Opinione
Referendum in Scozia: "Dico no, da soli si sta peggio"
David Whitton, politico laburista ed ex deputato del parlamento di Edimburgo, ora è impegnato nella lotta per scongiurare la secessione
«Oggi la Scozia è parte di una famiglia di quattro nazioni la cui unione secolare ha raggiunto risultati fantastici dal punto di vista sociale ed economico. Perché dovremmo dilapidarli?». David Whitton, 62enne politico laburista, è un ex deputato del parlamento di Edimburgo, ora impegnato nella lotta per scongiurare la secessione. “The best of both worlds” (“Il meglio di entrambi i mondi”) è lo slogan che predilige, perché «richiama la possibilità di guadagnare spazio di manovra con la devolution senza rinunciare alla solidità del Regno Unito», ci dice mentre risuona la cornamusa in Sauchiehall Street, vialone nel centro di Glasgow.
“Il meglio di entrambi i mondi”, cioè autonomia unita alle sicurezze dell’Unione.«Sì, personalmente sono sempre stato favorevole alla devolution. Sono anziano abbastanza per aver votato “sì” al referendum del 1979, quando la cessione di poteri fu bloccata da un sotterfugio del governo laburista, e poi nel 1997 quando grazie a Tony Blair abbiamo ottenuto un nostro parlamento. Insistere sull’indipendenza, dall’altra parte, è sintomo di vera miopia politica. Ogni anno Westminister spende 1.500 euro in più per ogni cittadino scozzese rispetto agli altri cittadini del Regno Unito, sarebbe a dire 7 miliardi e mezzo in eccesso che vengono destinati al nostro welfare ogni anno. Tale sarà il buco di bilancio con cui gli indipendentisti dovranno vedersela se dovesse concretizzarsi la secessione».
Si fa un gran parlare del gas e del petrolio nel mare del Nord.«Indubbiamente si tratta di una grande industria: produce 1,5 milioni di barili di greggio al giorno, cioè 60 per cento di tutta la produzione europea. Ma nonostante il petrolio, la Scozia ha avuto un deficit di bilancio per 22 degli ultimi 23 anni, per non parlare dei rischi che corrono tutti i Paesi che dipendono in modo eccessivo dalle materie prime. Il petrolio rappresenterebbe il 20 per cento dei fondi disponibili per i nostri servizi pubblici, mentre rappresenta solo il 2 per cento per il Regno Unito. La volatilità del prezzo metterebbe le casse dello Stato in una condizione di precarietà permanente. In più la caduta nei proventi del petrolio tra il 2011-2012 e il 2012-2013 è stata di cinque miliardi e mezzo, pari all’intero budget dell’istruzione in Scozia».
Una vittoria solo risicata sarebbe pericolosa per gli unionisti?«Più grande sarà il margine di vittoria e più sarà difficile per gli indipendentisti riproporre la questione della secessione. In Quebec hanno fatto due referendum in 10 anni con ripercussioni gravi sulla loro economia, e il rischio esiste anche in questo caso. Se dovesse vincere il no con un margine fragile, ?e se poi nel 2015 dovessero trionfare nuovamente i Tories a Londra, gli indipendentisti potrebbero tornare a spingere sulla cosiddetta “questione democratica”. ?Gli scozzesi, insisterebbero, si trovano nuovamente ad essere governati da una politica estranea alla loro ideologia social-democratica. Nel 2016 ci sono poi le elezioni del parlamento di Edimburgo e il partito nazionalista scozzese, che ora sta governando da solo, potrebbe vincere e proporre un nuovo referendum. L’unico modo per disinnescare la spinta indipendentista una volta per tutte è raggiungere un margine di vittoria che non ammetta repliche».