Gli atti dell’inchiesta sull’intercettazione del governatore mostrano ?che il lavoro dei giornalisti era basato su fonti, verifiche e contatti provati
di Telesio Malaspina
4 marzo 2016
Il processo che la procura di Palermo chiede per i giornalisti Piero Messina e Maurizio Zoppi non è per accertare o meno l’esistenza dell’intercettazione fra il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, e il suo medico Matteo Tutino con la frase «Lucia Borsellino va fatta fuori; come il padre». L’accusa per i giornalisti è se hanno o meno calunniato un ufficiale dei carabinieri. Quindi se hanno scritto su “l’Espresso” la notizia dopo aver effettuato riscontri e verifiche. Dagli atti emerge la consapevolezza dei cronisti che la conversazione esisteva. Come consapevoli erano dell’esistenza di dialoghi in cui Tutino faceva apprezzamenti poco eleganti su Lucia Borsellino.
A riascoltare adesso i file delle intercettazioni depositate è quasi un ritornello, ripetuto da Crocetta: «Va bene, ok». Una litania di consensi che compare nelle conversazioni tra Crocetta e quelli che si definivano «i suoi pretoriani». Il governatore ascolta i suoi fedeli suggeritori che gli sottopongono assetti e nomine della sanità regionale, chiosa con il suo assenso e dispensa consigli, suggerendo tattiche: «Le cose vanno servite con piatti freddi». Il dialetto il governatore lo usa per sottolineare la sua autorità. Come quando scandisce, parlando dell’allora assessore Borsellino, «ma viru io cu Lucia (me la vedo io con Lucia, ndr)». La trascrizione non rende il senso di quanto offre il tono della voce nell’audio.
L’accusa dovrebbe dimostrare che i giornalisti hanno scientificamente e consapevolmente scritto questa notizia sapendo che non esisteva l’intercettazione. Ma dagli atti emerge che Messina e Zoppi hanno fatto le verifiche e trovato conferme dell’esistenza della conversazione.
Le carte processuali impongono quindi un ulteriore approfondimento istruttorio. È chiaro, dagli atti, che deve escludersi ogni suggestiva ipotesi di complotto. Seguendo la richiesta dei difensori, basata sul fatto che la conversazione esiste, nei mesi scorsi il gip ha rigettato la richiesta della procura di giudizio immediato. Il giudice Gioacchino Scaduto, presidente della sezione gip, ha respinto la richiesta dei pm: non c’erano gli elementi e quindi le prove per accoglierla. Non solo, il giudice ha sottolineato un particolare rilevante e cioè che «nulla consente di escludere che l’espressione incriminata, o altra similare, possa essere stata pronunciata da Tutino o da altri nel corso di una conversazione non compresa tra quelle allegate al procedimento». Potrebbe dunque essere fra quelle che la procura non ha voluto fare esaminare ai periti del tribunale. I pm, senza aggiungere nulla alle carte già esaminate dal gip, ne hanno chiesto il rinvio a giudizio. Per il gip «certamente tra le tante conversazioni intercettate ve n’era almeno una, in cui qualcuno aveva affermato che era necessario “far fuori” l’assessore, sia pure in senso politico e/o con esclusivo riferimento al ruolo ricoperto, che non consentono di ravvisarvi il necessario carattere dell’evidenza».
Emerge, inoltre, che l’ufficiale di polizia giudiziaria che la procura sostiene essere stato calunniato, e che il gip indica come «presunta parte offesa», aveva chiesto a Messina di leggere il testo dell’articolo prima di inviarlo a “l’Espresso”: segno evidente che i due erano in contatto mentre veniva scritto l’articolo. Ci sono poi altri elementi che evidenziano la legittimità del lavoro svolto dai giornalisti. C’è un sms scritto da un carabiniere che fa riferimento a intercettazioni dello stesso tenore. C’è un documento firmato da un ufficiale dell’Arma, depositato il 16 luglio scorso (nell’immediatezza dei fatti), quando la procura ha voluto fare un veloce accertamento sull’esistenza dell’intercettazione: qui l’ufficiale parla di un sommario esame delle registrazioni, che non sarebbe esaustivo, e per questo chiede alla procura di poter dare una risposta completa con un ulteriore incarico per ascoltare in modo approfondito e attento le conversazioni. Ed è proprio questo l’approfondimento ulteriore che aveva chiesto di fare la difesa in fase preliminare e che invece la procura ha negato.