Nel 1993 il Carroccio vince le elezioni a Milano attaccando «Roma ladrona», ma in dicembre finisce in carcere Alessandro Patelli, che ammette di aver ricevuto 200 milioni di lire dal gruppo chimico. Il senatur nega di aver saputo, ma viene condannato in tutti i gradi del processo Enimont insieme ai big dei vecchi partiti

Dopo i primi boom di voti alle regionali del 1990 (oltre il 18 per cento in Lombardia) e alle elezioni politiche del 1992 (8,7 a livello nazionale) la Lega Nord nel giugno 1993 conquista il Comune di Milano. Il partito fondato da Umberto Bossi cavalca le indagini di Mani Pulite con una dura campagna contro la corruzione e i vecchi partiti di «Roma ladrona» che tartassano il Nord produttivo. La linea giustizialista cessa all’improvviso il 7 dicembre 1993, nel giorno della festività cittadina di Sant’Ambrogio, quando il tesoriere della Lega, Alessandro Patelli, viene arrestato con l'accusa di aver intascato una tangente di 200 milioni di lire, già ammessa dai manager del gruppo Ferruzzi-Montedison.

 

 

Il 15 dicembre 1993, interrogato dal pm Di Pietro e dal giudice Ghitti nel carcere di San Vittore, Patelli confessa di aver intascato quei soldi (pari a 100 mila euro), consegnatigli in contanti da un dirigente della Montedison, e di non aver mai dichiarato quel finanziamento. Il tesoriere della Lega giura però di non aver detto niente a Umberto Bossi e sostiene che la tangente sarebbe stata poi rubata da ignoti ladri.

 

Anche il fondatore e leader politico della Lega, il 20 dicembre, nega di aver saputo. Ma conferma che aveva incontrato personalmente i manager della Montedison, prima delle elezioni, per chiedere finanziamenti al partito. Alla fine Bossi, che è già senatore, consegna alla Procura un assegno di 200 milioni di lire, raccolti tra gli elettori leghisti, come risarcimento.

 

Al processo Enimont, Bossi e Patelli vengono condannati in tutti i gradi di giudizio per il reato di finanziamento illecito al partito.