Persone con disagi psichici rinchiuse contro la loro volontà anche per 12 mesi in apposite strutture, ogni volta il medico ritenga «la garanzia della tutela della salute» sia «prevalente sul diritto alla libertà individuale del cittadino». Insomma, un ritorno ai manicomi, accusano Pd, Radicali e Idv, consumatosi in Commissione Affari Sociali alla Camera per mano di quello che definiscono un «blitz» di Pdl e Lega. Che ribattono, unite come al tempo del governo Berlusconi: «Nessun blitz, è una proposta a cui stiamo lavorando da due anni e mezzo». E ancora: «I manicomi sono solo nelle loro teste, e per questo andrebbero curati».
Parola di Carlo Ciccioli, deputato pidiellino e relatore del provvedimento che si propone di aggiornare - o meglio, scardinare, secondo i critici - l'impianto della legge Basaglia.
Sì, la norma che ha segnato il passo di civiltà con cui l'Italia, negli scorsi decenni, si è liberata dell'istituzione manicomiale. E che oggi torna inaspettatamente di attualità, complice il silenzio di un governo, quello dei tecnici, che su questioni così foriere di polemiche non ha alcuna intenzione di sbottonarsi. Lo testimonia il vuoto di dichiarazioni del ministro della Salute Renato Balduzzi in merito, che non ha voluto fornire all'Espresso un suo parere su questa proposta.
Una ritrosia confermata anche dallo stesso Ciccioli: «Sì, il ministro è fuggito. Sono andato a parlarci due o tre volte. Gli ho mandato il testo, gli ho detto: 'Mi dica gli emendamenti'. Ma lui è scappato. Non se la sente di affrontare un problema così pesante».
Insomma, «su questo il governo non interverrà. Ma se il ministro si mette contro», annuncia il relatore (di professione psichiatra), «gli faccio lo sciopero della fame dentro al ministero. Io su questo ci metto l'anima».
Così, per comprendere l'orientamento dell'esecutivo su un tema tanto delicato, bisogna comporre gli indizi. Uno è l'intervento del sottosegretario alla Salute, Adelfio Elio Cardinale: «Ha dato l'impressione di voler prendere tempo», spiega Maria Antonietta Farina Coscioni, Radicale e membro della Commissione che sta studiando il testo a Montecitorio. E l'atteggiamento sulla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, approvata insieme al decreto ' svuota carceri' ma per cui manca un piano per capire dove trasferirne i pazienti.
E che tuttavia, secondo il senatore Pd Ignazio Marino, ha un significato ben preciso anche rispetto al trattamento delle persone con disagi psichici che non abbiano compiuto reati: «Apparirebbe schizofrenico un parlamento che in un ramo, il Senato, riesce a svolgere in due anni un'indagine sulla salute mentale che porta alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari», argomenta, «e l'altro invece perora la riapertura dei manicomi civili. Sarebbe incomprensibile non solo sul piano procedurale ma anche su quello culturale, perché le posso assicurare che tutte le forze politiche che hanno partecipato in sede di commissione d'inchiesta al Senato all'indagine sulla salute mentale, pur partendo da convinzioni anche ideologicamente differenti sul tema, al termine del lavoro si sono tutti convinti che in questo momento non ci sia la necessità né possa essere considerato un obiettivo importante per la modernizzazione del paese la riapertura dei manicomi».
Nel frattempo, la politica si divide sulle dorsali dell'era pre-Monti. Con la Lega che vota insieme al Pdl, nonostante le opposizioni si attendessero l'astensione, e fa passare il testo di Ciccioli per soli due voti, 14 a 12. E Pd, Radicali e Idv all'attacco frontale. Il problema è tutto nel cambio di una parola: la norma approvata muta, infatti, il 'trattamento sanitario obbligatorio' regolato dalla legge Basaglia, e dalla più ampia riforma della 833 del 1978, in 'trattamento sanitario necessario'. La questione è tutt'altro che meramente formale: prima di tutto, ne raddoppia la durata, venendo disposto non più per otto ma per 15 giorni.
Ma soprattutto, accusa Coscioni, «rendendo 'prevalente' la tutela della salute sulla libertà dell'individuo si segue la strada opposta a quella della legge 833, stabilendo che prevale l'intervento con la forza sul raggiungimento di un consenso tra medico e paziente. Noi affermiamo con forza», prosegue la deputata Radicale, «che ciò viola l'articolo 32 della Costituzione».
Non solo. Secondo Coscioni, il 'trattamento sanitario necessario' amplia la platea dei possibili 'nuovi folli', finendo per chiudere nelle strutture previste dalla norma anche tossicodipendenti, alcolizzati, giocatori d'azzardo patologici e persone affette da disturbi alimentari, anche contro la loro volontà. «Un modo per deresponsabilizzare lo psichiatra», attacca, «ma che avrebbe come risultato riempire immediatamente le strutture senza intervenire sulla qualità della cura, e anzi ghettizzando i pazienti».
Ciccioli, che degli effetti della norma ha naturalmente tutt'altra visione, non smentisce che queste categorie di soggetti possano finire sotto l'ombrello della riforma: «Se il gioco delle carte ti distrugge il patrimonio e la famiglia, e sei al limite del suicidio, questa legge può essere applicata – ma solo per casi estremi. Lo stesso per un tossicodipendente». Il punto, spiega il deputato Pdl, è che mentre oggi «il garantismo dice che non si può intervenire di fronte alla minaccia di fare a pezzi un familiare fino a quando non si consumi l'atto, con questa legge al contrario si può farlo prima, fatte le garanzie del caso. Allo stesso modo», conclude, «si evitano le cronicizzazioni». Quanto alle critiche di Marino, tiene a precisare: «E' zero, un cretino». Citando Di Pietro, «in psichiatria non c'azzecca».
Ma di quali strutture si parla Ciccioli, se non di manicomi? «Io parlo di comunità terapeutiche, o di centri protetti, non di manicomi», risponde. «Il modulo tipico che funziona è due moduli da venti persone. Sopra le 40 non è più curativo, ma contenitivo. Sotto è antieconomico, sopra è antiterapeutico».
Il problema è anche di costi. Perché perfino i critici ammettono sia indispensabile investire per potenziare - se non istituire del tutto - i centri che dovrebbero aiutare le famiglie sul territorio. «L'obiettivo è individuare maggiori risorse umane ed economiche per applicare pienamente la legge 180 e non rimetterla in discussione», dice Marino. Ma come, in un periodo in cui di soldi non c'è nemmeno l'ombra? «Proprio in questi giorni con la commissione d'inchiesta del Senato che presiedo», risponde il senatore e chirurgo, «stiamo conducendo un censimento di tutte le strutture che fino agli anni 70 e 80 erano destinate a ospitare i cosiddetti 'folli', cioè i manicomi. Molte sono anche ville o conventi di pregio che la legge aveva indicato dovevano essere alienati, venduti, e le risorse utilizzate per la cura dei malati di mente». Ma è andata diversamente, con decine di edifici abbandonati, non utilizzati e non venduti: «Stiamo cercando di arrivare a un censimento completo per chiedere al governo che intervenga con la vendita di queste strutture, che certamente potrebbero determinare una raccolta di risorse economiche importanti e che la legge già aveva indicato dovessero essere destinate alla salute mentale, per implementare la legge Basaglia». Coscioni si spinge oltre: «Bisogna mettere mano ai livelli essenziali di assistenza. In più bisognerebbe finanziare la ricerca, per capire l'origine delle patologie. Su questo non è stato fatto molto rispetto alla legge 180».
La norma del relatore Ciccioli prevede la copertura finanziaria dei nuovi trattamenti tramite destinazione di una quota del Fondo sanitario nazionale pari a 300 milioni di euro. E pur se si dice «apertissimo agli emendamenti», l'impressione è che la partita sia tra due impostazioni culturali, più che sui dettagli. Da un lato, il centrodestra che contesta il «tabù» degli avversari secondo il quale i «disagi psichici sarebbero un problema sociale e politico, più che medico». Dall'altro il centrosinistra che accusa Pdl e Lega di voler reinstaurare la logica manicomiale, facendo un balzo all'indietro di 40 anni e portando a una situazione «non dissimile da 'Qualcuno volò sul nido del cuculo'», nelle parole di Marino. Nel mezzo, il disagio - realissimo - delle famiglie. E il silenzio dei tecnici.