto i 40 anni e sono preoccupati per l'invecchiamento. Sottolinea Virginia Lee, analista Euromonitor international: "I consumi di cosmetici antirughe, dal 2002 al 2007, sono aumentati del 67 per cento, raggiungendo la quota di circa 15 miliardi di dollari nel 2007. In questo periodo di fragilità economica calano gli interventi di chirurgia estetica e cresce invece la richiesta di rimedi antiage non invasivi e meno costosi. Quindi più botulino a lunga durata e più creme, anche costose se l'efficacia è reale".

Le statistiche confermano: lo skincare continua a registrare consensi in Europa occidentale. Nell'ultimo anno in Italia le stime registrano un aumento del 10 per cento, in Francia del 14, 3, in Spagna del 30, in Inghilterra del 24,2. Unipro, l'associazione che raccoglie gli industriali della cosmesi aderenti a Confindustria, stima quest'anno un incremento globale del fatturato cosmetico dell'1 per cento

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