Mister Billionaire attacca la nostra inchiesta sui conti svizzeri con un'inserzione a pagamento. Ma può solo confermare la notizia del conto da 39 milioni di dollari registrato a nome di un'ignara cuoca. Soldi che erano di una società offshore di Flavio. E la Guardia di Finanza conferma: usati «fraudolentemente» i dati della dipendente
Flavio Briatore attacca “l'Espresso” sulla lista Falciani, ma riesce solo a segnare un autogol. Mister Billionaire ha pubblicato un «avviso a pagamento» sul “
Corriere della Sera” per contestare la notizia diffusa dal nostro settimanale sulla vicenda della cuoca bresciana, che era stata indicata dalla banca svizzera Hsbc come titolare di un conto da 39 milioni di dollari, risultato in realtà aperto a sua insaputa. Da personaggi rimasti ignoti, che hanno utilizzato «fraudolentemente» le sue generalità, come ha concluso l'indagine della Guardia di Finanza.
«Caso Falciani, la disinformazione oltraggia la verità», è il titolo dell'inserzione pubblicitaria. «Flavio Briatore: la verità sulla cuoca milionaria. Ecco il documento che prova come la cuoca non ha mai avuto un conto personale presso la banca Hsbc». Il documento in questione è una lettera scritta dalla stessa
banca Hsbc su richiesta di una società off-shore di Briatore, la “Formula FB Business Limited”, che ora conferma di essere l'effettiva titolare di quel deposito svizzero. Il problema è che “l'Espresso”, nell'articolo pubblicato il 20 febbraio scorso, aveva scritto proprio questo: quel conto da 39 milioni di dollari non apparteneva all'ignara cuoca bresciana, ma a quella società off-shore di Flavio Briatore. Per consentire ai lettori di ricostruire esattamente la vicenda e capire chi stia facendo disinformazione, pubblichiamo la risposta integrale del nostro settimanale alla versione pubblicata a pagamento a nome di Flavio Briatore.
L'articolo de “l'Espresso”sulla vicenda della cuoca bresciana si fonda sui dati bancari inseriti dalla stessa “Hsbc Private Bank” nel proprio archivio informatico svizzero ed è stato puntualmente confermato dalle indagini già svolte in Italia dalla Guardia di Finanza.
L'archivio della Hsbc, consegnato dal tecnico informatico Hervè Falciani ai magistrati francesi che lo hanno trasmesso alla Guardia di Finanza e alla Procura di Torino con regolari rogatorie, è stato più volte dichiarato «autentico» e «utilizzabile come prova» dalle autorità italiane, come ha certificato, il 9 febbraio scorso, anche
l'alto magistrato della Corte Suprema di Cassazione che è il giudice relatore della prima sentenza definitiva sulla cosiddetta lista Falciani. L'archivio della Hsbc sembrava attribuire alla signora Barbara F., schedata dalla banca svizzera come propria «cliente» (intestataria, in particolare, del «profilo cliente» numero 5090178603), un conto che nel marzo 2006 aveva raggiunto un saldo di oltre 39 milioni di dollari: per l'esattezza, 39.794.578 dollari e 70 centesimi.
Prima di pubblicare gli articoli sulla lista Falciani, “l'Espresso” ha contattato tutti i cittadini italiani inseriti in quell'archivio della Hsbc, offrendo la possibilità di fornire spiegazioni e impegnandosi a riportare le loro risposte,
come è stato fatto per il signor Flavio Briatore, che risultava beneficiario, personalmente o attraverso sue società, di depositi bancari per 73 milioni di dollari. Nell'articolo pubblicato domenica 8 febbraio sul sito de “l'Espresso”, infatti, si legge che Briatore dichiara di essere «da anni residente all'estero» e che, attraverso il suo avvocato Pilippe Ouakra, ha precisato di «avere avuto conti bancari in Svizzera in modo perfettamente legale».
La stessa possibilità è stata offerta a Barbara F,. di cui “l'Espresso” ha sempre evitato di pubblicare il nome (divulgato invece dal signor Briatore) per rispetto della privacy, dopo aver accertato che non era l'effettiva beneficiaria del conto svizzero da 39 milioni di dollari, che le era stato attribuito dalla banca Hsbc per motivi rimasti a tutt'oggi ignoti.
Nell'articolo pubblicato venerdì 20 febbraio, infatti, si legge che Barbara F. ha spiegato a “l'Espresso” di non avere «mai avuto soldi all'estero», di non essere neppure «mai entrata nella banca Hsbc» e di aver scoperto solo nel 2010, quando è stata interrogata dalla Guardia di Finanza, che figurava come intestataria di quel conto, aperto a sua insaputa utilizzando indebitamente le sue generalità. Già in quell'articolo di due settimane fa, inoltre, è sempre “l'Espresso” a rivelare che Barbara F. ha potuto documentare che era «una semplice dipendente» di una società off-shore controllata da Briatore, che si limitava a lavorare come cuoca e che aveva ricevuto soltanto «una carta di credito per fare la spesa con un massimale di 14 mila euro al mese», da lei utilizzabile solo «presentando tutti i giustificativi».
Per trovare conferme alle dichiarazioni della cuoca bresciana, l'Espresso ha quindi verificato che Barbara F. fosse stata effettivamente sottoposta, tra ottobre e dicembre 2010, a un'approfondita indagine fiscale, che era stata aperta dalla Guardia di Finanza sul presupposto, fondato sugli stessi dati dell'archivio informatico della Hsbc, che proprio la cuoca bresciana fosse la titolare del conto svizzero da 39 milioni di dollari non dichiarato al fisco italiano. Dopo aver interrogato l'interessata in veste di «parte sottoposta a verifica fiscale», la Guardia di Finanza ha potuto invece accertare che la cuoca non era la vera titolare di quel conto, proprio come ha scritto “l'Espresso”, per cui l'indagine si è chiusa «senza alcuna contestazione» a carico di Barbara F.. Scagionata così da ogni accusa, la stessa Barbara F. è stata sentita dalla Guardia di Finanza come parte lesa, in un verbale di «denuncia contro persone ignote che, utilizzando fraudolentemente i suoi dati anagrafici, hanno acceso e movimentato il rapporto finanziario numero 5090178603 della filiale ginevrina della Hsbc Private Bank». Denuncia che la Gdf ha trasmesso subito alla competente autorità giudiziaria.
A quel punto l'indagine fiscale della Guardia di Finanza si è chiusa con queste parole, trascritte integralmente da l'Espresso nello stesso articolo del 20 febbraio: «Per ragioni non note a questo reparto, al profilo cliente di Barbara F. sono stati associati rapporti finanziari non riconducibili a lei, ma alla “Formula FB Business Limited”». Il vero titolare del conto da 39 milioni di dollari, insomma, era la suddetta società offshore, che ha sede a Tortola, nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche. La stessa Guardia di Finanza, confermando ancora una volta quanto ha scritto “l'Espresso”, precisa che la “Formula FB Business Limited” è controllata all'80 per cento dal signor Flavio Briatore.
L'“avviso a pagamento” pubblicato oggi a nome di Briatore sul “Corriere della Sera”, dunque, non aggiunge nulla e non smentisce nulla di quanto era stato pubblicato da L'Espresso già due settimane fa. L'inserzione pubblicitaria, infatti, divulga una lettera del 24 febbraio 2015 in cui la stessa Hsbc, «facendo seguito alla richiesta» della società off-shore di Briatore, conferma che la signora Barbara F. «era intestataria di una carta di credito», ma «non è mai stata titolare di un conto»: proprio come sostenevano “l'Espresso” e la Guardia di Finanza.
“L'Espresso” osserva inoltre che la lettera della Hsbc pubblicata a nome di Briatore si chiude con questa precisazione: «Si prega di prendere atto che il presente documento non può essere considerato come un certificato di completezza per un resoconto completo sul conto bancario di Formula FB Business Limited».
La cautela della banca svizzera è spiegabile con motivazioni legali. Dopo la pubblicazione della lista Falciani da parte dell'International Consortium of Investigative Journalists (Icij), di cui fa parte l'Espresso in esclusiva per l'Italia, la magistratura svizzera ha aperto un'indagine penale che ha portato addirittura alla perquisizione della Hsbc Private Bank. Il reato ipotizzato, secondo la stampa svizzera, è il riciclaggio: i responsabili della Hsbc all'epoca della lista Falciani (2006-2007) potrebbero aver violato le severe leggi elvetiche che fin dagli anni '90 impongono a tutte le banche di identificare gli effettivi titolari dei conti, per evitare il ricorso a prestanome o a intestazioni di facciata.