A Pontida ha tuonato contro i “clandestini”. Ma da ministro inventò il grande affare dei Cie, facendo operazioni per quasi tre miliardi di euro

Roberto Maroni
Corsa alle grida sul palco di Pontida, il 21 giugno. Prima del comizio di Matteo Salvini e dei selfie coi bimbi padani, prende il microfono Roberto Maroni. Niente maglietta-ruspa per lui: più formale, indossa giacca scura e fazzoletto verde nel taschino. «Se c’è qualcuno che negli ultimi decenni ha avuto sempre ragione», tuona parlando di immigrazione, «questo qualcuno è la Lega Nord!». Urla e applausi dalla folla. «Vogliono dare ai Rom le case popolari?», continua: «Dovranno passare sul mio corpo!». Giubilo del pubblico.

Ma BoboCop, il “ministro di polizia”, come lo definì Giorgio Boccain un affilato ritratto su “l’Espresso”, ha la memoria corta. Perché negli “ultimi decenni” è stato proprio lui ad avere un ruolo decisivo sui migranti, innescando sprechi di cui ancora adesso il paese paga le conseguenze. Dal 2008 al 2011, da capo dell’Interno, ha speso due miliardi e 868 milioni di euro per l’accoglienza dei richiedenti asilo, i rimpatri dei clandestini e gli insediamenti rom.

Lasciando quale eredità? Centri d’identificazione ed espulsione costati decine di milioni e abbandonati tra le proteste; respingimenti di massa sanzionati dalla Corte di giustizia; campi nomadi su cui ha lucrato anche Mafia Capitale; il buco nero di Mineo, in Sicilia; e un susseguirsi di emergenze e decreti che non hanno permesso all’Italia di sviluppare un sistema stabile per far fronte alle ondate di sbarchi. Così, mentre l’attuale governatore era già impegnato a privilegiare la sua Regione e la sua città, l’immigrazione diventava un vortice di interessi. A beneficio di pochi.
[[ge:espresso:inchieste:1.137807:article:https://espresso.repubblica.it/inchieste/2013/10/16/news/che-fallimento-i-cie-centri-di-identificazione-ed-esplusione-1.137807]]
MOLTO DENARO, POCA TRASPARENZA
Nella primavera del 2008 Silvio Berlusconi andava formando il suo quarto governo. Umberto Bossi, allora padrone della Lega Nord, assicurava: «Certo che Maroni diventerà ministro dell’Interno. E chi se no? Chi è che manda via gli immigrati?». Il varesino conquistò la poltrona e iniziò subito a promettere guerra ai clandestini. Ma piuttosto che mandarli via, iniziò trattenendoli più a lungo: estese infatti la detenzione dentro i “Centri di identificazione ed espulsione” (Cie) da sei a 18 mesi.

Più di un anno per capire la nazionalità di uno straniero e quindi rimandarlo a casa, pagando nel frattempo dai 40 agli 80 euro al giorno ai gestori, fino al doppio delle tariffe attuali. Fatto questo, Bobo proclamò che avrebbe costruito altre dieci “carceri” per irregolari, oltre alle 10 già esistenti. «Ogni Regione avrà la sua», annunciava. Ma non ne aprì neanche una: il capo dell’Immigrazione Mario Morcone non trovò Comuni disposti ad ospitarle.
[[ge:espresso:foto:1.147143:image:https://espresso.repubblica.it/polopoly_fs/1.147143.1387789463!/httpImage/image._gen/derivatives/articolo_480/image.]]
Intanto i Cie continuavano a bruciare, incendiati dall’esasperazione dei detenuti in rivolta: solo quello di Milano è stato messo a fuoco 14 volte in tre anni. Per ristrutturare quei centri il ministro leghista arrivò a stanziare (e poi spendere, nel 2011) oltre 150 milioni di euro. Affare ghiotto, trasparenza zero: i contratti con le imprese sono segretati per motivi di sicurezza. Vanno poi aggiunti 76 milioni di euro spesi per le operazioni contro i clandestini (fra cui gli accordi con la Libia per i quali l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo), i finanziamenti europei e i fondi impegnati nelle gestioni ordinarie. Ma tutto questo impegno politico e finanziario non sembra aver raggiunto il suo scopo: i respinti sono rimasti meno della metà degli irregolari denunciati.

AZIENDE E URGENZE
Alla fretta di allontanare i clandestini, nell’estate del 2008 si aggiunge quella di trovare un posto a chi sbarca a Lampedusa e chiede asilo politico in Italia. Le strutture straripano. Il ministro Maroni imposta quindi subito l’urgenza: per 20 mila sbarcati (meno di un ottavo di quelli arrivati l’anno scorso), dichiara insieme al capo dipartimento Morcone l’emergenza nazionale. Più potere ai prefetti, meno controlli sui gestori.
[[ge:espressosite:espresso:1.138067:image:https://espresso.repubblica.it/polopoly_fs/1.138067.1382090048!/httpImage/image.jpg_gen/derivatives/articolo_480/image.jpg]]
L’obiettivo è svuotare l’isola al più presto e distribuire equamente i migranti in tutto il paese: proprio quello che oggi il governatore non accetta per la sua Regione. Del diktat beneficia subito la compagnia aerea delle Poste Italiane, Mistral, che rischiava di scomparire tra debiti e voli a terra. Grazie al trasporto-migranti i “servizi charter” degli aerei postali passano da 42 a 72 milioni di euro di ricavi, raddoppiando il bilancio.

Ma la torta si allarga presto anche ai gestori dei migranti. Fra tutte, due società fioriscono in quegli anni. La prima è la Auxilium dei fratelli Chiorazzo, vicini a Gianni Letta. La cooperativa di Potenza, già coinvolta nel processo a “La Cascina” di Comunione e Liberazione e ora tornata alle cronache con Mafia Capitale, entra nei Cie - quello di Ponte Galeria, a Roma, vale 16 milioni di euro l’anno -, e nei centri di accoglienza di tutto il Sud, saltando così da nove (2007) a 32 milioni di euro di fatturato (2011).
[[ge:espresso:attualita:1.147074:article:https://espresso.repubblica.it/attualita/2013/12/23/news/qui-ci-trattano-come-animali-il-cie-peggio-del-carcere-1.147074]]
Una corsa in cui è inseguita dalla trapanese Connecting People. Rimasta nei confini della Sicilia per anni, nel 2009 fa il grande ingresso al Nord, vincendo la gestione del Cie di Gradisca d’Isonzo, per la quale ora è indagata. Entra poi a Brindisi; Cagliari; nel 2011 si aggiudica milioni di euro anche nel Piemonte del leghista Roberto Cota. Balzando così da 72mila euro di ricavi (2007) a 23 milioni (2011). Proprio in quegli anni il suo vicepresidente, Ettore Orazio Micalizzi, diventa anche consigliere nazionale di “Cgm” un consorzio di cooperative padane di area cattolica; molte delle quali oggi si offrono come modello proprio sul sito Web di Roberto Maroni, “La Lombardia in Testa”.

LE BASI DEL SISTEMA
Nel febbraio del 2011, con il caos nel Nord Africa e l’impennata di sbarchi, il governo dichiara un nuovo stato d’emergenza, costato in due anni un miliardo e 300 mila euro. Se il sistema è diventato un business lo si deve infatti a quella stagione: diversi personaggi di allora arrivano dritti alle cronache di oggi, per recitare da protagonisti nella trama criminale di “Mafia Capitale”.
[[ge:espresso:attualita:1.207853:article:https://espresso.repubblica.it/attualita/2015/04/10/news/mafia-capitale-la-conferma-della-cassazione-e-associazione-mafiosa-buzzi-resti-in-carcere-1.207853]]
Luca Odevaine, l’ex funzionario provinciale designato dal Pd e stipendiato dalle coop per favorirle negli appalti, debutta ai piani alti proprio con Maroni al Viminale. È il giorno di San Valentino del 2011 e il ministro leghista vola con Berlusconi al Villaggio degli Aranci, un complesso residenziale nella piana di Catania, gestito dal costruttore parmense Paolo Pizzarotti.

Il 31 marzo scade il contratto con le forze armate americane, che pagavano 8,5 milioni di euro l’anno per le 400 casette. Folgorato sulla via di Mineo, Maroni spronerà i burocrati a ottenere il controllo del residence e destinarlo ai migranti. Sarà lui, alla fine del mese, a firmare il decreto che istituisce il centro di accoglienza. Responsabile del “Cara” è nominato il presidente della provincia catanese Giuseppe Castiglione, che indica a sua volta Luca Odevaine al comitato nazionale per l’emergenza profughi. Il sottosegretario Ncd, ora indagato, respinge però il legame diretto con Ovedaine.

Per lui il manager al centro di Mafia Capitale era già “nel giro” degli Interni: «L’allora ministro Maroni mi chiese di dare una mano», ha detto Castiglione: «Quando andai a Roma trovai già Odevaine al Viminale». Odevaine sarà protagonista assoluto della gestione del Cara di Mineo, che solo nel 2012 è costato allo Stato 24 milioni di euro. Di quei conti controlla praticamente tutto. Fino all’irrompere dell’inchiesta romana.

ZINGARI CERCASI
Il radicamento in quegli anni degli affari per Mafia Capitale non si limita ai migranti. Ma si estende a un altro settore su cui la rete di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati è fiorita: i campi Rom. Dopo aver dichiarato urgenze su profughi e clandestini, il ministro degli Interni Roberto Maroni vara l’emergenza nomadi. È il 2009. Stanzia 52 milioni di euro per la costruzione di strutture ultra-sorvegliate in cui avrebbero dovuto abitare “gli zingari” nelle grandi città. Per realizzare i villaggi-bunker, ancora decreti d’urgenza.

Vengono nominati commissari i prefetti di Milano (Gian Valerio Lombardi), Roma (Giuseppe Pecoraro) e Napoli (Alessandro Pansa). I risultati? L'emergenza è stata dichiarata illeggittima nel 2011. Gli oltre 10 milioni di euro assegnati a Napoli sono stati spesi solo in parte: con un appalto affidato a un consorzio di imprese di cui una consociata è segnalata dall’Antimafia.
[[ge:espressoarticle:eol2:2167286:1.37830:article:https://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2011/11/28/news/piano-nomadi-tutto-da-cancellare-1.37830]]
A Roma parte degli aiuti si è riversata nelle gestioni affidate alla cricca del “Cecato”. E a Milano? Alcuni fondi sono serviti per gli sgomberi. Altri per un villaggio nuovo di zecca in cui è rimasto l’amianto. Altri ancora per un’esperienza considerata positiva dagli operatori sociali, ma che certamente imbarazzerà il Maroni di Pontida. Perché le case popolari ai Rom le ha date proprio lui, con quei finanziamenti: un progetto che ha funzionato, dando stabilità a una decina di famiglie. Che ora hanno una casa. Grazie ai soldi stanziati dalla Lega.