Vicki Crawford: "Obama? E' un grande, ma l’odio razziale è cresciuto"
La studiosa afroamericana insegna al prestigioso Morehouse di Atlanta, una delle culle dell'élite nera d'America, e dirige il fondo che preserva l'eredita teorica di Martin Luther King. Qui spiega perché la sua presidenza ha rotto le barriere, senza però scalfire una "condizione endemica" di discriminazione
di colloquio con Vicki Crawford di Manuela Cavalieri e Donatella Mulvoni
31 ottobre 2016
Schermata-2016-10-27-alle-13-36-51-png«L’elezione di Barack Obama è stata una pietra miliare ?non solo per gli afroamericani, ma per l’intera nazione. Una vittoria figlia delle dure battaglie iniziate negli anni Cinquanta e Sessanta, che si poggia sulle spalle di tante persone: di Martin Luther King ma anche di gente ordinaria, uomini e donne che in passato rischiarono ?la vita andando a registrarsi per votare». L’eredità ?del primo presidente nero è soprattutto simbolica per ?Vicki Crawford, professoressa di Studi Afroamericani ?al prestigioso Morehouse di Atlanta, il college in cui ?si forma l’élite nera d’America. Crawford è anche ?direttrice della King Collection, il fondo che preserva l’eredità teorica del leader del Movimento per ?i diritti civili, che qui iniziò i suoi studi accademici.
Che cosa ha rappresentato per la comunità l’elezione ?di Obama?
«Ha rotto le barriere: oggi i bambini afroamericani sanno che ognuno di loro potrebbe diventare presidente. Ha avuto un effetto dirompente vedere la prima famiglia nera alla Casa Bianca, un edificio costruito da schiavi, come la first lady ha più volte ricordato. Pensate a cosa abbia significato per la generazione che ha vissuto la segregazione, votare il primo presidente nero! Una strada aperta dal Civil Rights Act del 1964 e dal Voting Rights Act del 1965. Sicuramente vedremo sempre più afroamericani accedere a cariche importanti nelle istituzioni. Se però si esclude la portata psicologica, in realtà nella vita pratica non è cambiato molto».
A causa del presidente o perché l’America è stata colta impreparata? «Il Paese era pronto. Però nessuno avrebbe mai potuto aspettarsi una completa pacificazione delle disuguaglianze sociali e della disparità economica che affliggono la comunità nera, in soli due mandati. È colpa del sistema, ?non certo dell’incapacità di un individuo di cambiare da solo una situazione che va avanti da sempre. La sua è stata una presidenza difficile; non ha potuto fare molte delle cose che avrebbe voluto, perché costantemente ostracizzato da Camera e Senato».
Una resistenza legata solo alla sua agenda politica? «Credo c’entrasse anche il colore della sua pelle. Per certi versi sotto la sua presidenza i conflitti razziali sono aumentati».
Oggi l’America fa i conti anche con quello che si definisce razzismo “subdolo”. «Sono forme strutturali di discriminazione, una condizione endemica che ha radici profonde. Poco prima del suo assassinio, King aveva teorizzato il ciclo vizioso dei “tre mali” di questa nazione: razzismo, povertà e guerra. Credo che tutto ciò sia oggi più che mai attuale. Nonostante i passi avanti, questo Paese deve ancora fare i conti con i conflitti razziali, con un ricorso eccessivo al militarismo e con una crescente disparità economica».
È in questo contesto che la presidenza Obama si è confrontata con il movimento “Black Lives Matter”. «Abbiamo un problema reale con la violenza della polizia, ?con il sistema giudiziario e quello carcerario. È ingenuo credere che la sola elezione di un presidente nero avrebbe potuto sanare queste contraddizioni. Il cammino è lungo, ?ma la strada è giusta».
Una vittoria di Trump potrebbe interromperla? «Nessuno potrà strappare dalle mani di questo presidente l’eredità storica che lascerà alla nazione. Neppure Trump».