Toni Giugliano, coordinatore dei “sectoral groups” (gruppi di pressione) favorevoli all’indipendenza

Nella sede degli indipendentisti, nella centrale Hope Street di Glasgow, incontriamo il coordinatore dei “sectoral groups” (gruppi di pressione) favorevoli all’indipendenza. Fra i volantini sulla Scozia che sta per diventare «una delle più ricche fra le nazioni» e quelli in polacco, cinese e urdu pensati per accalappiare i voti delle consistenti minoranze, l’italo-scozzese Toni Giugliano mette subito le mani avanti: «Non pensiate che siamo come la Lega Nord, voi giornalisti italiani, perché non c’entriamo proprio nulla». In effetti c’è un elemento atipico nel nazionalismo scozzese, che lo differenzia non solo dalla Lega ma da gran parte dei movimenti nazionalisti contemporanei: è un movimento profondamente di sinistra. Poco importa se la tomba di Adam Smith si trova a Edimburgo, mentre Marx giace nella capitale dominata dal neoliberismo Tory.

Qual è il motore della vostra campagna?

«Sarebbe sbagliato affermare che la storia di dissidi secolari fra le due nazioni non stia giocando un ruolo nella spinta indipendentista, ma la campagna si concentra sulla questione economica e sul problema della democrazia. Quest’ultimo si può riassumere col nostro slogan: «Il futuro della Scozia dev’essere nelle mani della Scozia». Della Scozia, e non nelle mani di governanti conservatori che non avremmo mai scelto. È vero, abbiamo un parlamento scozzese che può prendere decisioni su alcune questioni, ma non è abbastanza. Su temi come welfare e tassazione, difesa e politica estera, Unione Europea e immigrazione, il governo centrale ci sta portando nella direzione sbagliata: una Scozia indipendente si muoverebbe in maniera radicalmente diversa».

Passiamo alla questione economica e alle risorse del mare del Nord.
«Gli economisti dicono che lo sfruttamento del petrolio potrebbe continuare per ancora 50 anni, e noi vogliamo creare un fondo simile a quello norvegese che ci permetta di investirne i proventi. Negli ultimi quarant’anni Westminster ha sprecato gli introiti dell’oro nero, mentre noi vorremmo utilizzarli in modo intelligente: sfruttarli per sostenere un buono Stato sociale e farne ?il primo cardine di un’economia strutturata e longeva. In ogni caso le risorse naturali sono solo la ciliegina sulla torta di un’economia diversificata: dall’eolico ai servizi finanziari di cui Edimburgo è ormai il quarto polo europeo, dalla pesca al whisky, che garantisce esportazioni per quasi quattro miliardi di sterline l’anno».

Democrazia, economia, e infine uguaglianza.
«La terza colonna portante della nostra campagna, insieme a democrazia ed economia, è la giustizia sociale. Le sembra normale che il primo produttore di petrolio nell’Unione Europea, la Scozia, abbia livelli di povertà infantile attorno al 20 per cento? I Paesi scandinavi, ai quali guardiamo come a un modello, hanno livelli di ineguaglianza bassissimi. Il Regno Unito, al contrario, è il quarto Paese più diseguale nel mondo sviluppato. C’è qualcosa di profondamente sbagliato ?in questo, e noi vogliamo fare dell’uguaglianza un tratto distintivo ?della Scozia indipendente».