
È proprio lui, Salini, il nuovo ingresso più sorprendente nella classifica degli stipendi dei manager elaborata da “l’Espresso”. La graduatoria si basa su un campione che comprende oltre i due terzi delle società quotate in Borsa. Tra i grandi gruppi nazionali mancano all’appello solo Enel e Pirelli, che pubblicheranno i dati entro qualche settimana.
Sul gradino più alto del podio troviamo l’amministratore delegato più famoso d’Italia, Sergio Marchionne, con una busta paga di 9 milioni. Alle sue spalle Luca Bettonte, al vertice di Erg, che l’anno scorso ha guadagnato 5,7 milioni. Entrambi però, il gran capo di Fiat Chrysler così come il leader del gruppo energetico, si erano piazzati nelle posizioni di vertice anche nella classifica pubblicata l’anno scorso. Salini invece è all’esordio e la rimonta si spiega con il bonus, ovvero il compenso straordinario, legato ai risultati aziendali, che va ad aggiungersi alla retribuzione fissa.
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In generale, scorrendo i numeri della classifica (pubblicata qui), si scopre che nonostante la crisi economica e i risultati di bilancio non sempre positivi, la maggior parte dei top manager l’anno scorso ha guadagnato di più rispetto al 2013. I compensi sono aumentati nel 53 per cento dei casi esaminati. Per un altro 13 cento la retribuzione è rimasta immutata. Va detto che ogni azienda fa storia a sé.
A ben guardare, per esempio, si scopre che Salini Impregilo, l’anno scorso ha fatto segnare profitti inferiori rispetto all’esercizio precedente. Come si spiega allora il premio per l’amministratore delegato? Semplice, gli incentivi extra sono stati calcolati in base a parametri diversi dal risultato netto. Per esempio il margine industriale (in sigla ebitda) e il portafoglio ordini, entrambi in crescita nel 2014. Ecco spiegato, allora, perché il numero uno dell’impresa di costruzioni romana è riuscito a raddoppiare il proprio compenso in un anno di utili in calo per l’azienda che dirige.
Il costruttore si trova in folta compagnia. Tra i manager premiati da ricchi compensi straordinari troviamo, oltre alla coppia di vertice Marchionne - Bettonte, anche l’amministratore delegato di Mondadori, Ernesto Mauri, il numero uno di Amplifon, Franco Moscetti, e poi Francesco Caltagirone, che guida Cementir, controllata dal gruppo di famiglia. Tutti questi manager, anche loro ai primi posti della classifica, possono vantare buste paga complessive di 3 milioni e più. Caltagirone junior, erede del costruttore, immobiliarista e finanziere Francesco Gaetano, nel 2014 ha guadagnato 3,3 milioni (400 mila in più dell’anno prima), di cui 1,4 milioni come bonus. Mauri, a capo del gruppo editoriale Mondadori, ha incassato, a vario titolo, premi una tantum per quai 3 milioni che si aggiungono a uno stipendio base di un milione circa. Franco Moscetti di Amplifon, invece, ha ricevuto nell’aprile 2014 gli incentivi a lungo termine maturati nei tre anni precedenti. Risultato: il suo stipendio ha preso il volo: 3,5 milioni.
Il più pagato tra i banchieri, a quota 3 milioni, è l’amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni che l’anno scorso grazie ai bonus ha visto aumentare del 30 per cento la sua retribuzione. Ghizzoni stacca di parecchie lunghezze il suo collega a capo di Intesa, Carlo Messina, ventunesimo con 2,2 milioni di compensi.
Va segnalato che Marchionne, oltre ai premi cash, ha fatto il pieno anche di incentivi in azioni Fca: un pacchetto regalo di 1,62 milioni di titoli del gruppo automobilistico con un valore di mercato di circa 24 milioni. Nelle settimane scorse, il consiglio di amministrazione presieduto da John Elkann ha poi deciso di premiare il proprio manager di punta con un altro compenso extra, questa volta in contanti. Marchionne ha infatti ricevuto 24,7 milioni per “specifiche transazioni - si legge nei documenti del gruppo automobilistico - ritenute eccezionali in termini di importanza strategica e di effetto sui risultati aziendali”. Una perifrasi che serve a descrivere la fusione con Chrysler e la nascita di Fca.
Bettonte, secondo in classifica, ha ricevuto un compenso straordinario di circa 3 milioni per i risultati aziendali, a cui si è aggiunto un premio di 1,4 milioni legato alla vendita, completata nel 2014, delle raffinerie di Erg ai russi di Lukoil. A conti fatti, l’amministratore delegato del gruppo dei Garrone ha incassato sotto forma di bonus un compenso quattro volte superiore la retribuzione ordinaria. Meno fortunati sono stati gli azionisti di Erg. Nel 2014 il titolo ha perso in Borsa circa il 5 per cento, anche se nei primi mesi di quest’anno è ripartito al rialzo.
A fare la differenza, comunque, è sempre il bonus. Ce ne sono di tutti i tipi e per tutti i gusti. Sono frequenti i premi di risultato, ma la novità di quest’anno, almeno in Italia, sono gli incentivi all’ingresso, un compenso per convincere il manager ad accettare l’incarico. Pier Luigi Montani, che ha preso il comando di Banca Carige con i bilanci in profondo rosso, ha ricevuto circa 1,2 milioni come “incentivo una tantum per l’accettazione della carica”. Una somma che si aggiunge al compenso da amministratore delegato pari a 1,1 milioni.
Il caso più clamoroso, quanto meno per le cifre in gioco, è però quello di Adil Mehboob-Khan, l’ingegnere nato a Londra da padre pakistano e madre italo-ungherese che sei mesi fa è approdato al vertice di Luxottica. Leonardo Del Veccchio, patron della multinazionale degli occhiali, era alla ricerca di un nuovo amministratore delegato dopo le dimissioni a sorpresa, in agosto, di Andrea Guerra. Pur di strappare Mehboob-Khan alla Procter & Gamble, Del Vecchio ha staccato un assegno di 9 milioni di euro. Nei documenti di Luxottica il bonus pagato al nuovo numero uno viene definito una “entry fee” a cui, oltre alla retribuzione ordinaria (1,5 milioni), va aggiunto un altro extra di 2 milioni da pagare alla fine del 2017. Guerra invece ha fatto le valigie accompagnato da una liquidazione di 11,3 milioni. Ben più ricco, all’incirca 130 milioni, è il tesoretto personale accumulato dal manager, ora consigliere personale del premier Matteo Renzi, sotto forma di azioni Luxottica che gli sono state assegnate negli anni scorsi a prezzi scontati.
La graduatoria delle buonuscite vede saldamente in testa Luca Cordero di Montezemolo, il presidente della Ferrari (e consigliere Fca) accompagnato alla porta da Marchionne dopo 23 anni al comando. La rottura si è consumata nel settembre scorso. Un’uscita brusca nei modi, addolcita però da un fiume di contanti. Montezemolo ha siglato un accordo che gli garantisce 13,2 milioni a titolo di compenso, tra l’altro, di un patto di non concorrenza. In altre parole il manager viene pagato per rifiutare eventuali offerte delle aziende rivali. Poi c’è l’indennità per la “risoluzione del rapporto”, cioè la liquidazione vera e propria, che ammonta a poco meno di 14 milioni. In totale si arriva quindi a 27 milioni di euro, senza dimenticare che Montezemolo, nel frattempo nominato presidente di Alitalia, l’anno scorso ha guadagnato altri 2 milioni per i 10 mesi circa in cui è rimasto alla testa di Ferrari e nel consiglio di Fca.
Un copione simile è andato in scena anche per Paolo Scaroni, sostituito l’anno scorso al vertice dell’Eni da Claudio Descalzi. Scaroni, congedato dal governo, ha incassato 8 milioni di buonuscita e altri 3 tra compensi e bonus vari. Fanno 11 milioni in totale. Niente male per dirsi addio.