Dalla convivenza alla connivenza. Il rapporto tra ceti borghesi e mafie sta cambiando, dando vita a una nuova forma di collusione: una grande zona grigia in cui cosche e professionisti vivono in osmosi, nelle regioni del Sud e non solo in quelle. Perché la criminalita è così organizzata da risolvere tutti i problemi: non ha più bisogno di minacciare, oggi offre servizi apprezzati e competitivi.
E medici, architetti, commercialisti formano i ranghi delle nuove famiglie: sono "I Gattopardi", le figure a cui le mafie si stanno affidando perchè - parafrasando il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa - tutto cambi affinchè tutto rimanga com'è. È questa la realtà descritta ne "I Gattopardi", un libro-intervista che unisce l'esperienza di Raffaele Cantone, per un decennio pm impegnato nel contrasto alla camorra e autore delle indagini su molte delle vicende descritte in "Gomorra", e quella di Gianluca Di Feo, caporedattore de "L'espresso" che da vent'anni si occupa di inchieste sulle mafie. Ecco uno stralcio del capitolo dedicato al rapporto tra politica e clan.
La vicenda da cui poter partire per illustrare il rapporto fra la politica campana e la criminalità organizzata è l'emergenza rifiuti; si è trattato, di sicuro, dell'affare più grande degli ultimi anni gestito direttamente o indirettamente dalla politica, che ha visto un ruolo centrale dei clan. Come accade in tutte le emergenze italiane è stato riversato un vero fiume di denaro pubblico; sono state create strutture speciali a cui è stato concesso di assumere personale in deroga alle norme che prevedono concorsi e selezioni, pescando nelle liste dei disoccupati napoletani e dei lavoratori socialmente utili. Quella stessa emergenza ha consentito pure di inventare consorzi e strutture miste pubblico-privato con consigli di amministrazione e organismi di controllo che si sono spesso trasformati in un modo per distribuire incarichi e prebende a uomini legati a doppio filo ai politici. Non credo di esagerare se affermo che il sistema dell'emergenza rifiuti in Campania per almeno un decennio è stato uno dei principali elementi su cui si sono costruite fortune imprenditoriali e politiche a livello regionale e nazionale".
E in tutto questo gioco di discariche, affari e partiti all'ombra dell'emergenza rifiuti, la camorra che cosa c'entra?
"La camorra, purtroppo, c'entra eccome! Per rendersene conto, basterebbe partire dal numero di ditte che si occupano di rifiuti, che sono diretta emanazione dei clan camorristici o pesantemente infiltrate dagli stessi. E la presenza criminale emerge anche da tante indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli; quelle di cui sono a diretta conoscenza vedono come attori chiave della partita camorristi, imprenditori che a loro fanno direttamente riferimento, politici e uomini delle istituzioni. Mi viene subito in mente un caso: i fratelli Orsi, Michele e Sergio, nativi di Casal di Principe, originariamente operanti nel settore edilizio, che alla fine degli anni Novanta cominciano a occuparsi di rifiuti e che in quel settore fanno grandi affari, finche vengono arrestati per associazione camorristica e poi uno di essi viene persino ammazzato dai casalesi, quando inizia una timida collaborazione con la giustizia. I fratelli Orsi erano i titolari della società che riesce a vincere l'appalto per diventare partner privato del consorzio Ce4, ritenuto di riferimento del centrodestra: il presidente di questo consorzio ha riconosciuto senza mezzi termini di essere stato messo lì da Forza Italia ed è lui che ha preparato il bando che ha consentito agli Orsi di vincere l'appalto. Attorno a quell'appalto si accenderà poi una controversia, mediata dai casalesi, che vede protagonisti personaggi capaci di incidere sugli equilibri politici non solo locali".
Uno scontro in una società dei rifiuti della provincia casertana, infiltrata dalla camorra e gestita da figure imprenditoriali di secondo piano, sarebbe stato in grado di condizionare la politica nazionale?
"Per la scelta del partner imprenditoriale del consorzio si sfidano in pratica due società: alla ditta degli Orsi si oppone l'azienda di Nicola Ferraro, un altro soggetto di Casal di Principe che da sempre si occupa di rifiuti e di discariche, imparentato alla larga anche con il padrino Francesco "Sandokan" Schiavone. Dal punto di vista politico la famiglia Ferraro è sempre stata legata a Forza Italia: uno zio di Nicola è stato vicepresidente della Regione eletto nelle liste berlusconiane e vicino all'onorevole Cosentino. L'azienda guidata da Nicola Ferraro e dal fratello Luigi partecipa alla gara ma si trova davanti un appalto costruito per far vincere gli Orsi.
Nicola Ferraro, che conosce bene il settore, si rivolge a un avvocato per predisporre il ricorso ma a quel punto subisce pesanti intimidazioni per spingerlo a rinunciare all'appello: intimidazioni che vengono direttamente da una parte dei casalesi, e in particolare da quella fazione più violenta che fa capo alla famiglia Bidognetti, i quali hanno evidente interesse a favorire gli Orsi. Di sicuro Ferraro attribuisce grande importanza a questo appalto e poco dopo la sua esclusione sceglie di impegnarsi in politica".
Quindi un imprenditore dei rifiuti, con legami a Casal di Principe, dopo essere stato escluso dall'appalto e in qualche modo intimidito dalla camorra, decide di fare politica in prima persona. E con quali effetti sulla situazione campana?
"Già nelle elezioni per la Provincia di Caserta del 2005 Nicola Ferraro, e tutto il blocco di consenso che rappresenta, sostiene l'Udeur e quindi il centrosinistra. La Provincia di Caserta era indicata come un feudo del centrodestra e persino la più azzurra d'Italia. In quella tornata, fra l'altro, in campo scende un pezzo da novanta di Forza Italia, l'onorevole Nicola Cosentino, proveniente da Casal di Principe e uomo di punta del partito. Il suo rivale è un esponente di rilievo della politica casertana, Sandro De Franciscis, già parlamentare della Margherita che in quel periodo era confluito proprio nell'Udeur di Clemente Mastella. I pronostici sembravano tutti a favore di Cosentino e invece il vincitore fu De Franciscis con un 7 per cento circa di voti in più. I voti dell'Udeur sono quindi determinanti e il peso di Nicola Ferraro certamente si avverte, quantomeno nella zona di Casal di Principe".
Quindi la decisione di Ferraro di schierarsi con l'Udeur, con il suo consenso personale di imprenditore e con l'aiuto della camorra casalese, ha avuto un ruolo significativo nelle elezioni provinciali e regionali. Ma che cosa c'entra la politica nazionale?
"Perchè non passa un anno e Nicola Ferraro riscende di nuovo in campo: siamo nel 2006 e Ferraro viene candidato al Senato in Campania. Leggere oggi quello che è accaduto in quel periodo, alla luce delle intercettazioni telefoniche e ambientali contenute nell'ordinanza cautelare che ha colpito Ferraro nel giugno 2010, è davvero istruttivo. Ferraro viene candidato in posizione alta della lista, insufficiente a farlo eleggere ma sufficiente comunque a fargli sfiorare il seggio di Palazzo Madama. È il primo dei non eletti e se la legislatura fosse proseguita probabilmente sarebbe riuscito a diventare parlamentare.
Non ho un quadro completo dei risultati elettorali, ma la risicata maggioranza dell'Ulivo al Senato poteva contare sulla vittoria e il conseguente premio di maggioranza incassato dalla coalizione in Campania; in questa regione è indubitabile che il contributo dell'Udeur sia stato determinante e in questo abbia avuto un peso anche l'ottimo risultato ottenuto da quel partito in provincia di Caserta. Certo, guardando adesso i fatti di quel concitato momento, si può notare una stranezza: la provincia di Caserta, in genere non particolarmente importante nelle dinamiche nazionali, aveva assunto in quella fase un ruolo centrale.
Tra l'altro, era stata l'ultima provincia d'Italia che aveva fornito i risultati elettorali che portarono alla vittoria del centrosinistra".
Stiamo parlando di un momento fondamentale nella storia del Paese. Nel 2006 la sorte del governo fu decisa da una manciata di schede: al centrosinistra di Romano Prodi andò il 49,81 per cento dei voti, allo schieramento berlusconiano il 49,74. Ogni singola scheda ha pesato per condizionare le sorti della nazione. Controllare la macchina dell'emergenza rifiuti permetteva di pilotare fondi e assunzioni, che in Campania si trasformano in voti. E allo stesso tempo offriva anche un ruolo politico, perche l'amministratore locale dimostrava alle autorità di Roma di sapere risolvere il problema principale della regione.
"Non credo di esagerare se affermo che la centralità della provincia di Caserta in quegli anni chiave dell'emergenza rifiuti sia legata a questo.
C'è un dato emerso nelle indagini che lo conferma: quando nei periodi di massima crisi si cercano siti per accatastare milioni di ecoballe - che non potevano essere bruciate non solo perche non esisteva ancora un termovalorizzatore, ma perche erano state assemblate senza il rispetto delle regole tecniche - questi spazi vengono trovati in gran parte in un'area a cavallo tra Casertano e Napoletano ma sempre in provincia di Caserta. È un momento in cui, come in queste settimane, la realtà sociale ribolle di proteste dei cittadini che non vogliono saperne di ospitare siti per i rifiuti e invece in quella zona i depositi vengono allestiti senza problemi.
È sorprendente notare come si siano trasformate quelle zone, in cui sono stati accumulati milioni di ecoballe: prima erano campi coltivati, adesso a guardarle dall'alto si vede questa mole sterminata di buste azzurre che somiglia a un fiume, un lungo fiume di spazzatura triturata avvolta nella plastica blu. Questa era la centralità della provincia di Caserta: nel momento in cui ci si ritrova in un meccanismo senza fine come quello dei rifiuti, chi e' in grado di darti soluzioni - anche mediando con tutta una serie di personaggi a dir poco discutibili - assume un potere rilevante dal punto di vista sociale, politico ed economico".
Anche contro l'onorevole Nicola Cosentino è stato emesso un mandato di cattura per concorso esterno in associazione camorristica, contestando il suo ruolo nell'emergenza spazzatura.
"Senza dubbio la parte più interessante di quel provvedimento riguarda il ruolo che Cosentino ha avuto nell'affaire rifiuti; il suo intervento nelle attività del consorzio Ce4, tanto che, secondo il pentito Vassallo, Cosentino avrebbe persino detto "Il consorzio Caserta 4 sono io". In base a quanto emerge dall'ordinanza, Cosentino avrebbe anche avuto un ruolo nell'individuare il luogo dove far sorgere il termovalorizzatore in provincia di Caserta. In quel provvedimento viene poi ricostruita un'altra vicenda molto importante; la creazione di un super consorzio, denominato Impregeco, che avrebbe messo insieme i consorzi di destra e di sinistra, per una gestione bipartisan dell'emergenza, che aveva evidentemente benedizioni ampie. La spazzatura è politicamente colorata e per gestirla al meglio si crea una struttura "arcobaleno" che accontenti tutti".
Cosa Nostra09.08.2011
Clan, le mani sulla pizza