Aule fatiscenti e insicure: secondo il rapporto di CittadinanzAttiva per quasi metà degli istituti lo stato di manutenzione è "assolutamente inadeguato". Servirebbero dieci miliardi di euro, ma si investe poco e male. E le cricche dell'emergenza si arricchiscono

Pezzi di intonaco che si staccano dal soffitto, infiltrazioni d'acqua, tubi rotti, solai che cedono. Da Padova a Ostia, da Lecco a Messina. Scuole fatiscenti, insicure, che crollano come castelli di sabbia. E le morti, quelle che per Silvio Berlusconi erano solo «tragiche fatalità», da consacrare a favore di telecamera, manna per le cricche dell'emergenza in cui tutto è permesso. Michela, Carmela e gli altri “angeli di San Giuliano di Puglia”, schiacciati insieme alla loro maestra dalle macerie di una scuola già pericolante e mai collaudata dopo una ristrutturazione criminosa; Ilaria che ha smesso di vivere a quattro anni per la caduta di un cancello, Vito ucciso mentre stava seduto al suo banco travolto da un controsoffitto, gli studenti e il giovane vigilante della Casa dello Studente a l’Aquila. Assassinati dall'incuria di un Paese che nell'edilizia scolastica investe poco e male, perché i fondi, già scarsi, anche quando sono erogati non arrivano a destinazione per lungaggini burocratiche e lentezze amministrative.

Appena l'8 per cento delle scuole è stato progettato secondo le normative antisismiche, eppure un edificio su tre, dove, ogni giorno, studiano e lavorano quasi dieci milioni di italiani, è in una zona sismica ad alta pericolosità, il 14 per cento in un'area ad alto rischio idrogeologico, quasi uno su due è stato costruito prima del 1980. Secondo l'ultimo rapporto sulla “salute” degli istituti scolastici redatto da CittadinanzAttiva, il 39 per cento delle scuole presenta uno stato di manutenzione assolutamente inadeguato e inoltre un edificio su tre sarebbe necessario un intervento di tipo strutturale. Umidità, muffe, infiltrazioni di acqua, segni di fatiscenza e distacchi di intonaco sono presenti in più del 20 per cento dei casi e mancano le scale di sicurezza esterne in una scuola su due. E come se non bastasse, in quattro delle 165 scuole monitorate sono state trovate tracce di amianto e in tre di radon, un gas molto pericoloso, considerato tra le principali cause di tumore al polmone.

Mancano gli ascensori in un edificio su tre e se ci sono spesso non funzionano o non raggiungono tutti i piani, rendendo ancor più complicata la vita degli studenti disabili. In una scuola su quattro del resto non c'è spazio per consentire la presenza di una carrozzina, in una su due non ci sono banchi adatti e in una su cinque non esiste un bagno a norma. Sembrerebbe andare meglio per quanto riguarda l'impianto antincendio: nell'indagine quasi tutti dichiarano, per bocca del responsabile del servizio prevenzione e protezione, che l'impianto è completato o in avanzato stato di adeguamento. Peccato però che solo il 37 per cento delle scuole abbia la certificazione o il visto di conformità dei Vigili del Fuoco. Scuole in pessime condizioni, dove alla mancanza della carta igienica i genitori si sono abituati, tanto che ormai le famiglie, nell’ultimo anno scolastico, hanno contribuito con 390 milioni di euro non solo per sostenere lo svolgimento delle attività didattiche, ma anche per supplire alla manutenzione degli edifici. E così i padri si trasformano in imbianchini della domenica, le mamme tolgono le erbacce dai cortili, le nonne cuciono le tende ignifughe, in attesa dell'intervento del Comune che non arriva mai. Gli enti proprietari intervengono infatti con notevole ritardo, nonostante la sentenza del processo per la morte di Vito Scafidi stabilisca con chiarezza che la manutenzione rappresenta un loro obbligo.

Certo in tempi di tagli i soldi a disposizione sono pochi, ma in questi anni anche quelli erogati non hanno permesso di ottenere neppure minimi risultati. Basti pensare che, dopo tre anni, per il programma stralcio di 358 milioni volti a realizzare 1700 interventi, sono stati emessi pagamenti per meno di 100 milioni per l'avanzamento dei lavori, pari a poco più di 30 cantieri aperti. Non solo, a dicembre dello scorso anno, non erano ancora stati iniziati il 10 per cento dei lavori relativi ai 194 milioni stanziati nel 2004 e il 24 per cento dei 295 milioni del 2006 per il piano straordinario di sicurezza degli edifici nelle zone sismiche. E in entrambi i casi molti dei cantieri avviati debbono ancora essere ultimati. Ritardi, procedure inefficienti, una molteplicità di attori hanno caratterizzato un decennio perduto in materia di edilizia scolastica, con scuole che cadono a pezzi e altre, come quella di San Giuliano, ricostruite con estro monumentale, in grado di ospitare anche gli studenti che non ci sono, pur di sprecare denaro pubblico. Quello che invece manca per il risarcimento delle famiglie dei bambini morti.

Un fallimento a cui il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza chiede di porre rimedio in tempi record, tanto da voler realizzare in un anno quello che finora non è stato fatto nemmeno in dieci. La strada è quella del Fondo Unico per l’edilizia scolastica creato nel 2012, che ha portato già ad un accordo con gli enti locali e che stabilisce che i cantieri dei progetti presentati dovranno essere avviati entro il prossimo febbraio. Non solo, i sindaci saranno commissari per l’attuazione del piano per l’edilizia scolastica, sul modello della ricostruzione post terremoto in Emilia-Romagna, dove è stato dimostrato che è possibile costruire scuole sicure in sessanta giorni. Quanto alle risorse, negli ultimi mesi sono stati stanziati 450 milioni di euro ripartiti su tre anni e le Regioni potranno contrarre mutui trentennali, a tassi agevolati, con la Banca Europea per gli Investimenti, la Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa, la Cassa depositi e prestiti.

Piccoli passi in tempi di crisi, che per sistemare la situazione servirebbero oltre 10 miliardi. Altri 3 milioni e mezzo di euro, in base ad un emendamento inserito nel “decreto Fare”, andranno nei prossimi trentasei mesi al Centro di Geomorfologia Integrata del Mediterraneo per la prevenzione del rischio sismico. Fondi che si aggiungono ai 9 milioni che il centro, un organismo di diritto pubblico con sede a Potenza, ha ricevuto negli ultimi sei anni, anche se visitando i due siti le pubblicazioni scientifiche scarseggiano e la visibilità mediatica si limita alla Basilicata. Di certo alcuni sprechi potrebbero essere eliminati, a partire dalle scuole in affitto, che sono circa un migliaio. I soldi potrebbero essere utilizzati per la costruzione di nuovi edifici, contribuendo alla ripresa economica, con la creazione di nuove opportunità di lavoro.

E per reperire nuove risorse, come propone CittadinanzAttiva, sarebbe opportuno trasformare in legge la proposta, già depositata in Parlamento, di destinare una quota dell’otto per mille. Non solo, «basta con l’anagrafe scolastica eterna incompiuta e fantasma, che invece è indispensabile per una programmazione sulle scuole da sistemare ed è indispensabile alle famiglie per sapere in quali scuole si recano ogni giorno i nostri figli», tuona Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale della scuola di CittadinanzAttiva che è ricorsa alla procedura di accesso civico agli atti nei confronti del MIUR. Di certo non ci si può occupare di sicurezza delle scuole solo dopo le tragedie e i risultati degli investimenti e degli interventi dovrebbero essere misurati. Peccato che gli ispettori attualmente in organico, ammesso che abbiano la competenza di occuparsi anche della sicurezza interna dell’edificio, sono 301 in tutta Italia, tanto che in alcune regioni, come in Toscana, nemmeno esistono.