Attualità
14 gennaio, 2015Aveva perlustrato discariche, cave, seguito indagini contro i signori dei rifiuti. Per anni. Quei materiali nocivi, a cui si era esposto per dovere investigativo, gli avevano procurato un tumore. Per il quale è morto la primavera scorsa. Ora, grazie anche a una petizione online, lo Stato risarcisce finalmente la sua famiglia
Roberto Mancini, il poliziotto ucciso dalla Terra dei Fuochi, riconosciuto "vittima del dovere"
Sue, le indagini sulla Terra dei Fuochi che già alla fine degli anni '90 dimostravano nomi e interessi di chi nascondeva morte sotto le terre campane. Sue le testimonianze preziose per la commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti alla ricerca di numeri e fatti per quantificare un disastro ambientale e sociale che brucia ancora ogni giorno. Sua, la rabbia per una giustizia che non ha fermato i colpevoli in tempo. E suo, solo adesso, solo dopo la sua scomparsa nella primavera scorsa, il titolo ufficiale di "vittima del dovere" riconosciuta dal ministero dell'Interno.
Affinché la sua perseveranza, le sue ricerche, e quel tumore al sangue causato proprio dall'esposizione a sostanze tossiche e radioattive, non fossero dimenticati, era stata lanciata una petizione online. Che in poche settimane aveva raccolto 75mila firme e centinaia di messaggi di solidarietà, mossi anche dall'indignazione per uno Stato che a un suo rappresentante tenace, che pagava con la malattia il suo lavoro, non aveva riconosciuto che 5mila euro di risarcimento. Più una beffa che un premio.
Ora, dopo mesi di carte, richieste, articoli, e migliaia di firme, il ministero dell'Interno ha riconosciuto il fatto che ad ucciderlo è stato l'impegno nel servire lo Stato, e che per questo la famiglia ha diritto a un aiuto e lui alla memoria di chi è morto compiendo il suo dovere.
«Finalmente il Ministero dell'Interno ha riconosciuto Roberto Mancini come vittima del dovere», scrivono la moglie e la figlia in una nota in cui ringraziano tutti i firmatari della petizione su Change.org: «Il suo importantissimo lavoro sul traffico di rifiuti tossici è servito a molte cose e adesso questo è ufficialmente riconosciuto. Non esiste indennizzo adeguato per l'assenza di mio marito e del padre di mia figlia, tuttavia è giusto che chi ha dato la propria vita per il bene di tutti, venga almeno omaggiato dalle istituzioni»
Affinché la sua perseveranza, le sue ricerche, e quel tumore al sangue causato proprio dall'esposizione a sostanze tossiche e radioattive, non fossero dimenticati, era stata lanciata una petizione online. Che in poche settimane aveva raccolto 75mila firme e centinaia di messaggi di solidarietà, mossi anche dall'indignazione per uno Stato che a un suo rappresentante tenace, che pagava con la malattia il suo lavoro, non aveva riconosciuto che 5mila euro di risarcimento. Più una beffa che un premio.
Ora, dopo mesi di carte, richieste, articoli, e migliaia di firme, il ministero dell'Interno ha riconosciuto il fatto che ad ucciderlo è stato l'impegno nel servire lo Stato, e che per questo la famiglia ha diritto a un aiuto e lui alla memoria di chi è morto compiendo il suo dovere.
«Finalmente il Ministero dell'Interno ha riconosciuto Roberto Mancini come vittima del dovere», scrivono la moglie e la figlia in una nota in cui ringraziano tutti i firmatari della petizione su Change.org: «Il suo importantissimo lavoro sul traffico di rifiuti tossici è servito a molte cose e adesso questo è ufficialmente riconosciuto. Non esiste indennizzo adeguato per l'assenza di mio marito e del padre di mia figlia, tuttavia è giusto che chi ha dato la propria vita per il bene di tutti, venga almeno omaggiato dalle istituzioni»
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