Grazie al decreto appena approvato, la Pubblica amministrazione è diventata più trasparente. Ecco cosa cambia per i cittadini

La Pubblica amministrazione da ieri è diventata più trasparente. Il merito va al FOIA, il Freedom of Information Act, il cui decreto è stato approvato, definitivamente, dal Consiglio dei Ministri. Da anni è realtà in più di 90 Paesi democratici: ora lo è anche in Italia.

Che cosa cambia per i cittadini?
I cittadini e le imprese hanno il diritto a conoscere gli atti e le informazioni che la Pubblica amministrazione non ha l’obbligo di pubblicare. Questa è la regola base del primo decreto attuativo della riforma “Madia”. In concreto è stata introdotta una nuova forma di accesso civico ai dati e documenti pubblici. Per esempio ora è possibile: venire a conoscenza dei criteri di valutazione presi in considerazione in un appalto o in un concorso (anche se non si è partecipato); di leggere cifra per cifra i finanziamenti concessi da un Comune fino a chiedere a quanto ammontano le indennità dei politici e gli stipendi dei dirigenti.

Come si fa a chiedere questi dati?
Attraverso tre uffici. Quello che possiede materialmente gli atti o l’ufficio per le relazioni con il pubblico, oppure una terza struttura che l’ente interessato dovrà comunicare su Internet. Qualora si volesse toccare con mano documenti che non sono pubblici allora il cittadino dovrà avanzare la richiesta al responsabile anticorruzione e non è obbligato né a identificare chiaramente dati o documenti richiesti né a scrivere una motivazione. È un suo diritto venirne in possesso.

Entro quanto tempo deve rispondere la PA?
L’ufficio pubblico interpellato ha trenta giorni di tempo per rispondere e può fornire i documenti richiesti oppure rifiutare l’accesso, ma quest’ultimo dovrà avvenire con un provvedimento espresso e motivato. Inoltre è stato stabilito un No inderogabile alle domande di accesso che pregiudicherebbero in modo concreto gli interessi dello Stato, la sicurezza nazionale, lo svolgimento delle indagini, ma che danneggerebbero anche gli interessi privati, come la segretezza della corrispondenza.

È stato cancellato il silenzio-rifiuto dell’ufficio pubblico?
Sì. Il governo ha eliminato il “silenzio-rifiuto” presente nella prima lettura del testo. Secondo questo principio la domanda di accesso ai dati da parte del cittadino sarebbe stata automaticamente respinta in caso di non risposta, entro trenta giorni, dell’ufficio pubblico interessato.

Quanto costa richiedere gli atti e le informazioni dello Stato?
Il Consiglio dei ministri ha fissato questa regola generale: il rilascio dei documenti è in forma gratuita, soprattutto se inviati in modo telematico. Invece è possibile chiedere il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato per la riproduzione del documento su supporti materiali.

Chi può opporsi?
L’ufficio pubblico interessato appena ricevuta l’istanza di accesso ai dati può contattare i titolari di dati personali o commerciali i cui interessi potrebbero essere danneggiati da una possibile pubblicazione. I cosiddetti “controinteressati” hanno dieci giorni di tempo per avanzare la loro opposizione, ma alla fine è sempre la Pubblica amministrazione a prendere la decisione finale.

E se la Pubblica amministrazione dice di no, a chi mi rivolgo?
Non al Tar, come era stato sancito nella prima bozza del decreto, ma il cittadino potrà rivolgersi al responsabile anticorruzione presente in ogni ufficio pubblico. Se il No dovesse arrivare da Regioni e Enti locali allora la strada da percorrere è quella del difensore civico.

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Online tutti i pagamenti della Pubblica amministrazione
Il decreto che sancisce il diritto dei cittadini ad avere accesso alle informazioni dello Stato prevede anche la pubblicazione online di tutti i pagamenti effettuati dalla Pubblica amministrazione. Per questo motivo da ieri il Consiglio dei ministri ha reso strutturale il sito Soldi Pubblici grazie al quale è possibile scoprire quanto spende chi e per cosa. E vista da questa pagina web la Pubblica amministrazione italiana è davvero più trasparente.