Un messaggino del carabiniere che eseguì le intercettazioni conferma ?i riferimenti a "far fuori" la Borsellino. Ma la procura non consegna i file
di Lirio Abbate
27 gennaio 2016
La procura di Palermo vuole processare per calunnia i due giornalisti Piero Messina e Maurizio Zoppi che hanno raccontato su “l’Espresso” dell’intercettazione fra il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, e il suo medico Matteo Tutino.
Quest’ultimo avrebbe detto al governatore che «Lucia Borsellino va fatta fuori; come il padre». I pm lo scorso dicembre si sono visti rigettare dal giudice Gioacchino Scaduto, presidente della sezione dei gip, in modo netto la richiesta di giudizio immediato che avevano avanzato.
Per il giudice non c’erano gli elementi e quindi le prove per accoglierla. Non solo, il magistrato nella sua ordinanza sottolinea un particolare rilevante, e cioè: «Nulla consente di escludere che l’espressione incriminata, o altra similiare, possa essere stata pronunciata da Tutino o da altri nel corso di una conversazione non compresa tra quelle allegate al procedimento».
Potrebbe dunque essere fra quelle che la procura non ha voluto fare esaminare ai periti del tribunale. Nonostante ciò i pm, senza aggiungere nulla alle carte già esaminate dal gip, si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio. E dai documenti emerge un sms che potrebbe essere un ulteriore indizio dell’esistenza della conversazione incriminata.
«Qualche riferimento ad una questione politica riconducibile ad una espressione di farla fuori c’è solo quando dovevano fare le nomine dei direttori generali», scrive in un sms il capitano dei carabinieri che ha condotto le indagini su Tutino.
L’ufficiale invia il messaggio al suo collega che ha preso il posto al Nas di Palermo e lo scrive la mattina del 16 luglio quando viene resa nota la notizia dell’intercettazione. Gli sms sono agli atti del processo, e da quanto scrive il capitano sembrerebbe che «qualche» intercettazione dello stesso tenore raccontato dai giornalisti potrebbe esserci. I difensori dei cronisti, gli avvocati Carlo Federico Grosso, Nino Caleca e Fabio Bognanni, vogliono fare leva su questo punto, perché nonostante l’ufficiale lasci intendere che audio di questo tipo possono essere nell’inchiesta, questi non sono stati prodotti dalla procura. Inoltre, come hanno sostenuto i difensori, è stato allegato agli atti un documento firmato dall’attuale comandante dei Nas di Palermo e depositato il 16 luglio scorso, nell’immediatezza dei fatti, quando la procura ha voluto fare un rapido accertamento sull’esistenza dell’intercettazione.
In questo documento l’ufficiale parla di un sommario esame delle registrazioni, che non sarebbe esaustivo, e chiede alla procura di poter dare una risposta completa con un ulteriore incarico per ascoltare in modo approfondito e attento le conversazioni. Ed è l’approfondimento ulteriore che chiede di fare la difesa. La frase dello stesso tenore di quella “incriminata” potrebbe dunque trovarsi fra le conversazioni ancora coperte dal segreto istruttorio?
Occorre ricordare che il gip sostiene che «una tale circostanza, ove riscontrata, non potrebbe che essere oggetto di una specifica valutazione quanto meno con riguardo all’elemento psicologico del reato contestato».
Infatti viene rilevato che «dal complesso del materiale probatorio emergono, con riguardo agli ipotizzati reati di calunnia, elementi non univoci, in particolare emerge chiaramente che tra Messina ed il capitano Cosentino (l’ufficiale dei carabinieri del Nas che ha condotto le indagini su Tutino, ndr) vi era una relazione di amicizia e frequentazione; che più di una volta i due avevano trattato l’argomento Tutino-Borsellino; e che certamente tra le tante conversazioni intercettate ve n’era almeno una, in cui qualcuno aveva affermato che era necessario “far fuori” l’assessore, sia pure in senso politico e/o con esclusivo riferimento al ruolo ricoperto, che non consentono di ravvisarvi il necessario carattere dell’evidenza».
A questo punto ciò che all’accusa pare certo, in realtà al primo giudice non è apparso così certo: aspettiamo con fiducia le valutazioni dei giudici che verranno.