Accolto come l'uomo della provvidenza che avrebbe risanato le sorti di un'industria chimica in crisi da tempo, l'imprenditore laziale Giampaolo Fiorletta ha concluso la sua vicenda professionale con un arresto tra gli applausi di 240 lavoratori rimasti senza impiego

Meraklon, disoccupati e mazziati

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Il salvatore di aziende si è rivelato uno squalo, che le svuotava e lasciava centinaia di operai senza stipendio e senza futuro. E' questa l'accusa contro l'imprenditore laziale, Giampaolo Fiorletta, arrestato a Terni tra i festeggiamenti da stadio di 240 lavoratori rimasti disoccupati, arrivati ad affiggere manifesti di ringraziamento alla Guardia di Finanza che ha condotto le indagini.

Grandi striscioni in cui campeggia la scritta "Grazie, GdF! Siete i nostri eroi", affissi sulle mura della fabbrica: la Meraklon di Terni, che fa parte del grande polo chimico umbro in crisi nera, al punto da chiedere aiuto a papa Ratzinger. E pensare che un anno fa Fiorletta era stato accolto come l'uomo della speranza anche nelle Marche, dove un altro grande polo industriale è in ginocchio: la Merloni, la fabbrica simbolo degli elettrodomestici italiani, che ormai ha oltre 3mila lavoratori in cassa integrazione e per alcuni mesi ha guardato all'imprenditore laziale come all'ancora di salvataggio per non finire nelle mani dei cinesi.

Ora però, una complessa inchiesta della Guardia di Finanza di Terni, guidata dal colonnello Domenico Solfaroli Camillocci e coordinata dal pm Elisabetta Massini della procura umbra, fa emergere retroscena inquietanti su quello che appare come un vero e proprio professionista delle aziende in crisi.

Associazione a delinquere finalizzata all'appropriazione indebita, falso in bilancio, false fatturazioni e truffa ai danni dello stato: sono questi i reati contestati a Giampaolo Fiorletta e ai vertici della Meraklon. Dalle indagini è emerso anche uno scenario inquietante: con l'arrivo dei guai giudiziari, dagli impianti dell'azienda sarebbero "stati allontanati senza alcuna giustificazione tutti i soggetti addetti alla vigilanza interna ed esterna", cosicché l'industria, in cui è stoccata una grande quantità di gas propilene, si è ritrovata in un "pericolo incontrollabile di manomissioni o incendi, che esporrebbero a rischio mortale la popolazione non solo della provincia ma dell'intera regione", secondo il Gip di Terni, Maurizio Santoloci che ha disposto il sequestro di Meraklon. Un "ordine inquietante", registra Santoloci nella sua ordinanza "in quanto appare impartito dai soggetti indagati".

Tutto comincia nel 2007 nel polo industriale umbro, nato intorno a colossi della chimica che spiccano come una macchia nera nella verde Umbria, dove la classe politica sembra incapace di distaccarsi da un modello di sviluppo economico vecchio di almeno mezzo secolo. Quattro anni fa la multinazionale Basell, proprietaria di Meraklon, la cede a una società della moglie dell'imprenditore Fiorletta. L'azienda è messa male. E i Fiorletta l'acquisiscono per un prezzo simbolico: quattro euro. Rilevandola, si impegnano a mantenere in funzione gli impianti produttivi e a immettere liquidità nelle casse dell'impresa per 2,5 milioni di euro. Presto, però, la speranza di un risanamento si trasforma in un incubo. Meraklon sembra strozzata dai debiti, incapace di pagare i fornitori italiani ed esteri e la proprietà ricorre in modo massiccio alla cassa integrazione: "E' la crisi", si giustificano i Fiorletta.

Strano, però. Perchè, dalle indagini della GdF, risulta anche che, mentre la società andava a scatafascio con tanto di lavoratori sul piede di guerra per difendere il posto di lavoro, il portafoglio ordini della Meraklon era in ottima salute con ordinativi per oltre 10 milioni di euro, un valore di "gran lunga superiore ai debiti da far apparire il gruppo potenzialmente operativo". E allora come si spiega l'arcano della cassa integrazione per centinaia di lavoratori? Stando alle indagini dei finanzieri, con una serie di complesse operazioni finanziarie, Fiorletta prendeva dalle casse dell'azienda i soldi che si era impegnato a versare per risanarla. Un gioco delle tre carte costato alla Meraklon un incremento dei debiti per 7 milioni di euro. "Una gestione illegale di un'intera azienda", scrive il gip Santoloci nell'ordinanza di convalida dell'arresto dell'imprenditore. L'impresa "è stata di fatto svuotata di ogni risorsa economica interna ed esterna con l'esposizione di centinaia di operai al rischio concreto del licenziamento". Tutto questo avveniva mentre Fiorletta si proponeva come un capitano d'industria interessato a grandi gruppi in grossi guai: dal colosso Merloni fino allo stabilimento ternano della multinazionale Basell, che ha deciso di sacrificare il sito di produzione umbro, mettendo in ginocchio l'intero polo chimico della città che dà lavoro a oltre mille lavoratori.

L'arresto di Fiorletta segue una stagione a dir poco movimentata per la quieta cittadina umbra: nel giro di otto mesi sono stati arrestati: un dipendente di Equitalia ed ex consigliere comunale del Pd, Alessandro Chiappalupi, accusato di concussione; il direttore della Camera di Commercio, Leandro Porcacchia, accusato di estorsione e infine il vertice di Meraklon. Ma la preoccupazione più grande è per a ThyssenKrupp, che a Terni ha il suo quartier generale e, tra lavoratori dipendenti, dell'indotto e relativi familiari, mantiene complessivamente circa 20mila persone in una cittadina di 113mila abitanti. Dopo la sentenza di Torino, in città è tutto uno scapicollarsi per testimoniare solidarietà al management condannato per omicidio con volontario. In poche parole, Thyssen è oggi un'azienda con un amministratore delegato condannato in primo grado. "Tecnicamente un assassino", ha scritto il Corriere della Sera, che ha registrato lo sfogo della dirigenza Thyssen: "Ora sarà difficile lavorare in Italia". A Terni la risposta a questo messaggio non si è fatta attendere. E un consigliere comunale del Pd, tale Valdimiro Orsini, è arrivato a presentare un'interrogazione al sindaco della città, Leopoldo Di Girolamo (Pd), per chiedere di "conoscere le iniziative che l'amministrazione comunale intende intraprendere per tenere aperto un dialogo continuo con i vertici aziendali della ThyssenKrupp, al fine di esprimere la vicinanza dell'intera città per una sentenza spropositata". In tempi di squali e assassini, che non si fa per il lavoro.

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