Appello femminista contro l'utero in affitto. E c'è chi dice: "E' una mossa sbagliata"

Firmatari famosi contro la maternità surrogata, già vietata per legge in Italia. Con toni che, secondo Chiara Lalli, ricordano "il patriarcato che vogliamo combattere", mentre per Maddalena Gasparini la maternità surrogata è "una contrattualità portata alle estreme conseguenze". Un dibattito che si riapre in un momento delicato per la legge sulle unioni civili

L'attrice Stefania Sandrelli, la regista Cristina Comencini, Dacia Maraini, ma anche l'archeologo Paolo Matthiae, le Suore orsoline di Casa Rut a Caserta, Claudio Amendola, Aurelio Mancuso (ex presidente di Arcigay e oggi di Equality Italia).

Sono tra i firmatari dell'appello promosso dall'associazione 'SeNonOraQuando Libere' e rilanciato da La Repubblica con un articolo dal titolo «Femministe contro l'utero in affitto». L'appello chiede che la maternità surrogata, già vietata in Italia dalla legge 40, venga messa al bando nel resto d'Europa.

LEGGI Il testo dell'appello

L'iniziativa è l'ultimo passo di un dibattito che da lungo tempo coinvolge il mondo del femminismo italiano e delle associazioni Lgbt, in un momento in cui traballa la legge sulle unioni civili - prima, parziale norma per il riconoscimento delle coppie omosessuali - bersagliata giornalmente dai movimenti cattolici che vedono nella “stepchild adoption”, il riconoscimento dei figli di un partner da parte dell'altro, un possibile ponte verso l'utero in affitto.

L'appello è rimbalzato in rete e fa schierare il mondo femminista su fronti opposti. La posizione che ha preso, infatti, secondo alcune voci è sbagliata. Per tempi, per modi, per contenuti. Perché “le femministe” non la pensano tutte allo stesso modo.

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Per Chiara Lalli, bioeticista, scrittrice, collaboratrice di Internazionale, ad esempio, c'è molto che non va: «Ma di cosa stiamo parlando? Di un appello che parte dal presupposto che le donne non possono scegliere, mai. Perché sono cretine, a quanto pare, secondo i promotori dell'iniziativa – attacca – Lo spirito che muove l'iniziativa è lo stesso atteggiamento paternalista e patriarcale che il femminismo ha sempre promesso di combattere. Significa avere la presunzione che per i propri principi morali si può scegliere a nome di tutte le donne. Ma non siamo noi quelle che dicono che "il corpo è mio e me lo gestisco io?"». I firmatari parlano di mercato, di sfruttamento, di bimbi venduti: «Dicono che l'utero in affitto è “usare le donne come un forno”. E invece loro? Che pensano che nessuna donna sappia scegliere? Le considerano allora un elettrodomestico», continua Lalli: «È allucinante poi che tutto venga ricondotto al problema dello sfruttamento e degli abusi. È ovvio che siamo d'accordo, che le ragazze indiane non devono essere sfruttate. Ma possibile non si riesca a distinguere? E che per via di questi abusi si debba giustificare il mettersi sullo scranno di chi decide cosa può fare una donna col proprio corpo?». Allora mettiamo al bando il Bdsm, a portare all'estremo lo stesso principio, dice «perché se il mio corpo non mi appartiene, la mia esistenza nemmeno, allora decidete voi su tutto».
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Maddalena Gasparini, medico neurologo e vice coordinatore del gruppo di studio di bioetica e cure palliative della società italiana di neurologia, anche lei su posizioni femministe, la pensa molto diversamente. Ed è contro la maternità surrogata. Ma nonostante questo "contro" chiede di tenere distinta «la valutazione della procedura e gli aspetti giuridici». «Non penso che si possa imporre ad altri o ad altre come usare il proprio corpo - dice - applicando la propria morale a quella altrui». «Ma questo non toglie che sono contraria, perché è una pratica mediata dal denaro, che rientra nel mercato, e che ci mette quindi di fronte a una domanda molto profonda sulle scelte di libertà delle donne. E io penso che qui si parli di una contrattualità portata alle estreme conseguenze».

C'è un punto che entrambe, Gasparini e Lalli, ci tengono a precisare, pur da posizioni tanto distanti sui contenuti chiave: a ricorrere alla “gestazione per altri”, com'è chiamata la maternità surrogata, sono soprattutto coppie eterosessuali, come dimostrano i processi ora in corso in Italia per quelle coppie che sono state fermate al confine e accusate di aver falsificato gli atti di nascita del figlio, portato in grembo altrove da una donna esterna alla coppia. «Questo significa che non è una questione di omofobia opporsi all'utero in affitto», vuole ribadire Gasparini.
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Non lo è, non lo sarà. Di sicuro però l'appello e la sua risonanza – “lo dice pure Repubblica”, scrive Adinolfi – si inserisce in un dibattito infuocato in Italia, tra complotti gender e l'opposizione anche interna alla maggioranza di governo alla legge sulle unioni civili che vuole provare a introdurre in Italia la stepchild adoption. «Ho fatto decadere tre volte la giunta Alemanno, a Roma, con i ricorsi sulla presenza delle donne: non posso certo esser accusata di non avere una formazione femminista. Io sono femminista – dice infatti Monica Cirinnà, la senatrice dem di cui la legge in discussione porta il nome – Ma è evidente che tirare fuori oggi un appello contro la gestazione per altri, in Italia e adesso, è un assist - spero non voluto - a chi vuole affossare la legge sulle unioni civili e la stepchild adoption».

«In Italia – ribadisce Cirinnà – la gestazione per altri è vietata dalla legge 40. Vietata e perseguita. E in nessun modo la legge sulle unioni civili che stiamo faticosamente cercando di far passare rivede questo aspetto. Le coppie vanno all'estero, e non è certo il Parlamento a doversi porre il problema di interrompere - qualora lo si ritenesse opportuno - le relazioni con Stati che non sono certo Stati canaglia, come il Canada o gli Usa, che consentono questa pratica». E qui si cela una domanda che si stanno facendo in molti: qual è l'obiettivo dell'appello circolato in questi giorni?

La risposta potrà essere "solo una questione morale e culturale", "un'esigenza di dibattito". Ma è vero che «se, usando anche questo appello, vincerà chi chiede di inserire nel titolo V della legge sulle unioni l'esplicito divieto dell'estensione della responsabilità genitoriale ai bambini nati all'estero con una gestazione per altri, avremo l'unico risultato di discriminare gli stessi bambini – conclude la senatrice del Partito Democratico – i bambini e i loro genitori».

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