Nato, l’esercitazione Trident tra manifestazioni e atterraggio di fortuna
Il più grande war game dalla fine della guerra fredda ha scatenato proteste e cortei nell’ultima settimana tra Sardegna e Sicilia. Dove all’interno del parco di Selinunte sono atterrati due elicotteri americani in panne
di Michele Sasso
3 novembre 2015
Tre manifestazioni di “Non benvenuto” con migliaia di partecipanti, un atterraggio di fortuna di due elicotteri americani e tante polemiche. È il bilancio dell’operazione Trident, l’esercitazione Nato con base in Sardegna che schiera oltre 230 unità terrestri, aeree e navali e forze per le operazioni speciali di 28 paesi alleati e 7 partner, con 36 mila uomini impegnati in un grande gioco alla guerra tecnologica.
La più grande esercitazione dopo la fine della guerra fredda è partita sui titoli di coda della stagione turistica il 3 ottobre, e si concluderà il prossimo sei novembre. La muscolare presenza di truppe e mezzi ha rinfocolato le proteste contro le basi sull’isola, dove si concentra il 60 per cento di tutti gli insediamenti militari italiani.
Sabato 31 ottobre cinquemila persone hanno sfilato per le vie di Cagliari. Non solo gli appartenenti alle 40 sigle che hanno aderito alla manifestazione, ma anche tanti cittadini, politici, fra i quali il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, e molti consiglieri regionali. Il “No alle esercitazioni” e alle basi prestate ai war games non è un tema relegato al perimetro dell’associazionismo. Qui è trasversale ad ogni schieramento politico e patrimonio di militanza ambientalista e sociale.
«Sono un cittadino che partecipa a una marcia per la pace, contro la guerra» ha detto l'assessore regionale agli enti locali e urbanistica Cristiano Erriu: «Sono convinto che ci sia un eccesso di servitù, bisogna riconvertire i territori ad usi sociali e collettivi con la gradualità del caso e con determinazione». Ancora più tranchant don Ettore Cannavera, ex cappellano del carcere minorile di Quartucciu e anima della militanza pacifista: «Le bombe servono solo per uccidere se non manifestiamo siamo complici delle morti».
Franco Uda è portavoce della Tavola sarda della pace, il coordinamento di onlus laiche e cattoliche che hanno organizzato il corteo pacifista: «Siamo molto contenti perché abbiamo contrapposto alla più grande esercitazione una presenza di cinquemila persone che chiede a gran voce di intervenire contro la sproporzionata presenza di servitù nella nostra isola».
Martedì 3 novembre un altro corteo, questa volta a Teulada, a cavallo tra la costa del Sud del Sulcis-Iglesiente e le montagne del Sulcis. Una manifestazione blindata dopo il divieto della questura di avvicinarsi al poligono. Ecco il bilancio: i mille arrivati fino a qui hanno trovato strade sbarrate, cariche della polizia e dieci manifestanti entrati nel perimetro della base denunciati per aver oltrepassato il confine militare.
SIAMO ALLA BASE DI SIGONELLA?
Anche in Sicilia lo scorso sabato un migliaio di persone hanno sfilato a Marsala, dove si sono concentrati i manifestanti contro l’uso dell’aeroporto di Trapani-Birgi come base per gli aerei che volano verso la Sardegna. «Quello che ci preoccupa di più è il rischio di avere l'aeroporto bloccato per diverso tempo come dopo l'operazione in Libia. Ai vertici militari contestiamo la mancanza di chiarezza in proposito», ha dichiarato Francesco Ingianni del coordinamento “No guerra, no Nato”.
Ad attirare l’attenzione sull’esercitazione è stata però una notizia di cronaca. Cinque giorni prima due elicotteri americani sono atterrati dentro il parco archeologico di Selinunte (in provincia di Traoani) dove i greci fondarono una colonia sull’isola. Cercavano la base dell’aeronautica di Sigonella ma gli americani a bordo hanno messo piede tra i templi e gli scavi, in una zona di pascolo. Ad avvisare della strana visita il rumore delle pale, un grande spostamento d'aria che piega l’erba alta e due grandi elicotteri da guerra che atterrano all’improvviso su una radura. Atterraggio d’emergenza a causa di un’avaria al rotore della coda in uno dei due mezzi.
«I militari cercavano la base di Sigonella, probabilmente l’approdo più sicuro per rientrare, così abbiamo contattato i carabinieri e abbiamo cercato di aiutarli», ha spiegato Giuseppe Scuderi, dirigente del parco. Un’operazione non semplicissima dato che nessuno di loro parlava italiano e che si è sbloccata grazie all’intervento di una persona che parlava un buon inglese. Dopo tre ore sono ripartiti non senza uno strascico di polemiche sulla sicurezza.
Il 19 giugno scorso, il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha negato l'esistenza «di qualunque rischio» correlato all'esercitazione, ricordando il «rigido controllo da parte degli organi preposti allo scopo di salvaguardare la sicurezza del personale e della popolazione, oltre alla tutela ambientale del territorio».