«La pagheranno cara!», prometteva nell'intervista don Antonio Polese, riferendosi alla nostra inchiesta. Ieri la proprietà dell'emittente campana PiùEnne ha deciso di rimuovere il video dal sito: "Niente telecamere nascoste e l'intervista non rispecchia la nostra linea editoriale"

"Boss delle cerimonie": rimosso il video con le minacce all'Espresso

Come per magia la notizia non c'è più. Scomparsa in poche ore dal sito dell'emittente campana PiùEnne, una giovane all-news. Il video con l’intervista a don Antonio Polese, il boss delle cerimonie, che minaccia il giornalista Claudio Pappaianni per un servizio pubblicato su “l'Espresso” non è più online sul sito dell'emittente.

Una scelta unilaterale della proprietà che ha suscitato molte perplessità nella stessa redazione. Già nei giorni scorsi, quando l’intervista della cronista Veronica Bencivenga al “Boss delle cerimonie” aveva varcato i confini locali, la proprietà non aveva nascosto il proprio dissenso. Per alcune ore la tensione era salita alle stelle nella redazione di Avellino. Il clima si era, tuttavia, rasserenato.

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Fino al nostro articolo che rilanciava le parole minacciose pronunciate nell’intervista TV dal “Boss delle cerimonie” nei confronti dei giornalisti «capaci delle peggiori schifezze». Gli editori escludono sia pressioni esterne sia le tensioni interne tra editore e cronisti. «Nessuna pressione. Abbiamo chiesto alla redazione di toglierlo perché non è nostro costume intervistare con telecamere nascoste o spente per finta. La parte di intervista con la telecamera lasciata accesa, nonostante l'intervistato avesse chiesto di spegnerla, non rispecchia la nostra linea editoriale. La giornalista ha ritenuto di trovarsi di fronte a uno scoop e ha fatto il suo lavoro. Ma noi abbiamo visto il video solo dopo la messa in onda. È stata una scelta autonoma della redazione: hanno deciso di mandarlo in onda senza autorizzazione del direttore di rete e per questo abbiamo chiesto di toglierlo. Ma non c'è stato nessuno tipo di scontro con i giornalisti. La giornalista che conduceva l'intervista ha reputato di mantenere le telecamere accese, ma per noi non si doveva fare. Di questo abbiamo ragionato in redazione».

E' la versione di Massimo Abate, marito di Paola Rossi editrice di PiùEnne. Il gruppo fa capo alla famiglia Abate, dynasty di costruttori irpini. Che di recente hanno investito nell'informazione con l'obiettivo di creare una piattaforma innovativa per la regione.  Intanto però del video sul loro sito non c'è più traccia. Un altro mistero in questo thriller che ruota intorno alla location del “Boss delle cerimonie”, il Grand Hotel “La Sonrisa” di Sant’Antonio Abate in provincia di Napoli.

L’inchiesta pubblicata un mese fa dall’Espresso, aveva sollevato il caso: dietro quella struttura potrebbero esserci interessi riconducibili al boss della Nco, Raffaele Cutolo. Un’ipotesi investigativa, è stato spiegato ai nostri lettori, sorta dopo le parole carpite in carcere durante un colloquio tra don Raffaè e sua nipote: «Vedi, c’è una località dove comprammo un vecchio rudere spagnolo, 700 milioni no?… Adesso vale sessanta miliardi (di lire, ndr). Eravamo quattro soci, no… Tre stanno lì… Dove fanno il festival della canzone…».

Che il Grande Hotel La Sonrisa sia da anni riconosciuto come il Palazzo del Festival della canzone napoletana lo ammette lo stesso Polese nell’intervista televisiva: «E’ questo qua!», dice. Ma l’ex proprietario del Castello mediceo di Ottaviano, bene confiscato alla criminalità organizzata dallo Stato nel 1991, respinge con forza l’ipotesi che Cutolo abbia a che fare con “La Sonrisa”. Non con una smentita ma con una minaccia di querela accompagnata da parole dure, specie se pronunciate da un condannato per favoreggiamento alla Camorra di Cutolo: «la pagheranno cara!».

Fatto sta che è il video non è più disponibile online sul sito dell'emittente. E' il secondo caso in un mese di notizie che evaporano senza lasciare traccia. Il blocco delle rotative in Calabria e la mancata uscita de “L'Ora della Calabria” con la notizia dell'indagine sul figlio del senatore Antonio Gentile,  delfino del ministro Alfano, ha fatto discutere e ha portato alle dimissioni del politico Ncd da sottosegretario. Nel caso campano la dirigenza esclude di aver ricevuto pressioni, ma il risultato è identico: la scomparsa dei fatti. 

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