La reazione del mondo islamico contro gli attentati di Parigi e Mali. Manifestazioni e Roma e in altre città italiane. Parlamentari, sindacalisti e tanti giovani: "L'Isis è un cancro". "Non siamo noi il nemico"

Un cartello, “L'Isis è un cancro nel corpo islamico”. Un secondo cartello, “Not in my name”. Piove a dirotto, poi smette per pochi minuti, e ricomicia. Il piccolo palco a metà di piazza di Santi Apostoli, a Roma, diventa un riparo dalla pioggia. Una maglietta, “I'm muslim, I'm not a terrorist”, rilancia lo stesso messaggio di un utilissimo video prodotto da BuzzFeed, girato moltissimo in rete anche in questi giorni.
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La piazza piano piano si riempie, ci sono alcuni parlamentari italiani, c’è una delegazione della Fiom, con Maurizio Landini e gli inconfondibili impermeabili rossi dei metalmeccanici, ci sono le associazioni della comunità islamica. Di Roma e non solo. “Non siamo noi il nemico” è lo striscione che tengono teso uomini e donne del muslim center di Torpignattara, quartiere della prima periferia della capitale. E poi ci sono tre ragazzi piemontesi, venuti con i padri.



Hicham ha sedici anni e vive a Ivrea e mi racconta che al carnevale dove tirano le arance lui ci va sempre, ma a vedere così si risparmia gli occhi neri e perché per stare sopra i carri, invece, si paga troppo. Abdelhai, sedici anni anche lui, dice invece di vivere in un paesone, che poi scopro esser Biella. E poi c’è Ghoufran, che è più grande, di anni ne ha 18, è la ragazza del gruppo, e ha il velo. Lei abita a Rivarolo Canavese dove già due giorni fa c’è stata una fiaccolata per Parigi.

la manifestazione
Milano, Islam in piazza contro il terrore
21/11/2015
Mentre parliamo, attorno a noi ci sono altri cartelli. “L’Islam è contro l’Isis”, “Il Corano è contro la violenza”, “Credenti e non credenti insieme contro il terrore”. Una signora, poco lontano da noi, blocca un giornalista a metà domanda, pregandolo di rifarla meglio: «Non lo chiamate Stato Islamico, mi faccia il favore. Sono delinquenti che vanno in giro a uccidere innocenti».

Ghoufran fa lo scientifico, gli altri due l’istituto tecnico per geometri. Non sono mai stati a Roma. «È la prima volta», mi dicono in coro. Non resteranno che poche ore, «e mi spiace così tanto di vedere quel poco che riusciremo con la pioggia», aggiunge Ghoufran.
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«Ma quando ci sono le manifestazioni piove sempre, è un classico», nota Abdelhai, che però in realtà non è che sia proprio un habitué di cortei e sit in. Tutti e tre hanno fatto altre manifestazioni sì, «una a Bologna, l’anno scorso», ad esempio, sempre - dicono - «in difesa dell’Islam». Ma solo Ghoufran ha una certa confidenza con le piazze: «Ho partecipato con Libera ad alcune iniziative, alle fiaccolate o cose così», mi racconta prima di dirmi che lei è qui perché «l'unico mezzo per difenderci è far conosce la nostra religione».

E con il velo che porta sempre e da quando aveva undici anni, a Ghoufran far conoscere la propria religione è una cosa che è toccata spesso. E che non le dispiace, è chiaro: «La diffidenza che incrociamo viene solo da quelli che non sanno nulla di noi né della nostra religione, e infatti a scuola dove mi conoscono e dove più volte abbiamo discusso di questi temi, non ho particolari problemi». Sì, qualcuno ogni tanto «imita Salvini», dei compagni delle altre classi, ma soprattutto in rete, da lontano, «che poi se magari ne parliamo in classe, abbassa subito la testa».

Sui social network, sì, c’è qualche difficoltà in più. «Ha ragione la mia professoressa», interviene Abdelhai, «che ci dice che dovremmo leggere più giornali, guardare più tg, e fidarci meno di Facebook». «Ma io lì ho saputo cosa era successo a Parigi», continua, «e sono stato malissimo per giorni. Sto ancora male, e per questo sono qui». Abdelhai va spesso in moschea, «prego e faccio i compiti». Ci va lui e ci vanno i suoi sette fratelli. Per scendere a Roma ha saltato la lezione di arabo, che frequenta ogni sabato: «Da noi si dice bucato», mi corregge. «Molte volte», continua parlando di facebook, «devo leggere cose cattive, e sbagliate, ma sono contento quando vedo dei miei coetanei che con i loro post difendono i valori dell’Islam, di cui magari sanno poco ma sanno più di chi non sa niente e parla a sproposito».

E chi parla a sproposito, secondo Ghoufran, «dice oggi le stesse cose che diceva dopo Charlie Hebdo e dopo il 2001, le solite cose», e dimentica che «in ogni religione c'è un versetto, una frase che può incitare alla violenza». E in ogni testo sacro ci sono invece passaggi che invitano alla pace. «Chiunque uccide un'anima è come se avesse ucciso l'umanità intera, e chiunque la salvi è come se avesse salvato l'umanità», è la citazione del Corano che fa Hicham, «è un bellissimo versetto, perché non ci si concentra su questo?».