Un centro che accetta pazienti senza essere abilitato alla cura. La Svizzera apre una nuova indagine. Ma le Asl italiane mandano malati. E pagano rette salate

Dottor Anoressia

Marta era malata di bulimia con gravi problemi psicotici: le hanno detto di fare le pulizie nella casa di cura durante la terapia. Marco soffriva di iperfagia, ma non aveva i soldi per pagarsi il ricovero. Niente paura, per ricevere l'assistenza del caso bastava dare una mano in clinica per 12 ore al giorno e anche di più come manovale-autista-tuttofare. Sonia, Carla, Silvia e altre ancora, ragazze anoressiche sulla strada di una faticosa guarigione: per loro era pronto un posto come telefoniste oppure, addirittura, come operatrici di supporto a diretto contatto con i pazienti affetti da disturbi alimentari psicotici.

E' successo questo, e molto altro ancora, nelle strutture sanitarie che ruotano attorno a Waldo Bernasconi, sedicente professore ticinese che si definisce, sono parole sue, "uno psicoantropologo", di più, "un amico di queste ragazze", giovani donne che vivono il cibo come un'ossessione. A Bernasconi è collegata la casa di cura Sana Vita di Lugano. Fa parte della stessa galassia anche il centro Casadap di Como e, nella stessa città, il Forum Crisalide, che gestisce un numero verde e un sito Internet con l'obiettivo dichiarato di offrire un sostegno ai malati e alle loro famiglie.

Le testimonianze raccolte da 'L'Espresso' (i nomi sono di fantasia a protezione della privacy) descrivono una situazione ben lontana dall'immagine di efficienza che queste strutture amano proiettare all'esterno con il volonteroso sostegno della grancassa mediatica offerta da alcuni giornali e tv (Mediaset e Rai comprese). A volte le pazienti o ex pazienti prestavano servizio come 'volontarie'. In altri casi veniva garantito vitto e alloggio con un salario mensile di poche centinaia di euro. Non sempre c'era un contratto di lavoro vero e proprio. Capitava anche che il compenso venisse versato sotto forma di borsa di studio. E questo anche per chi, in realtà, ha svolto per mesi e mesi solo lavori manuali.

Sta di fatto che a Casadap, così come al Sana Vita, il personale abilitato legalmente a prestare assistenza sanitaria a malati di disturbi alimentari psicotici è ridotto ai minimi termini. Lo stesso Bernasconi, nonostante il lungo elenco di titoli di cui è solito fregiarsi su carta intestata e biglietti da visita, si è più volte visto rifiutare l'iscrizione all'albo degli psicoterapeuti in Svizzera, mentre in Italia risulta iscritto all'ordine degli psicologi in Toscana, ma come tale gli è permesso di fornire soltanto servizi di consulenza. Eppure, ancora di recente, le Asl di alcune regioni meridionali hanno rimborsato le spese sostenute dalle loro assistite per il ricovero al Sana Vita di Lugano. E le tariffe sono quelle di una clinica di eccellenza: circa 10 mila euro al mese (medicinali esclusi) per terapie che durano anche un anno e più.

In base alla legge (la 595 del 1985 e il decreto ministeriale del 3 novembre1989) questo tipo di intervento delle Asl è possibile solo nel caso di 'centri di altissima specializzazione all'estero', cioè, come recita il decreto, che posseggano "caratteristiche superiori paragonate a standards (...) propri dell'ordinamento sanitario". Altissima specializzazione? Caratteristiche superiori?

La sanità italiana paga. In Svizzera, invece, poche settimane fa le autorità competenti hanno avviato un'indagine sulle attività della casa di cura luganese. Non è la prima volta. Già nel 2003, al termine di un'istruttoria formale, il governo del canton Ticino impose limiti severi all'attività del Sana Vita. "Non è una clinica abilitata alla cura di pazienti sofferenti di disturbi alimentari", si legge in un documento del Dipartimento della sanità ticinese datato 26 agosto 2003. In un altro provvedimento dell'ottobre 2004 viene specificato che la struttura con sede a Breganzona, a pochi chilometri dal lungolago di Lugano, è "autorizzata alla cura di disturbi alimentari non gravi", ma non può accettare pazienti che "richiederebbero il ricovero in una struttura psichiatrica o in una clinica somatica di tipo acuto". Nel frattempo Bernasconi annunciò di aver preso le distanze dal Sana Vita dimettendosi dalla carica di direttore scientifico a partire da novembre 2003.

Adesso, a tre anni di distanza dal primo intervento delle autorità, c'è il fondato sospetto che quelle disposizioni siano state aggirate. Da qui la nuova inchiesta, mentre un accurato reportage giornalistico trasmesso dalla tv della Svizzera italiana ha riproposto ombre e sospetti sulla casa di cura che a partire dal 2000 ha ospitato decine e decine di giovani donne italiane con un giro d'affari, grazie anche al denaro pubblico garantito dalle Asl, stimato in svariati milioni di euro l'anno.

Come 'L'Espresso' ha potuto accertare, negli ultimi tre anni sono state ricoverate al Sana Vita, a volte per periodi di svariati mesi, anche pazienti anoressiche con gravi disturbi psichici. Ha soggiornato a lungo nella struttura luganese perfino una ragazzina di soli 14 anni, mentre le disposizioni del dipartimento della Sanità facevano riferimento a soli pazienti di età superiore a 16 anni. Racconta Sara Lazzaroni, che nel settembre del 2006 ha prestato servizio per un breve periodo nel centro sanitario ticinese: "Mi venne affidata un'ammalata che aveva alle spalle un decorso clinico di quattro-cinque anni e svariati ricoveri in Italia per cure psichiatriche". Un caso grave, gravissimo, a tal punto che la donna tentò il suicidio gettandosi da una finestra della casa di cura. Giusto il tempo per le medicazioni in ospedale e poi la paziente tornò al Sana Vita.

Nessuna fermata. Nessuno stop. La giostra del business deve continuare a girare. Nel nome di Bernasconi che, a quanto pare, nonostante le pubbliche dichiarazioni del 2003, è rimasto il vero dominus della situazione. E' lui a scegliere e assumere tutto il personale dipendente della struttura luganese come di quelle comasche, compresi volontari e stagisti. E' lui che incontra i malati e i loro famigliari prima dell'eventuale ricovero. E' lui, ancora, a fornire a tutti i pazienti le cosiddette 'prestazioni specialistiche esterne' (pagate a parte rispetto alla retta mensile) che accompagnano il decorso delle cure e precedono l'eventuale ritorno a casa. Al termine della terapia le ragazze vengono quasi sempre invitate a partecipare a corsi tenuti dallo stesso Bernasconi che comportano spese supplementari per centinaia di euro.

E se per caso, come è successo nelle ultime settimane, a Como e a Lugano restano a corto di personale per le dimissioni a catena di dipendenti, stagiste e volontari? Ecco la soluzione: si mettono al lavoro i malati. E per rilanciare gli affari basta un bel servizio alla tv italiana. Allora sì che i clienti arriveranno.

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