La migrazione verso l'Italia è fuori controllo. Washington rischia di dovere intervenire. E per questo deve spingere l'Europa a fare di più. Mobilitando subito la flotta Nato. L'analisi di un ufficiale statunitense

A Washington è allarme rosso: «la migrazione di massa verso l'Italia è fuori controllo. E il governo statunitense potrebbe essere costretto ad affrontare il problema, se vuole mantenere compatti i suoi alleati europei». L'allarme è stato lanciato dal tenente Mark Lawrence, un giovane ufficiale dell'Us Navy che si occupa di questioni navali per conto del prestigioso Center for Strategic and Internazional Studies. Un'analisi personale, che non riflette la posizione delle forze armate Usa. Ma il suo testo “Aiutiamo l'Europa con il suo mare” pubblicato pochi giorni fa sta animando il dibattito nella comunità militare americana. Quello che accade sulle nostre coste infatti viene seguito negli States con preoccupazione crescente sulle prime pagine dei quotidiani, che pubblicano lunghi reportage su sbarchi e naufragi nel Mediterraneo. E il tenente Lawrence scrive a chiare lettere che Washington deve intervenire, prima che la situazione diventi drammatica, anche per la stabilità interna dell'Unione europea.

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Non è un caso: il consenso dei partiti xenofobi potrebbe dilagare per effetto della marea di disperati che arrivano dall'Africa e dal Medio Oriente. Accade anche da noi, con il ritorno di fiamma della Lega e le ultime sparate di Beppe Grillo, che trovano ascolti facili in una società drasticamente impoverita dalla crisi. Per questo negli Usa si comincia a parlare di un soccorso politico o operativo all'Italia, su cui ricade il peso maggiore del dramma.

Secondo l'analista statunitense, Mare Nostrum si è rivelata «inadeguata e insostenibile». Il numero dei migranti che approdano è in aumento costante. Senza aiuti dal resto dell'Ue e dalla Nato «il sostegno interno dell'Italia all'operazione si è dissolto da mesi alla luce dei costi e della crescente consapevolezza del dilemma umanitario che viene affrontato dalle comunità». Gli appelli del governo di Roma per avere sostegno dalle altre capitali europee sono sostanzialmente falliti – scrive - e la missione Frontex che entrerà in azione tra pochi giorni ha una portata limitata, perché lascia all'autorità nazionale il compito delle azioni in alto mare. L'alto commissario Onu per i rifugiati ha già dichiarato che se Mare Nostrum non sarà sostituita «sempre più persone moriranno nel Mediterraneo».

Che fare? Per adesso, secondo Lawrence, gli americani hanno toccato con mano il problema in modo limitato. La scorsa estate due navi militari destinate a proteggere l'evacuazione dei cittadini Usa da Tripoli sono state dirottate verso Malta per salvare 282 profughi, rispondendo a una richiesta della flotta italiana. Ma le dimensioni dell'esodo da Africa e Medio Oriente sono ben note ai vertici delle forze armate statunitensi. Così come il rischio che nell'ondata umana si confondano pericolosi combattenti islamici provenienti dai focolai di guerra di Siria, Iraq e Libia. Una situazione che come minimo richiederebbe un impegno di Washington per incoraggiare l'Europa a fare di più. Ma la soluzione più rapida è mobilitare la Nato. Che potrebbe muoversi subito.

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Nel Mediterraneo dal 2001 è attiva l'operazione Active Endeavor, che pattuglia le rotte di possibili infiltrazioni qaediste. «Il governo statunitense potrebbe sfruttare l'opportunità offerta dalla crisi umanitaria per smantellare questa missione», che ha dato scarsi risultati. Secondo l'ufficiale, basterebbe applicare le linee guida decise dal patto atlantico nel vertice del Galles lo scorso settembre. L'intervento di una forza navale della Nato potrebbe dare un impulso immediato alle attività europee. Non solo. La flotta dell'Alleanza schierata davanti al Corno d'Africa per combattere i pirati può venire ridotta nei mesi estivi, quando le condizioni dell'Oceano lì rendono difficili gli assalti, per rinforzare la presenza a largo della Sicilia nel momento caldo delle traversate.

Ovviamente, non si tratta di un intervento senza scopi. «Senza uno sforzo coerente per rendere sicure le rotte verso l'Europa, l'immigrazione clandestina continuerà a creare grande tensione in Italia, nel resto dell'Europa meridionale e potenzialmente alla realizzazione dell'Unione europea come un'entità politica. Mentre una accordo per rispondere con un il pattugliamento della Nato metterà ordine in questa area di mare, al servizio dell'Europa, dell'Alleanza e di conseguenza degli interessi americani».

Un'azione che potrebbe dare all'Ue il tempo per «costruire il consenso a una politica dell'immigrazione», prima che la xenofobia diventi elemento dominante nelle campagne elettorali. «I potenziali benefici per gli Usa sono chiari: sostenendo l'Italia – un alleato chiave che ha un peso determinante nello schieramento militare americano in Europa – e condividendo le capacità delle nostre forze armate insieme con gli alleati europei, i nostri governanti possono mantenere una presenza limitata nel Mediterraneo che tenga lontana la proliferazione di minacce alla sicurezza comune dalla porta del Vecchio Continente».

L'impegno della Nato è stato già ipotizzato dal ministro Roberta Pinotti, proprio nel summit del Galles: le navi di Active Endavor potrebbe schierarsi in tempi rapidi nel canale di Sicilia. Sono mezzi potenti e non le vedette europee di Frontex. Inoltre la flotta dell'Alleanza è abituata ad agire con unità di paesi diversi ed è perfettamente integrata con la nostra Marina. Mentre nessuno ha mai gestito un dispositivo europeo in situazioni di emergenza. E questa potrebbe essere una soluzione rapida per il governo Renzi, prima che il vuoto aperto dalla fine di Mare Nostrum trasformi il Mediterraneo in un cimitero. Resterebbe però sempre l'altro problema: chi si deve prendere cura dei profughi. L'Italia sta già pagando un costo sociale ed economico altissimo, che rischia di diventare politicamente insostenibile nei prossimi mesi.

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