
I mezzi di trasporto erano scarsi e sulla tratta Milano-Magenta c’era “El gamba de Legn” che faceva servizio, ma per via della scarsità di carbone le sue corse erano ridotte a solo due, una al mattino e una alla sera e per questo fatto il mezzo più usato era la bicicletta.
Parto verso le sette, lavoravo presso la CGE (Compagnia generale di elettricità, ndr) sita in via Bergognone a Milano, ditta un po’ dirroccata dai bombardamenti. Giunto in via Bergognone, deposito la bicicletta e entro in fabbrica. Scendo nello spogliatoio, mi cambio e salgo su in reparto, timbro il cartellino e attendo il suono della sirena. Ma alle otto nessuno si muove, le macchine rimangono ferme, fino a quel momento tutto appariva normale, pertanto mi sembrava tutto molto strano, attorno a me incominciavo a notare faccie un po’ strane, spaventate c’era un clima come se stesse succedendo qualcosa di grave, senza sapere cosa.

Sembrava uno stato di guerra, fece il giro di tutta la fabbrica.
Cominciai con altri ragazzi a girare un po’ per la fabbrica e constatai che alcuni dipendenti giravano con il fucile a tracolla, erano i partigiani.
Gli ingressi intanto venivano sbarrati con carcasse di motori, mentre altri trasportavano piccoli pezzi ferrosi su ai piani alti. La cosa mi spaventava sempre più. La ditta era circondata da soldati repubblicani […].
Verso le dieci del mattino vengono portati sul piazzale antistante l’ingresso principale due partigiani, dicevano che erano stati prelevati da San Vittore questi si inginocchiano davanti al piccolo plotone di esecuzione, supplicando, ma i fascisti sparano e li uccidono, l’esecuzione dei due doveva forse servire a impressionare le maestranze. […] Poco più tardi una notizia, un accordo raggiunto tra la direzione e i militari, all’esterno, permetteva di far uscire tutte le donne. Impressione tra i rimasti, forse adesso si inizia a sparare, ma poco più tardi altra notizia, dalla ditta potevano uscire tutti coloro che lo desiderassero […].
Quando esco, con tanta paura addosso, svolto subito a destra, in via Tortona, per andare al deposito delle biciclette, passo davanti ai due fucilati, coperti da un lenzuolo, tiro dritto con cautela, entro nel deposito prendo la bicicletta e inizio il rientro verso casa. Poca gente per le strade, c’è attorno un clima i paura e ogni tanto si ode qualche sparo.
Antonio De Palo