Se sui diritti civili il Parlamento riparte, sulle politiche sociali non c'è innovazione. Bonus bebè e congedi, per come sono stati strutturati dal governo Renzi, non bastano. E la precarietà peggiora le speranze. L'analisi di una grande sociologa

«C’è una direzione chiara per rendere più plurale e libero il modello di famiglia. Ma sul piano delle politiche sociali non c’è alcuna inversione di tendenza». Parla Chiara Saraceno, sociologa e attenta osservatrice degli interventi sul welfare.

Riconoscerà che unioni civili e divorzio breve sono una novità.
«Lo sono. Il Parlamento si è accorto infine che gli italiani sono cambiati, che su molti diritti, come per i matrimoni gay o le adozioni, la giurisprudenza ha detto la sua. Benvengano quindi le riforme a costo zero. Ma manca la stessa attenzione sul piano sociale, dove pure è necessario innovare».

Fra gli interventi di governo c’è il bonus bebè, gli 80 euro alle neo-mamme annunciati da Matteo Renzi da Barbara d’Urso. Non servono?
«Ogni aiuto è valido. Il bonus però, per come è stato strutturato, è un ibrido. Doveva servire per favorire la natalità ma è diventato una misura di contrasto alla povertà, per il basso reddito delle madri che vi possono accedere. A questo punto era meglio usare quei fondi per riformare l’assegno familiare, ora poco incisivo. Il quadro degli aiuti così è troppo frammentato. E per favorire i nuovi nati contano più le politiche di conciliazione che i contributi economici».
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Unioni gay, adozioni, divorzi e diritti civili Matteo Renzi ora riparte dalla famiglia
8/6/2015

Conciliazione fra lavoro e famiglia. Pensa agli asili nido?
«Sì. Al Sud la situazione è drammatica. Hanno sprecato milioni di euro, già assegnati e mai spesi allo scopo».

Il Jobs Act ha introdotto altre misure per la conciliazione, come il congedo ad ore e l’estensione delle tutele per i papà lavoratori autonomi. Come le valuta?
«Per il congedo di paternità non cambia nulla di sostanziale. È ancora troppo poco pagato – il 30 per cento dello stipendio ordinario – perché inizi a funzionare. La quota riservata ai padri c’è, ma senza aumenti contributivi non serve. E se il bisogno esiste, poi, manca ancora l’accettazione sociale. Conosco uomini che prendono le ferie per stare con i figli, e non il congedo, perché temono di passare per lavativi, perché è “una cosa da femmine”. Il Jobs Act ha peggiorato le cose».

In che senso? Non aumenta le tutele per i genitori?
«Di legge, le aumenta. Di fatto, le diminuisce. Essendo più facile licenziare, meno costoso, renderà ancora più dura la scelta di un figlio per le giovani donne. La precarietà rende difficile ogni tipo di congedo. E quindi di famiglia»

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