Il 27 maggio del '93 esatti, la mafia uccise cinque persone a Firenze con una bomba in pieno centro. L'omaggio alle vittime

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L'attacco della mafia corleonese al cuore del patrimonio artistico del nostro Paese con gli attentati della primavera e dell'estate 1993 a vent'anni da quei tragici fatti viene ricordato dalle foto dei luoghi sventrati dalle bombe.

La prima è un'immagine scattata pochi minuti dopo l'esplosione con gli edifici ancora in fiamme; l'ultima è l'omaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alle vittime della strage a Firenze di via dei Georgofili del 27 maggio 1993.

E questo di Firenze è il racconto per immagini e notizie di uno degli attentati più feroci della stagione stragista della mafia. L'Agenzia Ansa ha realizzato una mostra, "La notte dei Georgofili". In collaborazione con il Comune di Firenze la mostra sarà allestita in Palazzo Vecchio, nel Cortile di Michelozzo, dal 26 maggio, inserendola tra le più importanti iniziative delle celebrazioni.

La mostra si articola in 29 pannelli con oltre 50 foto di grande formato scattate fin da subito dopo lo scoppio, corredate dalle notizie trasmesse dall'AnsaA durante la notte tra il 26 e il 27 maggio nei giorni successivi. L'attentato causò cinque morti, sterminando l'intera famiglia Nencioni, padre, madre e le due figlie, una di nove anni e l'altra di appena 50 giorni, e uccidendo lo studente ventiduenne Dario Capolicchio, oltre ad infliggere un danno enorme al patrimonio artistico e a ferire un'intera città.

(Per gentile concessione dell'Ansa pubblichiamo quattro foto della mostra).



Le foto sono quelle scattate subito dopo lo scoppio che squassò Firenze pochi minuti dopo l' una e documentano la devastazione e le fiamme, i soccorsi tra le macerie, i danni alle opere d'arte custodite agli Uffizi, la reazione della città tra dolore e rabbia, gli attentati di Roma e Milano, i funerali delle vittime, le indagini ed il processo concluso con la condanna all'ergastolo di capi e gregari di cosa nostra, l'omaggio che ogni anno cittadini e alte cariche dello Stato rendono alle vittime in una stretta stradina nel cuore di Firenze.

La strage, voluta dal clan dei Corleonesi di Totò Riina, era finalizzata a ricattare lo Stato per soddisfare alcune richieste della mafia, tra le quali l'abolizione dell'articolo 41 bis che prevedeva (e tuttora prevede) il 'carcere duro' per i boss.

Il tritolo usato per far esplodere la Fiat Fiorino usata nell'attentato, si scoprirà anni dopo, era stato ottenuto da residuati bellici rimasti sui fondali marini attorno alla Sicilia.

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