Più che un concentrato di frutta è una religione. Il succo di mangostano, commercializzato anche in Italia dalla società statunitense Xango, è pubblicizzato dai suoi rivenditori come la panacea di tutti i mali e toccasana per una lunga sequenza di acciacchi, senza che a questi proclami corrispondano però delle reali basi scientifiche. Di più, l'intero sistema di vendita si basa su una struttura piramidale che trasforma ogni cliente in un rivenditore il cui obiettivo è trovare nuovi clienti in un circolo vizioso senza fine. Il risultato: tutti parlano bene del mangostano con lo scopo di rivenderlo a loro volta.
A denunciare anche in Italia la diffusione di questo "culto" ci ha pensato AltroConsumo, che ha inviato al Garante della Concorrenza e del mercato una segnalazione per pubblicità ingannevole, accompagnata da un dettagliato report sulle irregolarità del meccanismo di promozione e vendita del mangostano. All'associazione dei consumatori si sono infatti rivolti molti soci, incuriositi da questo preparato di un frutto asiatico che promette benefici alla salute e, tramite le rivendita, al portafogli. Contattando direttamente la società si viene infatti invitati ad entrare nel sistema di rivendita, pagando 115 euro per ogni cassa di Xango e le quote associative da rinnovare di anno in anno. Da consumatori si diventa quindi a propria volta rivenditori, pagati con provvigioni sulle vendite realizzate.
Secondo i rivenditori questo particolare sistema di vendita serve alla Xango per controllare meglio la qualità del prodotto e della sua promozione. Per AltroConsumo è invece un pretesto per spremere soldi ai consumatori attraverso una struttura piramidale che premia chi porta nuovi clienti, usando il succo dei miracoli come semplice pretesto. Periodicamente sono poi promossi dei veri e propri meeting per i rivenditori che puntano soprattutto sul fattore motivazionale. Se i dubbi sulla struttura di vendita non bastassero, ci sono poi le affermazioni sugli effetti benefici del mangostano. Questo genere di proclami non si trovano sul sito pubblico della società XanGo, ma vengono comunicati ai rivenditori in delle brochure e trovano ampia eco sui siti dei rivenditori stessi. Dall'indagine di AltroConsumo emerge che lo Xango promette una lunga serie di benefici terapeutici o preventivi contro cancro, diabete, Azheimer e disturbi di ogni tipo.
Le proprietà antiossidanti, anticancro, antinfiammatorie e antibatteriche non trovano però conferma negli studi scientifici, visto che la bibliografia disponibile prende in considerazione solo delle prove in vitro con pochissimi test su animali e uomo. In poche parole, come si può leggere nella lettera di AltroConsumo: "I risultati non possono essere associati all'efficacia sugli uomini. [...] Qualsiasi promessa fatta da Xango non ha fondamento scientifico e per questo motivo la pubblicità è da ritenersi ingannevole in quanto induce i consumatori all'acquisto di un prodotto le cui caratteristiche curative non sono reali". Già nel 2006 l'americana Food and Drug Administration mandò una lettera di avvertimento alla Xango, imponendo alla società di modificare i propri messaggi promozionali che promettevano effetti benefici tipici di un farmaco, senza che il succo fosse però stato testato come tale.
Uno degli aspetti più interessanti della vicenda è l'informazione disponibile su Xango e sul succo di mangostano. Anche la persona più attenta che si affannasse a cercare online qualche base scientifica a certe promesse si troverebbe di fronte un muro di gomma. Cercando su Google, le prime dieci pagine di risultati sono piene di pubblicità e commenti entusiastici, e persino i siti che permettono di recensire i prodotti vedono un trionfo unanime dei voti più alti. Ogni blog che parla del mangostano viene invaso da commenti positivi di gente che afferma di averlo provato e di esserne rimasta soddisfatta, mentre l'informazione più accurata è di fatto sommersa dalle opinioni spesso interessate dei rivenditori. Va solo un po' meglio quando si cerca in altre lingue, ed è proprio Google che suggerisce come ricerca l'associazione tra Xango e termini come "fraud" o "scam", a dimostrazione di una sensazione diffusa tra i navigatori del web oltreoceano. Proprio dove il succo di frutta è diventato una multinazionale.