Inchieste
1 gennaio, 2014

Maternità in affitto, il grande business Ma in Italia si rischia il carcere

La nostra legge vieta di ricorrere a una madre surrogata per poter avere un figlio con il proprio dna. Ma in molti paesi questa pratica è legale. Così molte coppie vanno all'estero, spendendo cifre dai 30mila ai 120mila euro. E, tornando, rischiano di passare guai legali e di vedersi togliere il figlio

'Sofia339' chiede, 'Fede' risponde. In Italia le coppie che vogliono avere un figlio da una “mamma in prestito” si incontrano così: sui forum, dietro nickname, false residenze, richieste cifrate. Cercano di non farsi beccare, perché in Italia è illegale diventare genitori con un “utero in affitto”, ovvero chiedere a un'altra donna di portare in grembo un figlio non suo.

Le nostre rigide leggi alimentano in questo modo un mercato di viaggi della speranza e cliniche compiacenti nei paesi dove invece la gravidanza surrogata è permessa e legale. Le donne italiane devono nascondersi anche solo per parlarne, perché per la legge 40 sulla procreazione assistita è considerato reato pubblicizzare la gestazione di sostegno. «Dopo la morte di suo figlio e l’impossibilità di averne un altro una mia amica ha deciso di ricorrere alla maternità surrogata», racconta Raimonda su un sito web: «Ci sono voluti due anni ma alla fine ha deciso di andare negli Stati Uniti e tutto ha funzionato alla perfezione».

Ogni anno decine di genitori partono senza figli da Roma, Milano o Cremona e tornano padri e madri felici, grazie a donne che affittano il proprio utero per nove mesi a chi un figlio non può averlo. Le mete più gettonate sono Stati Uniti, Canada, Ucraina, Armenia, Georgia, Russia, India, Africa del Sud e Creta. Per avere un figlio da mamma a tempo determinato occorrono cifre consistenti: fino a 120 mila euro negli States, 30-40 mila euro in Ucraina. Solo 25 mila in India. Un affare da milioni di euro che serve a garantire la filiera di documenti, l'assistenza sanitaria e le tutele legali.

QUANT'È SEMPLICE OLTREOCEANO
In diversi stati del Nord America le donne che decidono di mettere a disposizione il proprio corpo per i figli altrui sono ben pagate, assicurate e protette. Per nove mesi portano in grembo un bimbo che alla nascita ritornerà ai donatori. «La coppia forma gli embrioni e li trasferisce in una donna che spesso ha già avuto altri figli», spiega Andrea Borini, ginecologo, presidente di Pro-Fert, società italiana di conservazione della fertilità. Firmano un contratto e alla nascita vengono dati al bambino i documenti voluti. Semplice, in California o a New York, dove la maternità surrogata è legale e ci sono ottime garanzie sanitarie e certificati in ordine (il nome della madre surrogata non compare sui documenti del bambino). Lo dimostrano le paternità di Robert De Niro e Dennis Quaid, ma anche del cantante Ricky Martin. Tra i vip che hanno scelto questa strada c’è anche Sarah Jessica Parker, la protagonista della serie “Sex and the city”.

«In California, dove siamo andati noi, alla mamma è stata garantita assicurazione medica per tutta la gestazione e ci siamo incontrati spesso di persona per aiutarla. Lei personalmente ha ricevuto circa 30mila euro», racconta Tommaso, portavoce delle Famiglie arcobaleno (l’associazione dei genitori omosessuali) che con il suo compagno ha due bambini concepiti grazie alla gestazione per altri («Non ci piace l’espressione uteri in affitto» spiega lui) e senza intermediari. Si sono rivolti direttamente ad una clinica californiana, che ha gestito la pratica e il contratto dall’inizio alla fine. Arrivare direttamente agli specialisti stranieri è semplicissimo. «Abbiamo trovato la clinica su Internet, arrangiandoci da soli e scambiandoci consigli», racconta chi frequenta i blog e le chat specializzate: «ma questa mancanza di trasparenza crea paura, e rende tutto il processo molto stressante. Per questo facciamo rete tra di noi».

La via americana è però spesso troppo costosa. Così si ricorre a soluzioni più abbordabili, nell'Est europeo e in Ucraina, dove si spendono dai 30 ai 60 mila euro. I rischi, più che sanitari, sono burocratici: in assenza di leggi che tutelino i genitori genetici si rischia di rimanere impigliati in un giro di ricatti, con avvocati e agenzie senza scrupoli. Sui giornali arrivano così le storie di coppie costrette a rimanere settimane in Russia dopo la nascita del bambino, di altre pressate da richieste continue di denaro da alcuni mediatori indiani. La maternità surrogata in questi paesi è infatti un groviglio di incertezze, etiche e giuridiche. E ora anche fonte di guai con la Magistratura italiana, soprattutto per chi ritorna dall’Ucraina.

E SE FINISCO IN CARCERE O MI TOLGONO IL BAMBINO?

L’ultimo caso è scoppiato a novembre: a due genitori volati a Kiev per avere un figlio è andata male. Non soltanto dovranno presentarsi all’udienza a gennaio davanti al tribunale di Cremona, ma i giudici hanno pure tolto il bimbo (che nel frattempo aveva già trascorso un anno e mezzo con loro), affidandolo a una struttura protetta. La coppia in questione abita nei dintorni di Crema e si era rivolta al “Biotexcom center” di Kiev versando 60 mila euro. Ma la loro storia non è l'unica.

Per avere tra le braccia un figlio proprio, due coniugi residenti sul lago d'Iseo, nel bresciano, hanno deciso di andare oltre confine. La loro vicenda è esemplare: marito e moglie si rivolgono a un'organizzazione attiva tra Foggia, Milano e Bergamo, e arrivano fino a Kiev per prendere accordi con la donna che partorirà. Grazie ad una rete di intermediari locali pagano la clinica dove nascerà il neonato e aspettano pazientemente. La gravidanza della donna prescelta avanza senza problemi, le ecografie mostrano l'arrivo di due gemelli. Versano i primi acconti per le spese mediche e legali (in Rete si trovano i prezzi nel dettaglio) e finalmente a maggio 2011 nascono i bebè. Proprio il giorno precedente al parto la coppia bresciana vola a Kiev per tornare con i due gemelli. Il costo pattuito, secondo la ricostruzione del sostituto procuratore di Brescia Ambrogio Cassiani, è di circa 50mila euro, con tanto di cartella che certifica falsamente il parto della signora bresciana. Poi il ritorno a casa, dove la coppia chiede la cittadinanza italiana per i due maschietti.

Dallo sportello comunale, la pratica viene girata all'ambasciata ucraina di Roma. E qui il piano inizia a scricchiolare. I funzionari si insospettiscono e chiedono approfondimenti alla Procura. Che scopre che la donna bresciana non è mai stata incinta e che a partorire è stata una giovane ucraina. Il Dna prova che il padre è invece italiano. Per la legge ucraina nessun problema, ma nel nostro Paese si rischiano fino a 15 anni per il reato di alterazione di stato, ovvero la falsa dichiarazione del certificato di nascita.

«È assurdo rischiare una pena così alta solo per aver forzato le maglie di una delle leggi tra le più restrittive del mondo in materia riproduttiva», sostiene Ezio Menzione, avvocato specializzato nella difesa delle minoranze. I genitori bresciani sono stati rinviati a giudizio ma le segnalazioni arrivano dall’intera Penisola: neo genitori rientrati con il figlio e incappati nei controlli a Roma, Bologna, Venezia, Pordenone, Milano. Con destini diversi: a Trieste una coppia è stata assolta con formula piena.


EPICENTRO KIEV
Le somme richieste dai centri medici in Ucraina rappresenta in quel paese una vera fortuna. Alla mamma in affitto vanno diecimila euro (sufficienti a comprarsi una piccola casa), altrettanti alla clinica per le ecografie false, per i medici che si prestano a certificare ferite da taglio inesistenti o visite ginecologiche improbabili, fino alla falsificazione del certificato di nascita.

L’organizzazione incassa cifre consistenti anche per gli avvocati che fanno da reclutatori, per l’interprete e per i soggiorni in Ucraina. Il conto viene saldato attraverso bonifici o contanti. Un pacchetto tutto compreso che alimenta un mercato della maternità totalmente fuori controllo. «Dovrete fare molta attenzione ai millantatori che lavorano illegalmente per truffarvi. Attenzione a chi vi assilla con molteplici telefonate o pretende di mettervi fretta. Pensa solo ai vostri soldi», avvisano dal centro studi Italo Ucraino che si occupa anche di maternità surrogata. «Certo in Ucraina costa meno, rispetto ad altri paesi, ma si devono comunque aggiungere i soldi per pagare le spese legali necessarie ad ottenere l'iscrizione del neonato nel registro dello stato civile davanti alla Procura della Repubblica ed eventualmente davanti al Tribunale dei minori», precisa l’avvocato bolognese Giorgio Muccio.

In Europa però c'è poca scelta: le mamme in affitto sono legali solo in Gran Bretagna, Grecia, Paesi Bassi e Romania. Ma le coppie italiane di solito si rivolgono altrove. L’isola di Creta è l'ultima meta per le tariffe low cost: 9 mila euro per la gestazione (la cifra fissata per legge), 2-3 mila euro per le spese mediche, a cui bisogna aggiungere il costo degli avvocati, per il ricorso al giudice e il lungo soggiorno sull'isola.

IN ITALIA NO NO NO
Porre fine a questa rete di affari illegali è un obiettivo ancora lontano. In Italia infatti il dibattito è inesistente. Se si affaccia, è in direzione opposta a quella dell'apertura alla legalizzazione di queste pratiche. Eugenia Roccella, deputata Pdl, ha appena fondato il comitato “Di mamma ce n’è una sola” per ribadire il suo no alla maternità surrogata. «C’è bisogno di sensibilizzazione contro questo fenomeno in espansione in tutto il mondo», spiega Roccella: «quello di donne, indigenti e molto spesso analfabete che, a pagamento, affrontano una gravidanza sapendo che poi cederanno il neonato. Il nostro obiettivo è una raccolta firme tra i deputati, perché c’è bisogno di costruire un’alleanza contro questo turismo riproduttivo». Per gli altri politici il tema è un terreno accidentato di posizioni ideologiche dal quale è meglio stare alla larga. Così le donne italiane che non possono concepire ma vorrebbero ugualmente avere un figlio con il loro Dna e il loro volto continuano a rivolgersi all’estero. Con tutti i rischi del caso.

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