Dagli Usa all'Italia, quelle mamme in carriera che non vogliono mollare
La moglie del sindaco di New York è stata attaccata dai tabloid per aver detto che quando nacque la figlia aveva voglia di lavorare e non di restare sempre a casa con lei. Un'anchorwoman americana e la vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, si confrontano sul tema. E dicono: "Si può fare tutto, ma media e politica devono cambiare la rappresentazione delle donne"
“Se un uomo prende un anno sabbatico per fare il giro del mondo, saranno tutti lì a fargli i complimenti senza nemmeno sognarsi di chiedergli chi si occuperà della famiglia e dei bambini. Se una donna decide invece di non abbandonare la sua carriera dopo la nascita di un figlio, saranno in molti a chiedersi come farà ad occuparsi di tutto”.
Stephanie Ruhle, anchor woman di Bloomberg Television, con una lunga esperienza a Wall Street, dove faceva “mangiare polvere” a molti uomini con i suoi successi, non apprezza l’entrata a gamba tesa fatta dal quotidiano New York Post ai danni della first lady della Grande Mela, Chirlane McCray.
Il giornale di Murdoch, prendendo spunto da una lunga intervista al New York Time Magazine, in cui la signora De Blasio raccontava delle sue difficoltà dopo la nascita della prima figlia, Chiara, non ha esitato ha “sbatterla” in prima pagina definendola “una cattiva mamma”.
Nella frase “incriminata” dal Post, la signora McCray dice precisamente: “Ci sentiremo in colpa per sempre? Certo, ma la verità e’ che io non avrei potuto trascorrere ogni giorno con lei. Non lo volevo fare e cercavo tutte le ragioni per non farlo”. Chiara De Blasio, peraltro proprio negli stessi giorni aveva raccontato pubblicamente i progressi della sua disintossicazione, dopo la confessione dello scorso dicembre a proposito sua dipendenza dall’alcol; dipendenza che, ovviamente, il giornale cerca di far ricadere sulle “mancanze” materne.
“Mi sento assolutamente vicina all’esperienza di Chirlane" dice Valeria Fedeli, vice presidente del Senato in quota Pd, commenta da Roma la vicenda americana. Fedeli ha cresciuto Valeria e Laura, figlie del primo matrimonio di suo marito e dice: "Anche per me era importante amare ed essere vicina alle mie figlie acquisite, ma allo stesso tempo avevo anche una forte motivazione all'impegno nel mio lavoro”.
Le reazioni indignate alla copertina del Post hanno riaperto il dibattito, in USA, sul ruolo delle donne e sulla loro possibilita’ di poter “fare tutto”. “Il problema" dice Stephanie Ruhle "è che pretendiamo troppo da noi stesse. Ci massacriamo con questa necessità di dover essere perfette in ogni ambito: come mamme, come mogli e nella carriera. Ma chi stabilisce cos’è perfetto? Io ho tre figli e so che loro mi amano e ciò non significa che non ci sono i momenti in cui gli manco o vorrebbero avermi di più con loro. Però io faccio del mio meglio e questo e’ cio’ che conta, non l’aspirazione frustrante ad essere perfetti”.
“Credo che le donne possano fare tutto" conferma la Fedeli "il tema è che devono essere messe nelle condizioni economiche, sociali e culturali, anche nella rappresentazione dei media, per poterlo fare. Anche nella rappresentazione dei media. Le donne desiderano poter vivere con serenità la scelta di cura dei propri affetti familiari e nello stesso tempo cercare di conciliarla con i propri impegni professionali. Ritengo, perciò che dovremo lavorare, oltre che sulla conciliazione dei tempi privati e di lavoro e sull’effettiva garanzia che la maternità sia sempre una scelta libera, anche sul rendere naturale la condivisione dei compiti di cura tra madri e padri”.
La verità è che nessuno, al Post, ha considerato che le stesse responsabilità verso Chiara e Dante, le aveva anche Bill De Blasio che, come racconta ancora Chirlaine, era raramente a casa tanto che era lei ad occuparsi anche della madre e della suocera.
“Anche io mi sono occupata di mia suocera" racconta la Fedeli "e quando è rimasta vedova abbiamo deciso di portarla a vivere con noi. Ma la mia esperienza è stata di assoluta condivisione, con mio marito, sia della cura delle figlie che della cura di mia suocera. Lui è stato sempre altrettanto attento al lavoro di cura in famiglia, nonostante fosse molto impegnato”.
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“Mio marito" dice la Ruhle "che lavora in finanza è altrettanto occupato e so che per i miei figli è lui il capofamiglia. Ciò non toglie che fra di noi ci sia la giusta collaborazione. Sono io che, durante i weekend, con l’aiuto di mia madre, faccio la spesa e cucino così da essere certa che per tutta la settimana i bambini mangeranno in maniera sana e so di essere fortunata perché comunque la mia famiglia vive abbastanza vicino da offrire un supporto fondamentale”.
Le donne, dunque, né negli Stati Uniti né in Italia hanno voglia di delegare la cura e l’educazione dei propri figli, ma non per questo vogliono rinunciare alla propria carriera. “Quelle che scelgono di diventare madri" ribadisce la Fedeli "vogliono occuparsi dei propri figli. Questo mi sembra naturale. Allo stesso tempo, però, credo sia altrettanto naturale e giusto, che non siano messe nella condizione di dover scegliere tra figli e carriera”.
“Tre figli e un lavoro impegnativo? E’ faticoso certo" dice Stephanie "spesso, sono stanca, molto stanca e so che avrei bisogno, che so, di andare dal dentista. O di trascorrere più tempo con mio marito che mi manca e che, a volte, incrocio solo di sfuggita per casa. Eppure non rinuncerei a nulla di ciò che ho e so che fra qualche anno, i bambini saranno cresciuti e cominceranno ad essere più indipendenti e io avrò piu tempo. E allora provo semplicemente a godermi ogni istante di tutto ciò che faccio”.
Una maggiore presenza delle donne in politica e nei posti chiave servirebbe a migliorare le cose e a favorire una trasformazione che è anche, soprattutto, culturale. “Il capitale femminile è il capitale inespresso su cui possiamo fondare il rilancio dell’Italia e dell'Europa" sottolinea la Fedeli "in termini di crescita economica e di qualità dello sviluppo. E il capitale femminile, proprio perché le donne in Italia sono ancora troppo discriminate e in difficoltà, è il più dirompente capitale di cambiamento che abbiamo. Basti guardare lo straordinario risultato che le donne hanno ottenuto, grazie alla tripla preferenza di genere, nelle ultime elezioni per il parlamento Europeo. Il Partito Democratico ha puntato su di esse e gli elettori hanno premiato questa volontà di ricambio di classe dirigente”.
“Mi auguro fortemente che Hillary Clinton corra per la presidenza" dice la Ruhle "perché questo cambierebbe molto la “percezione” verso le donne. Voglio che i miei figli crescano, sebbene a New York sia già molto più semplice da questo punto di vista, in una società multietnica e senza barriere di sesso o religione”.