Il 14 luglio 1945, tra il Castello Sforzesco e il parco Sempione di Milano, fu organizzata una grande festa da ballo pubblica per celebrare la ritrovata libertà, dopo la fine del fascismo e della guerra.
L'idea venne ad Antonio Greppi, il primo sindaco dopo la cacciata dei tedeschi, designato dal Cln. Socialista, ex partigiano della brigata Matteotti, Greppi aveva pensato che ci volesse un evento festoso e collettivo per ritrovare la voglia di vivere in una città distrutta al 60 per cento dai bombardamenti, dilaniata dall'odio reciproco, in cui quasi ogni famiglia aveva un lutto da elaborare (lo stesso neosindaco aveva perso un figlio, Mario, ucciso da una brigata fascista nel '44).
L'organizzazione dell'evento fu affidata a un giovane appassionato di teatro che negli anni successivi avrebbe fatto molto parlare di sé: Paolo Grassi, futuro fondatore con Giorgio Strehler del Piccolo Teatro, più tardi anche sovrintendente della Scala.
Così al parco Sempione quella sera vennero allestite sette piste da ballo, con nove orchestre e cento girandole di fuochi d'artificio. L'idea non solo ebbe uno straordinario successo, ma fu arricchita anche da iniziative spontanee nelle strade e nelle periferie della città: decine di bande musicali piccole e grandi percorrevano i viali suonando, invitando la gente a uscire di casa e a ballare. Fu una notte memorabile, che terminò solo all'alba e che diversi anziani, a Milano, ricordano ancora. «Si balla per le strade, sui marciapiedi, nei viali, […] le strade della circonvallazione fanno da cintura a questa esplosione di letizia, di libertà, quasi a cancellare definitivamente le ore buie degli odi, delle diffidenze», ne scrisse il giornalista Emilio Pozzi, anch'egli ex partigiano, già detenuto a San Vittore.
Servì insomma a scacciare i fantasmi della dittatura ma anche della guerra, della fame, delle vendette. A segnare una cesura e una rinascita, usando il canto e il ballo come rito apotropaico. Più ancora del 25 aprile, che - come noto - si portò dietro per giorni una scia di sangue e di paura, con i cecchini che per giorni continuavano a sparare dai tetti. Il 14 luglio, no: le armi erano state finalmente messe tacere, era arrivato il momento di voltare pagina. Le strofe più cantate, quella notte, furono quelle della Marsigliese, in omaggio alla data scelta per quella che Greppi volle chiamare "Festa della fraternità e del popolo".
«Facciamolo anche noi, 70 anni dopo» è l' idea lanciata da Radio Popolare, che ha trovato rapidamente l'appoggio di altre organizzazioni come l'Arci e l'Anpi. L'iniziativa di quest'anno si chiama “Liberi di cantare e ballare” e questa volta non si rivolge solo ai milanesima a tutti: «Convincete il vostro sindaco ad aprire il Palazzo Comunale, coinvolgete la banda civica o il gruppo hip-hop di vostro figlio, chiamate a raccolta amici e vicini di casa nel cortile condominiale. Insieme con le canzoni di quel tempo e lo swing, i brani ispirati alla Resistenza e le danze popolari: sarà un modo per riconoscere le nostre radici più forti e rendere contemporaneo, non nostalgico, l’omaggio agli uomini e alle donne che hanno rischiato la vita per riportarci alla democrazia e alla libertà».
La sera scelta è quella di venerdì 24 aprile, con il culmine alla mezzanotte. Non c'è più Paolo Grassi per organizzare il tutto e allora ci si affida a Internet: chi vuole partecipare può andare sul sito www.radiomilanoliberata.it/liberi-di-cantare-e-ballare/
L'iniziativa è stata duramente contestata del "Secolo d'Italia", diretto dall'ex parlamentare di An Italo Bocchino: «Sarà una festa ideologica e di parte, una danza macabra», ha scritto il sito di destra, «almeno per chi per chi non è del tutto a corto di nozioni storiche sul dopoguerra. Per chi sa che vi fu sì la fine della dittatura, ma accompagnata da una sanguinosa guerra civile, per chi sa che molti partigiani si macchiarono di infamia nelle mattanze contro i presunti fascisti in molte città, per chi ricorda che se al parco Sempione si ballava e si cantava per la libertà tale libertà, in quella stessa città, era anche fondata sull’ingiuria ai cadaveri dei vinti perpetrata a Piazzale Loreto».