Due giorni di paura nella città partenopea. E ancora una vittima giovanissima. Colpita dal fuoco della camorra. Che nel centro storico è sempre più in mano a ragazzini che si sentono super boss e sono armati fino ai denti

Gennaro Cesarano, 17 anni. Ciro Esposito, 22 anni. Emanuele Alioto, 22 anni. Tutti uccisi nel quartiere Sanità, tra il 2013 e il 2015. Il rione dove è nato Totò si è trasformato in un cimitero di ragazzini, vittime di una guerra di camorra che fa morti in tutto il centro storico. A morire sono soprattutto giovanissimi. Alcuni sono affiliati, altri estranei ai clan. Ma comunque ragazzini, che nel deserto di opportunità spesso cedono alle lusinghe della camorra e scelgono la scorciatoia criminale.

L'ultimo a cadere sotto i colpi di una paranza armata è Genny Cesarano. Una morte che aggiunge un tassello inquietante alla due giorni di sangue e fuoco in cui è piombata la città partenopea: in un altro quartiere, a Soccavo, in 12 ore ci sono stati tre raid con sparatoria annessa. Sempre in quelle ore, un trentenne è stato ucciso in un agguato a Ponticelli. «Non è Baghdad» ha dichiarato Luigi De Magistris, ma una cosa però è certa, la vita dei minorenni napoletani vale davvero poco.

Cesarano è stato colpito da una raffica sparata davanti alla chiesa della piazza della Sanità alle cinque meno dieci del mattino. L'ipotesi è che si trovasse insieme a un gruppo di coetanei che stava controllando il territorio della piazza di spaccio. Ma del suo coinvolgimento ancora non ci sono conferme. Ma poco importa, perché non è questo quello che conta. Non è una distinzione netta tra buoni e cattivi che può riportare un luogo alla normalità. Un proiettile vagante? Non era lui l'obiettivo? Aveva precedenti ma ha cambiato vita, dicono i genitori. Poco importa, perché stiamo parlando di un minorenne, che come tanti suoi coetanei, in certe zone di degrado e mafia, non è libero di scegliere cosa fare della sua vita. È una morte, dunque, che chiama in causa l'assenza della politica, l'indifferenza dei cittadini, il silenzio della stampa nazionale in questi anni di piombo e violenza.

«Nessuno verrà a salvarci, tocca a noi fare qualcosa per cambiare questa realtà». La realtà di cui ha parlato padre Alex Zanotelli nella sua omelia, durante i funerali di Genny, è molto più simile a un girone dell'inferno che a un quartiere normale di un Paese normale. Nel centro storico di Napoli ragazzini non ancora ventenni cadono a terra stecchiti, uccisi da raid di camorra che qui combatte una guerra per occupare territorio e per vendicare vite umane.

Napoli oggi rivive gli anni peggiori della sua storia, benchè il sindaco De Magistris ripeta che i dati sulla criminalità sono peggiori a Roma e Milano. Il governo intanto sembra ammalato di cecità. Nessuno dei componenti è ancora è andato in quei vicoli, ministri e presidente del Consiglio sono impegnati a girare per le feste dell'Unità. Eppure sono almeno due anni che adolescenti senza futuro muoiono in quelle strade.

La vita reale è fatta di giovanissimi che muoiono solo perché hanno deciso di uscire di casa. Le strade occupate militarmente da baby camorristi in cerca di successo criminale. Smaniosi di scalare le gerarchie e di conquistare le piazze di spaccio. Più ne occupano e maggiori saranno i guadagni. I quattrini servono a questi boss in erba non tanto per il potere, ma per divertirsi la sera in discoteca, ostentare lì sulla pista da ballo o davanti al bancone del bar abiti firmati, l'ultimo modello di iPhone e scooteroni nuovi fiammanti. Anche per loro l'apparenza è una regola di vita.

Il quartiere della Sanità è uno dei centri in cui si sta svolgendo la guerra tra gruppi camorristici. Quando “l'Espresso” un anno e mezzo fa raccontò da Forcella i Giulianos, i giovani eredi della storica dinastia di padrini, questa mattanza era già in corso. I baby boss di Forcella che scimmiottano i camorristi dei film sono ora in carcere, colpiti qualche mese fa da un'ordinanza di custodia cautelare. In quelle oltre mille pagine di documenti giudiziari la realtà superava di gran lunga la fiction Gomorra.

La squadra Mobile di Napoli è riuscita a fotografare l'ascesa del clan dei rampolli spietati e le alleanze con altri capi poco più che ventenni. Insieme hanno seminato il panico per i vicoli sgarrupati della città e scalato il potere criminale. Il cartello porta il nome dei gruppi che lo compongono: Amirante-Brunetti-Giuliano-Sibillo. Tutti nati negli anni '90, e tutti agguerritissimi. Armati fino ai denti, avevao persino realizzato un poligono di tiro sui tetti dei palazzi del loro regno impenetrabile. E non esitavano a sparare per strada per provare le armi colpendo in qualche caso anche i passanti.

Poi è arrivata la retata. Il nucleo più importante della “paranza dei bimbi” è stato colpito. Ma in due sono riusciti a fuggire. Due latitanti che sono anche fratelli. Emanuele e Pasquale “Lino” Sibillo. Il primo è stato rintracciato prima dai nemici e freddato in un vicolo del rione che credeva di possedere, il secondo è ancora fuggitivo. E gode di protezioni trasversali all'interno dei rioni dove ha scelto di nascondersi.

Da questi nomi è necessario partire per comprendere quanto sta accadendo nel cuore di Napoli. Partire cioè dai ragazzi con la pistola che fanno la guerra ai vecchi padroni di questi quartieri. Uno scontro tra nuove generazioni e padrini che hanno fatto la storia criminale della città. 

E c'è un particolare che emerge dalle informative confluite nell'inchiesta che ha portato all'arresto dei Giuliano-Sibillo. Un particolare che fa riferimento proprio a quanto il rione Sanità fosse strategico per la paranza dei bimbi. Poche righe in cui si parla di Emanuele Alioto “'o Piccirillo” - uno dei “uagliancelli” ammazzato alla Sanità - come un punto di riferimento per il gruppo. Alioto era in grado di fornire contatti e garantire alleanze con esponenti della camorra della Sanità. Non solo, risulta dai documenti giudiziari che nel rione i Sibillo-Giuliano avessero anche un luogo di ritrovo. Un bar a pochi passi dalla piazza dove è stato ucciso l'altro mattina Genny Cesarano. L'ennesima giovanissima vittima della camorra.

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