«Il racconto del figlio di Riina è stato insopportabile, non ha rinnegato il padre e ha fatto dall’inizio alla fine un’intervista da mafioso. Dire però che oggi la Rai ha fatto questo per distrarre da altre questioni non lo accetto». Così la presidente della Rai, Monica Maggioni, nel corso dell’audizione in commissione Antimafia, in merito alla discussa puntata “Porta a porta” con l’intervista di Bruno Vespa al figlio del boss.
La Maggioni rivendica la posizione dell'azienda, ma non il contenuto dell'intervista né come è stata condotta da Vespa: «Voglio sgombrare subito il campo da un dubbio: non c'è negazionismo in quello che noi facciamo. L'azienda ogni giorno si dà da fare nella lotta alla mafia e lo dimostra la programmazione che portiamo avanti da decenni. Poi però accade quello che è accaduto ieri. Dobbiamo tenere conto del contesto e delle responsabilità del servizio pubblico».
«La ferita mafiosa per l'Italia non è il passato, è il presente. Nella nostra programmazione quotidiana la vittima e l'aguzzino non devono avere la stessa dignità di racconto», ha proseguito la presidente, aggiungendo: «Ci siamo posti il problema di un intervento a priori che avrebbe avuto le caratteristiche, per come era stato costruito, della censura. È difficile accettare e applicare la censura a qualcuno che ha una lunga storia professionale. Ma poteva anche avere un senso».
A difendere la Rai anche il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto che ha spiegato che l'azienda televisiva è in fase di transizione: «Abbiamo deciso di occuparci innanzi tutto delle testate, ora si sta lavorando a una supervisione dei lavori giornalistici e da settembre prossimo i contenuti si decidono a priori, e insieme».
BINDI: “DA RIINA JR MESSAGGI INQUIETANTI”
Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare Antimafia, riferendosi a Riina Jr lo ha definito "omertoso": «Ha raccontato menzogne senza essere contrastato, ha mandato messaggi pericolosi e inquietanti senza essere contrastato dal conduttore». Secondo Bindi, è «il riduzionismo del fenomeno mafia, e non sappiamo se quelle parole siano segnali a clan o anche minacce verso qualcuno. Le parole sono pesanti».
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«Dopo la puntata con i Casamonica dalla Rai erano venute assicurazioni che qualcosa di simile non si sarebbe ripetuto. E invece ora c’è quest’altra vicenda», ha aggiunto la Bindi che ha poi ricordato le numerose proteste che hanno preceduto la messa in onda: dai familiari delle vittime di mafia a don Ciotti. «Questo è un Paese estremamente sensibile, c’è da chiedere alla Rai perché mai di fronte a un disappunto così evidente siete andati avanti o non siete riusciti a fermare la trasmissione», ha detto la presidente aggiungendo che «la trasmissione riparatrice annunciata ieri per questa sera è ancora più grave perché mette sullo stesso piano la mafia e la lotta alla mafia».
La presidente della Rai Maggioni ha anche parlato degli introiti del diritto d'autore del libro di Salvo Riina come risorse per le vittime della mafia. «Non lo vorrebbero. Perché invece la Rai non dà gli introiti pubblicitari della trasmissione di ieri alle vittime della mafia?», ha ribattuto la Bindi. Che ha poi agiunto, durissima: «C’è un codice (il riferimento è alla mafia, ndr) che chi li intervista dovrebbe conoscere. Non voglio giudicare Vespa. Si può intervistare chiunque, purché però si sappia chi si intervista. Riina jr ha firmato la liberatoria dopo perché voleva vedere se sarebbe riuscito a dire quello che voleva lui».
GRASSO: "FENOMENO DELICATO"
Sulla vicenda si è espresso anche il presidente del Senato Pietro Grasso: «Io non parlo di limiti all'informazione» ma «di scelte responsabili che tengano contro del fenomeno, che va trattato con cura. E' un fenomeno delicato e non si può appunto banalizzare». Grasso ha aggiunto che «l'educazione alla legalità è il fondamento della nostra civiltà e la legalità è la forza dei deboli, è la forza per poter farsi rispettare contro le prepotenze e le violenze altrui».
E sulla liberatoria lascia il dubbio: «quando io sono andato alla Rai la liberatoria mi è sempre stata fatta firmare prima, anche quando si trattava di una registrazione, perché stavolta no?». A Salvo Riina, osserva Grasso, questa accortezza è un «segno di grande rispetto - e incalza - aveva forse paura che gli fosse sfuggito qualcosa di compromettente e doveva rivederlo con cura?».