Il dibattito sulla maternità surrogata è solo la parte pubblica dello scontro che ha spaccato il movimento. Tra divergenze politiche, personalizzazione e troppo trasversalismo

Cosa resta di Se non ora quando e perché le femministe si sono divise

“Se non ora quando - factory” prende le distanze dall’appello contro «l’utero in affitto» lanciato da “Se non ora quando - Libere”. Basterebbe già questo per raccontare le divisioni del fronte del femminismo in Italia, a poco meno di cinque anni da quello che poteva sembrare, e per certi versi è sicuramente stato, un momento d’oro, le piazze del 13 febbraio 2011 che si riempivano di donne.
il caso
Appello femminista contro l'utero in affitto. E c'è chi dice: "E' una mossa sbagliata"
4/12/2015

Erano tutte insieme sul palco. C’erano donne di sinistra e anche alcune donne di destra, ma erano i tempi di Berlusconi e all’epoca anche il centrosinistra, si può notare, era tutto unito, e non servivano gli appelli di Pisapia. Un miracolo, vista la storia dei successivi tre governi. Era più facile stare insieme, con un avversario così, nell’Italia delle «vergini offerte al drago» denunciata dal lettera di separazione di Veronica Lario. Le sorelle Comencini, è il dato buono per le cronache, non si sarebbero mai smentite l’un l’altra. Un tempo erano nello stesso comitato promotore, e oggi invece Francesca è tra le animatrici di Snoq - Factory e Cristina è in Snoq - Libere.

"Se Non Ora quando Factory" si dissocia dall’appello lanciato dal gruppo "Se Non Ora Quando Libere" sotto la sigla "Se...

Posted by Se Non Ora Quando - Factory on Venerdì 4 dicembre 2015
Non si cada nella banalizzazione, però. La divisione del fronte non è una vicenda tra sorelle, ma è legata a vere e proprie distanze politiche, come dimostra la vicenda dell’appello contro la gestazione per altri (così per esempio preferirebbero si chiamasse la pratica della maternità surrogata, le donne di Snoq - Factory, dando una connotazione meno negativa). Ed è fatta di molti chiaroscuri, come ci fa giustamente notare un’attivista: «I temi che ci vedono divise, sono questioni di coscienza, non banali. Sono argomenti importanti, spesso assenti dal dibattito pubblico, ed è quindi un errore raccontare tutto come fosse un bisticcio».

Come se fosse una questione di protagonismo, che pure certo conta, nel femminismo così come in altri movimenti e nei partiti. «La narrazione delle femministe che si dividono», è però la raccomandazione che riceviamo, «è una narrazione di comodo e distruttiva. Che ignora come sia difficile esser tutte d’accordo su temi come la gestazione per altri».

È vero. Maggioranze diverse e variabili si potrebbero avere e infatti si hanno su altri temi che investono le coscienze, come la prostituzione, nel continuo bilico tra le esigenze di libertà e i pericoli della mercificazione. Però è anche vero che la frattura, oggi uscita in tutta la sua evidenza, viene da lontano. Dalle ultime elezioni politiche, per esempio, quando saltò fuori la candidatura di Fabrizia Giuliani, oggi deputata del Pd, docente di filosofia del linguaggio alla Sapienza a Roma e animatrice del movimento del 2011. Movimento che però aveva deciso di non avere candidati ufficiali, così come si proponeva di non avere particolari legami politici.

Ma Fabrizia Giuliani - moglie di Claudio Mancini, si notò pure all’epoca, depennato dalle liste per la vicenda delle spese pazze in regione Lazio - si presentò e fu presentata come la candidata di Snoq. E un conto è brindare per la presenza femminile in parlamento che passa dal 20 al 32 per cento, altro è avere proprie candidate. In più Giuliani fu candidata in Lombardia, dove il movimento delle donne aveva magari in mente altre candidature. In città la candidatura blindata non fu presa benissimo, e si ricorda un post molto critico di Marina Terragni. Lì cominciò a delinearsi la rottura tra l’ala sinistra del movimento - dove oggi troviamo anche la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, anche lei eletta nel 2013 ma con una storia di sindacalismo alle spalle - e quella che potremmo definire più di destra, di Cristina Comencini e Francesca Izzo, che viene - per carità - da una vita nell’orbita del Pci prima e dei Ds poi.

Se non ora quando, è stato da sempre un movimento composto da più anime, come chiarisce subito l’account twitter che fu ufficiale e che oggi, così come la seguita pagina facebook, cerca di continuare il lavoro di rete del femminismo. Ma è interessante capire le distanze.Cosa rimane di un’onda che portò alla nascita di 140 comitati in tutta Italia, alcuni nati dall’aggregazione di realtà già esistenti, altri cresciuti dove prima non c’era nulla? Di quei 140 comitati attivi ne restano molti meno. Una trentina, forse. A Bergamo, a Lodi, a Barletta, a Pulsano in provincia di Taranto, per dirne alcuni. E ognuno ha la sua linea e le sue attività.

Il comitato di Bolzano, ad esempio, lavora molto sull’immagine della donna, non concentrandosi sulle sole pubblicità, ma lavorando anche sulle fiabe per bambini. Il lavoro certo non manca: «Abbiamo dovuto aspettare il 2013, con Frozen», mi fanno notare, «per avere il primo film Disney che racconta alle bambine che non serve un principe per salvarsi». Sia il comitato di Bolzano che il comitato di Torino hanno espresso forte contrarietà all’appello contro la gestazione per altri. Hanno lanciato un contro appello, firmato anche da Varese, Venezia, e altri comitati. «La gravidanza per altri», scrivono da Torino, «è un tema delicato, che ha che fare con scelte individuali e complesse, per questo pensiamo vada affrontato con un dibattito ampio e articolato, non con un sì o un no ad una petizione lanciata, tra l’altro, senza un confronto di tutto il movimento Snoq?».

Il comitato di Torino, che è uno dei più attivi, organizzerà poi per febbraio un’iniziativa sulla conciliazione tra lavoro e famiglia, che va ripensata alla luce del precariato e del telelavoro che è ormai realtà per tanti giovani, donne e uomini. Quella - si scrivono i comitati nelle mailinglist in queste ore - potrebbe esser l’occasione per rivedersi tutti quanti.

Non basta però dunque la sommaria distinzione tra le due anime nate dal fu coordinamento nazionale. Ogni comitato locale ha il suo dibattito, alcuni utilizzano il fortunato brand, altri sono ancora attivi ma hanno cambiato nome, per continuare a lavorare senza venir trascinati nella contesa o in azioni magari poco condivise delle due sigle nazionali. A Reggio Calabria, a Firenze, a Siena, i gruppi hanno trovato altri nomi. In altri casi le stesse donne (e gli stessi uomini) che avevano partecipato a Snoq hanno cercato altre forme e dato vita a progetti nuovi. Tra questi, ad esempio, c’è il blog Femministerie, che considera esaurita l’avventura di Snoq, entrata in crisi, soprattutto, sul tema delle trasversalità, che per Izzo, Sapegno e Cristina Comencini deve esser più larga possibile, politicamente. Anche Femministerie, sul tema della gestazione per altri, aveva fatto circolare, ai primi di novembre, una serie di domande di segno completamente opposto a quelle di Snoq - Factory.

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