Mostra i muscoli all’Occidente. Bombarda in Siria. Reprime il dissenso in casa propria. Eppure, nel resto del mondo il presidente russo piace sempre di più. E non solo a destra. Nell’epoca delle leadership deboli, ecco dove nasce la fascinazione per l’uomo forte (Illustrazioni di Duluoz)

Siamo in presenza del fenomeno Putin. Donald Trump lo considera straordinario, e ne è ricambiato. In Europa, dai Paesi scandinavi all’Italia, tutte le nuove estreme destre si riconoscono così naturalmente in lui che Marine Le Pen è andata a cercare di che finanziare il suo partito proprio nelle banche russe.

Sull’altro versante dello scacchiere francese, più a sinistra del partito socialista, all’ex troskista Jean-Luc Mélenchon non piace che Putin sia criticato quando, giorno e notte, fa a pezzi la signora Merkel e chiunque altro. Sempre in Francia, l’ex primo ministro François Fillon, liberale proveniente dal gollismo sociale, difende con le unghie e con i denti la necessità di trovare un’intesa con quest’uomo al quale intere fasce delle opinioni pubbliche occidentali non trovano granché da ridire. E questo è un dato di fatto.
Russia
Perché Putin gioca con la retorica della guerra
14/10/2016

Quando non entusiasma, è difficile che Vladimir Putin non piaccia o piaccia poco, anche se nessuno ignora i suoi misfatti. Ex spia di secondo livello, il successore di Boris Eltsin – di cui è stato stretto collaboratore – è il primo capo di Stato europeo ad aver annesso alcuni territori dalla fine della Seconda guerra mondiale: mi riferisco all’annessione de jure della Crimea e a quella de facto di due pezzetti di Georgia.
Presidenziali Usa
Ombre russe sulla Casa Bianca
17/10/2016

Sotto il suo governo in Russia sono scomparse le libertà di espressione e di associazione sbocciate ai tempi di Gorbaciov. Vladimir Putin ha fatto del suo paese una “democratura”, una dittatura con le parvenze e perfino i fronzoli elettorali della democrazia, ma che bombarda a tappeto con i suoi aerei – non con quelli di Bashar al-Assad - perfino gli ospedali di Aleppo. Annulla il suo incontro con François Hollande e crea nel proprio paese un clima di guerra. Tutti sanno queste cose. Nessuno osa confutarle. Nonostante tutto, però, Putin piace. Perché?
È una questione di immagine: questa attrazione politica ha prima di ogni altra cosa una dimensione fisica.

Vladimir Putin non è James Dean né Marcello Mastroianni: le sue fattezze e i suoi lineamenti sono del tutto ordinari, eppure quest’uomo asciutto e muscoloso sprigiona un’impressione di forza bruta che egli sa usare in modo quasi scenico. Quando si fa riprendere a torso nudo, sempre a torso nudo, mentre cavalca stalloni o lotta da solo contro animali selvaggi, non fa perdere la testa soltanto agli appassionati di pornografia omosessuale.
In Russia come in Occidente questa sublimazione della virilità serve a metterlo in netta contrapposizione con gli altri dirigenti del mondo, europei e americani in primis, perché bisogna ammettere che la qualità principale di Angela Merkel non è essere un’amazzone, così come François Hollande non è proprio Superman. E sebbene Barack Obama abbia sicuramente classe, ha più l’aspetto di un professore universitario che quello di un campione di lotta libera.
illustrazione-jpg

Il messaggio che Vladimir Putin diffonde per mezzo di queste sue immagini e il linguaggio altrettanto virile col quale egli ama accompagnarle servono per affermare che l’Occidente è comandato soltanto da individui gracilini, mentre lui sarebbe un vero capo.

Tutto ciò potrebbe far ridere. Questo spettacolo epico dovrebbe far ridere ma così non accade, tutt’altro, perché Stati Uniti ed Europa - che insieme alla Russia formano la stragrande maggioranza della cristianità bianca - oggi hanno una paura generalizzata. Se Donald Trump, nonostante tutto, riesce a sedurre una percentuale così grande dell’elettorato americano; se le nuove estreme-destre avanzano così tanto in Europa, è perché il nostro mondo che ha guidato la scena internazionale a lungo ora teme di essere sorpassato dalla Cina e dai Paesi emergenti; è perché il terrorismo jihadista alimenta il fantasma di un’invasione musulmana contro la quale si dovrebbero imbracciare le armi; è perché le tutele sociali, la piena occupazione, i salari sono messi a rischio dalla delocalizzazione industriale in terre lontane, dove la manodopera non incide più di tanto sui bilanci annuali.

Gli occidentali si credono con le spalle al muro, in guerra aperta con l’Islam, in conflitto strisciante con Africa e Asia. Il più delle volte inconsapevolmente, in qualche caso consapevolmente, gli occidentali hanno dunque voglia di un vero capo, di qualcuno che li guidi in battaglia, di un generale che non biascichi le parole e non sia smidollato, ed è in questo ruolo che Vladimir Putin si offre loro, inebriando le nuove estreme destre e seducendo al di là di esse.

In virtù di uno straordinario paradosso storico, Mosca diventa la Mecca delle destre nazionaliste dopo essere stata la Mecca del Comunismo, e il presidente russo, le sue delegazioni, i suoi deputati e la sua televisione coltivano una connivenza attiva con queste forze riemerse dal periodo prebellico fascista. Come i partiti comunisti di ieri, le nuove estreme destre sono diventate gli intermediari del Cremlino in territorio occidentale, e questa offensiva ideologica centra il bersaglio, riscuote successo perché il terreno le è favorevole.
In Europa e negli Stati Uniti si avverte una sorta di stanchezza democratica.

I grandi partiti di una volta - il repubblicano e il democratico su una costa dell’Atlantico, i socialdemocratici e i democristiani sull’altra - sono gravemente indeboliti dalla loro stessa incapacità di reinventarsi e di affrontare le sfide del nuovo secolo. Non si mobilitano e ormai sono così poco forieri di speranza che gli elettori non credono più in loro e nell’alternanza di destra e sinistra. Ovunque, i vari scenari si spaccano, perfino negli Stati Uniti dove il successo istantaneo di Bernie Sanders a sinistra, dopo quello del Tea Party a destra, esprime il desiderio di qualcos’altro in tutti i raggruppamenti politici.

In crisi, la democrazia occidentale non risponde più alle aspirazioni dei cittadini che da essa ormai non attendono neanche quel balzo in avanti dell’Occidente che disperano di veder spiccare. Questa crisi non soltanto alimenta le estreme-destre, resuscita i nazionalismi, conduce al rigetto dell’unità europea e allinea, adesso, i conservatori britannici con l’Ukip, il partito di Churchill con quello di Nigel Farage: oltre a ciò gli elettori e i grandi partiti stessi tendono anche a dissacrare i valori democratici.

Dopo l’11 settembre, gli Stati Uniti hanno ritenuto del tutto naturale infischiarsene dell’Habeas corpus e aprire quel dimenticatoio senza fondo che è Guantánamo. Dopo gli attentati a Charlie Hebdo e al Bataclan, François Hollande ha introdotto in Francia leggi straordinarie in mezzo al plauso pressoché generale. La signora Merkel è considerata irresponsabile perché, accordando asilo politico a rifugiati che avevano ogni diritto di pretenderlo, ha ritenuto di poter dare l’esempio e rammentare agli europei i valori nei quali credono. A eccezione dell’Italia - e si dovrebbe rendere onore all’Italia - l’Europa non ne vuol più sapere di barconi interi carichi di famiglie in fuga dal Daesh e da Bashar al-Assad che naufragano nel Mediterraneo.

Nelle democrazie occidentali il rispetto delle libertà e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sta compiendo drammatici passi indietro e dunque non c’è da stupirsi se la democratura di Vladimir Putin non sconvolge più tante persone, proprio come il sostegno militare che egli assicura al macellaio di Damasco aiutandolo a far fuori il suo stesso popolo.

Al contrario, molti, troppi occidentali lo ammirano perché egli non si fa intimidire dai vincoli legali e dalle convenzioni internazionali sottoscritte dal suo Paese, e non si fa scrupolo di governare da uomo forte e di aiutare, con sprezzo di ogni cosa e a colpi di crimini di guerra, una dittatura che in maniera fuorviante si continua a ritenere che possa fungere da baluardo contro i jihadisti. Che lo si dica esplicitamente o no, agli occhi di molti Vladimir Putin passa, in sintesi, per lo scudo dell’Occidente cristiano, per il vero capo di cui le altre democrazie sarebbero prive.

Ma c’è dell’altro. Nell’esercitare la sua seduzione, il padrone del Cremlino si serve anche dell’antiamericanismo degli europei. L’Europa ama il cinema di Hollywood e i grattacieli di New York, la cultura e l’estetica americane, ma non ha mai perdonato gli Stati Uniti per averle sottratto il primo posto nel mondo. L’Europa nutre nei confronti dell’America un sentimento misto fatto di odio e amore, tanto più grande oggi che gli americani si allontanano da lei per difendere i propri interessi in Asia, dove ormai sono a rischio.

Non soltanto l’America ci ha umiliato con la sua potenza, ma adesso ci abbandona, proprio ora che alle nostre frontiere orientali e meridionali incombono i pericoli. Non soltanto l’America ci ha reso suoi vassalli, ma adesso ci lascia soli, proprio ora che avremmo bisogno come non mai del suo apparato difensivo. E di riflesso, di conseguenza, molti europei cercano di trovare un’intesa con Vladimir Putin affinché non ci crei troppi problemi a est e ci protegga a sud, andando lui a combattere, al nostro posto, al fianco di dittatori rassicuranti nei loro completi di sartoria così ben tagliati.

Eppure, anche se Putin ha molti assi nella manica, gli manca il denaro che è il nerbo della guerra. La sua economia in rovina non è neppure paragonabile a quella di un paese emergente. E le sue avventure in Ucraina e in Siria non migliorano le cose, al contrario.

traduzione di Anna Bissanti