Donne, nigeriane, schiave fra i profughi: "Così bisogna fermare lo sfruttamento sessuale"

Dal 2015 a fine maggio sono arrivate 8.600 persone tra ragazze e minori non accompagnati nigeriani. Un aumento del 300 per cento in un anno. E secondo l'Oim l'80 per cento di queste persone sono vittime di traffico per la prostituzione. Ecco cosa dovrebbero fare le istituzioni

Quando l'hanno trovato c'era un'altra ragazza in casa. Anche lei minorenne. Anche lei nigeriana. Anche lei schiava, costretta a prostituirsi. Anche lei vittima di uno dei cinque nigeriani arrestati pochi giorni fa a Brescia e Torino per sfruttamento della prostituzione. Pezzi di una rete ricostruita dalla squadra mobile di Ragusa grazie alla denuncia di un'adolescente. L'avevano vista allo sbarco, a Pozzallo. Avvicinata con l'aiuto un'interprete, si era fidata: e aveva raccontato del viaggio a cui era stata convinta nel suo paese, del debito, dei riti, aveva consegnato agli agenti il numero della maman-prossineta che l'avrebbe dovuta avviare alla strada in Italia, nel Nord.
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14/7/2015

Il problema delle vittime di tratta, sempre più minorenni, caricate sui barconi per farsi merce del sesso in Europa, nascoste dentro agli sbarchi e poi nella burocrazia dell'accoglienza è sempre più ingombrante. E inaccettabile. Come denunciava già l'Espresso un anno fa, dal 2015 a fine maggio sono arrivate 8.600 persone tra donne e minori non accompagnati nigeriani - oltre duemila solo da gennaio 2016. Un aumento, rispetto al 2014, del 300 per cento in un anno. «Almeno l'80 per cento di queste persone sono vittime di traffico per sfruttamento sessuale», ha detto Federico Soda, direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Oim: «Negli ultimi due anni, oltre 5mila donne nigeriane hanno ricevuto assistenza dall'Oim per aiutarle a uscire dallo sfruttamento».
Operazione Ju Ju contro la tratta delle nigeriane a Ragusa, 13 giugno 2016, 4 fermi

Le leggi per fermare questa nuova schiavitù ci sono, ci sarebbero. L'Italia ne ha fra le più rigide d'Europa. Ma raramente riescono a farsi sentire. Nel 2015, ha spiegato Daniela Parisi, dal ministero dell'Interno, sono stati rilasciati solo 915 permessi di soggiorno di tipo umanitario, previsti per le vittime di tratta, altri 178 da gennaio a maggio del 2016. L'Oim, insieme a Save the Children e a Emergency ha contribuito alla costruzione di una “piattaforma nazionale” contro il traffico di persone. Per fermare la catena che dalle province africane porta alle piazzole padane, è necessario, spiegano, formare meglio gli operatori dei centri d'accoglienza, soprattutto straordinari, dove spesso queste donne restano a lungo dopo la richiesta d'asilo. Continuando a essere sfruttate.

Bisognerebbe poi rafforzare la capacità di assistere le ragazze che denunciano, dando loro protezione immediata e percorsi di reinserimento più forti ed efficaci di quelli attuali. È necessario, infine, evitare la discrezionalità con cui diverse istituzioni affrontano il problema, aumentare i finanziamenti per i profughi vulnerabili (come loro) e intraprendere interventi nei paesi d'origine. E poi, con le nuove norme sulle identificazioni, i rimpatri “veloci” e i permessi negati dalle commissioni territoriali, prestare attenzione a queste donne. Che rischiano di diventare di nuovo vittima. Di minacce, ritorsioni e violenze.

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