Possibile? Meglio le larghissime intese piuttosto che seguire le simpatie locali del partito? Assolutamente sì: «Non è questione di centrodestra o di centrosinistra», ha ribadito l'ex primo cittadino di Torino: «Sono coerente con le mie idee. E sono coerente con quello che ho sostenuto alle passate elezioni in Val di Susa, dove sarebbe stato necessario sperimentare delle liste "Si Tav" al di fuori degli schemi di appartenenza e dai fronti di politica nazionale».
Plano guarda il conflitto dal lato opposto: «Non posso che essere profondamente dispiaciuto per queste dichiarazioni», risponde a “l'Espresso”: «Per me non è più nemmeno una questione di principio. Ma di realismo. E Chiamparino dovrebbe essere il primo a sostenerlo. In Piemonte la sanità è al collasso. Dobbiamo chiudere gli ospedali. La povertà è esplosa. Un buon amministratore dovrebbe capire le priorità del suo territorio, e dare a quelle la precedenza. Non mi compro una Ferrari se non riesco a pagare il mutuo».

Il candidato della discordia, quello stesso Plano che fino a poco tempo fa rischiava di essere espulso dal Pd proprio per le sue posizioni No Tav e ora si trova a rappresentarlo, non indietreggia, insomma. Anzi, rincara: «Chiamparino dice che non mi sosterrebbe? Bene, io che avevo dichiarato che l'avrei votato, proprio perché penso sia importante rispondere in modo forte ai problemi del Piemonte, dovrò cercare un altro candidato».
La segreteria locale del partito aveva ricevuto pressioni perché Plano fosse espulso. Rimaste dietro le quinte, mentre lui, per 10 anni sindaco di Susa, poi presidente della comunità montana, battagliero anti-Tav («Anche se non ho mai fatto male a nessuno né ricevuto comunicazioni giudiziarie») preparava la lista civica, indipendente: «perché preferisco rispondere ai miei cittadini che alle indicazioni di Roma. Sono loro ad eleggermi, non i tesserati», dice.
Così, nello stesso partito, si ritrovano ora in primo piano persone come lui e come il senatore Stefano Esposito, che del sostegno alla Tav hanno fatto un simbolo, tanto da ricevere per questo anche avvisi e minacce. «Anche Pier Luigi Bersani è venuto a rampognarci una volta», racconta Plano: «Ma ha capito che abbiamo il diritto di difendere la nostra terra. E che se anche siamo una minoranza, dobbiamo rimanere». Insomma, la polemica non si placa. Anzi, è appena ricominciata.