Attualità
10 aprile, 2013

Ecco l'erede di Sandokan

Educato a pane, bibbia e camorra. Carmine Schiavone, il più giovane dei figli di "Sandokan", è diventato adulto in fretta. Ha preso la guida dei casalesi. Occupando i territori dei boss alleati con il padre. E investendo a San Marino

Educato a pane, bibbia e camorra. Cresciuto con i santini dell'onore, del rispetto e del potere. Carmine Schiavone, il più giovane dei figli di "Sandokan", il padrino di Gomorra in carcere dal 1998, è diventato adulto in fretta. A casa impara a gestire il potere, dopo che il fratello Nicola è finito dentro con l'accusa di tenere le fila della famiglia e del clan. E stamattina alle prime luci dell'alba gli notificano l'ordinanza di custodia cautelare che certifica la sua mafiosità. Nell'inchiesta "Titano" che ha portato all'arresto di 24 persone e al sequestro di un tesoretto di due milioni di euro, i magistrati della procura distrettuale antimafia di Napoli - Antonello Ardituro, Giovanni Conzo, Maurizio Giordano, coordinati dall'aggiunto Cafiero De Raho - gli contestano per la prima volta l'associazione camorristica. È lui il nuovo capo, il reggente, il boss che ha preso in mano la cosca dopo l'arresto del fratello.

Il pentito Raffaele Maiello descrive l'ultima struttura della famiglia che ha dominato il casertano e investito in tutta Italia: nello scorso gennaio è composta da «10-15 persone, con a capo Schiavone Carmine nel cui interesse viene gestita la cassa dove confluiscono circa 110-120 mila euro al mese, con aumento nelle festività, cifra composta per circa 65.000 euro da tangenti fisse e per il resto dalle tangenti sugli appalti pubblici, oscillanti tra il 3 ed il 5% dell'importo complessivo. Versa lo stipendio a Michele Zagaria (altro super boss del Clan ndr) per una questione di rispetto e nel frattempo ha accentrato nelle sue mani anche la direzione nel territorio di Casapesenna, ove prima operavano gli uomini dello stesso Zagaria». Quest'ultimo aspetto è considerato di grande importanza dagli investigatori: il vecchio patto per la divisione del territorio tra i grandi capi del clan non vale più. Adesso gli Schiavone, leader della triade che guidava la mafia campana e signori di Casal di Principe, occupano le zone dei loro storici alleati. Un segno dell'intraprendenza del nuovo "padrino".

Carmine Schiavone era stato arrestato già a fine gennaio, ma solo con l'accusa di estorsione. È il quarto dei figli di Sandokan a finire in cella: incensurato, modi goffi, il trentenne non sembrava destinato a una carriera criminale di spicco. Invece le nuove indagini mostrano come si fosse inserito al vertice dell'organizzazione criminale, decimata dagli arresti negli ultimi due anni. Ma ancora in grado di muovere somme di denaro importanti.

Gli interessi del Clan dei Casalesi arrivano fin dentro il piccolo Stato di San Marino, che l'Italia, a differenza dell'Europa, ritiene ancora un Paese da "Black list", cioè un paradiso fiscale. Qui per lungo tempo la Fincapital dell'avvocato sammarinese Livio Baciocchi ha dominato la scena finanziaria. Ecco il profilo del professionista secondo i magistrati: «Baciocchi è sempre stata una persona senza scrupoli che ha cercato di arricchirsi alle spalle degli altri, compiendo anche operazioni di riciclaggio a favore di questi pericolosi personaggi(della camorra ndr) sempre, tutto, tramite la Fincapital».

Una vera potenza. Su cui però fin dal 2008 avevano messo prima gli occhi poi le mani i camorristi. In appena due anni sulla società dell'avvocato Baciocchi si sono abbattute cinque inchieste. Tre coordinate dalla Procura antimafia di Bologna e due da quella di Napoli. Al centro delle prime quattro indagini compare il boss Franco Vallefuoco. Un businessman che ha investito risorse ed energie nel recupero crediti: in poco tempo avvia diverse sedi della Isees, un'agenzia perfettamente legale collegata alla Fincapital, con tanto di autorizzazioni, attiva dalla Sicilia all'Emilia Romagna. E si è arricchito grazie alla crisi. Tra Modena e Rimini davanti alle sue sedi in fila ci sono numerosi imprenditori che da lui vanno per chiedergli di recuperare i soldi da colleghi che in tempi di crisi non riescono a saldare i debiti. Ci pensa Franco. Con i suoi metodi. Prima chiede, poi passa alle maniere forti, utilizzando la violenza.

Già nelle prime 4 inchieste è emerso il ruolo di Vallefuoco: un collettore di soldi sporchi per conto della camorra napoletana, dei casalesi e di alcuni soggetti siciliani legati a Cosa nostra. Una pedina strategica a cui i clan che vogliono riciclare sul Titano si affidano. Vallefuoco a San Marino frequenta politici, imprenditori, uomini della finanza. Ma con gli arresti di oggi si scopre qualcosa in più. Si delinea in maniera netta il ruolo del casalesi nell'affare San Marino: un loro referente si occupava direttamente dei rapporti con gli operatori finanziari della piccola Repubblica.

È Salvatore Di Puorto, "Ugariello", fratello di Sigismondo, referente emiliano di Nicola Schiavone fino al suo arresto. «Salvatore Di Puorto aveva il compito di verificare la redditività degli investimenti e reinvestire tutti i capitali illeciti nel territorio nazionale e in provincia di Caserta», scrive il gip. Accanto a lui altri esponenti di spicco del gruppo Schiavone, i Venosa: Massimo, Umberto (pentiti dal 2012) e Salvatore. Anche loro dovevano portare denari alla Fincapital per ripulirli. Proprio i due Venosa collaboratori di giustizia, sugli affari sammarinesi indicano circostanze precise: parlano dell'intenzione di «acquistare il più grosso albergo in quella zona da parte del Di Puorto, che si occupava dei video poker e dell'imposizione del caffè». Raccontano dei soldi che dal Nord viaggiavano verso le casse degli Schiavone: «Di Puorto aveva il maneggio di importanti somme di danaro, tanto vero che solo dagli introiti dei video poker riceveva 17 mila e 500 euro al mese per "Sandokan" e 3 mila euro per il figlio Nicola, che consegnava a Schiavone Carmine.

Di Puorto si lamentava spesso con lui del fatto che Sandokan ed il figlio Nicola prendevano parecchio». Stesse lamentele le riserva uno dei fratelli Di Puorto a Carmine Schiavone: «vuole i soldi ma non ci protegge», riferendosi a un progetto immobiliare da realizzarsi a San Marino. «L'affare delle ville», lo chiamano gli affiliati. Cinque ville del valore di oltre 500 mila euro l'una a Montegrimano terme, a due passi dal Titano ma in provincia di Pesaro. Un investimento targato Schiavone andato a buon fine. Che ha visto tra i protagonisti il notaio di Pesaro Enrico Marchionni. Che non è tra gli indagati di Napoli ma di Bologna nell'inchiesta "Vulcano 3", uno dei tanti filoni sulla camorra a San Marino. Cambiano i nomi delle attività investigative, ma restano immutati i personaggi di un reality che non sembra destinato a terminare con gli arresti di oggi.

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