Nel febbraio 1993 Lorenzo Panzavolta, dirigente del gruppo Ferruzzi, ammette di aver pagato anche un funzionario dell’ex Pci per gli appalti dell’Enel. Detenuto per mesi, il «compagno G» tace i nomi dei suoi referenti nel partito e resta l’unico condannato. Mentre l’ex pm Tiziana Parenti lascia la procura e si fa eleggere per Forza Italia

Già dal 1992 le indagini di Mani Pulite hanno coinvolto tutti i partiti di governo (Dc, Psi, Pri, Psdi, Pli) e, a Milano, anche la corrente migliorista del Pci-Pds, quella alleata dei socialisti, che era entrata nel sistema delle tangenti cittadine a partire dal 1987.

Tra il 2 e il 25 febbraio 1993 Lorenzo Panzavolta, manager della Calcestruzzi, la società di costruzioni del gruppo Ferruzzi-Montedison, parla per la prima volta di tangenti (per un totale di 1,2 miliardi di lire, circa 600 mila euro) destinate al Pci-Pds nazionale, per gli appalti dell’Enel. Soldi versati solo per metà (la prima tranche e basta) su un conto svizzero denominato Gabbietta, controllato da un ex funzionario comunista, Primo Greganti, soprannominato compagno G, che viene arrestato e subisce la più lunga carcerazione preventiva di tutta Mani Pulite, ma non parla.

Solo nel settembre 1993 Panzavolta confessa di aver versato a Greganti anche la seconda mazzetta, dello stesso importo della prima, per le elezioni del 1992, quando a Milano l'arresto di Mario Chiesa aveva già fatto scoppiare Tangentopoli. Le indagini sulle tangenti rosse sono avvelenate dalle polemiche politiche e dalle dimissioni dell'ex pm Tiziana Parenti, che accetta di candidarsi per Forza Italia e nel 1994 diventa parlamentare. Le inchieste successive dimostrano che Greganti in realtà si era tenuto quella seconda mazzetta, che ha usato per comprarsi un appartamento a Roma.

Il segretario amministrativo del partito, Marcello Stefanini, che fu indagato dall’ex pm Parenti come ipotetico beneficiario logico, nonostante il voto contrario di tutti gli altri magistrati del pool Mani Pulite, è stato poi assolto da diversi giudici milanesi per assoluta mancanza di prove. A Venezia il pm Carlo Nordio ha poi aperto, negli anni successivi, una maxi-inchiesta sull’ex Pci-Pds con decine di indagati, ma lui stesso ha poi chiesto l’archiviazione per tutti.

 

Greganti è stato condannato in via definitiva, su richiesta del pm milanese Paolo Ielo (oggi procuratore aggiunto a Roma), nel processo per le tangenti dell'Enel, senza aver mai confessato. Altre indagini dei magistrati di Mani Pulite hanno fatto ipotizzare che le tangenti rosse finissero a singoli esponenti politici nazionali dell'ex Pci-Pds, diversi dal tesoriere ufficiale, ma le deposizioni raccolte a Milano non hanno trovato riscontri bancari o processuali, nemmeno nelle inchieste di altre procure. La segreteria nazionale del partito ha sempre ammesso di aver incassato finanziamenti regolarmente dichiarati nei bilanci, e dunque leciti, soprattutto dalle cooperative rosse. Il silenzio del compagno G ha quindi impedito di smascherare i singoli beneficiari finali della corruzione che si sono arricchiti all'ombra del primo partito della sinistra italiana.