Dopo il faccendiere Lavitola, parla per la prima volta Alessandro Proto, il manager senza capitali che nel 2012 fece fallire la rivolta dei big per spodestare il leader del centro destra. «Mi usarono per screditare i politici che minacciavano Silvio. Ad arruolarmi fu un avvocato-parlamentare. Poco dopo sono finito in carcere»
«Mi sono candidato alle primarie del Pdl del 2012 perché mi è stato chiesto. L’offerta mi è stata fatta da un noto avvocato milanese, allora parlamentare, molto vicino a Silvio Berlusconi. Il mio compito era di portare scompiglio tra i potenziali nuovi leader del Popolo della Libertà, trasformando le primarie in una farsa politica e facendole così naufragare. E in effetti è successo proprio questo».
Dopo Valter Lavitola, il faccendiere che la scorsa settimana
ha raccontato a L’Espresso di aver ricevuto 500 mila euro «per incastrare Fini sulla casa di Montecarlo», ecco un altro personaggio che dichiara di essere stato arruolato dall’entourage di Berlusconi per mettere fuori gioco tutti i possibili sfidanti interni per la guida del centrodestra. A parlare, per la prima volta, è il creativo imprenditore milanese Alessandro Proto: l'uomo che per anni ha tenuto in scacco la Borsa e mezza editoria italiana spacciandosi per socio di Donald Trump, mediatore nella vendita di ville venete a Brad Pitt, Angelina Jolie e altre star di Hollywood e soprattutto scalatore di importanti quote di colossi come Fiat, Tod’s, Rcs, Unicredit e altre società quotate.
[[ge:rep-locali:espresso:285304058]]Proto nel novembre 2012 si era candidato alle primarie del Pdl, al culmine della sua escalation mediatica. Nel febbraio 2013 è stato arrestato con le accuse di manipolazione del mercato, ostacolo all'autorità di vigilanza e truffa. Quindi ha patteggiato una condanna a tre anni e dieci mesi. Oggi, nel libro
“Io sono l’impostore”, scritto dal giornalista Andrea Sceresini e pubblicato dal Saggiatore, Alessando Proto racconta i segreti delle sue clamorose truffe mediatiche. E rivela i retroscena della sua candidatura alle primarie del Pdl, organizzate dopo la rovinosa caduta del governo Berlusconi, ma poi annullate per motivi mai del tutto chiariti.
«Le primarie erano state volute fortemente da Angelino Alfano, che all’epoca era in piena rotta di collisione con Berlusconi – racconta oggi Proto –. Il Cavaliere voleva che fallissero. E per questo un parlamentare del suo entourage decise di contattare il sottoscritto». Nel novembre 2012 Proto era già chiacchierato. La sua fama di finanziere d'assalto vacillava e in molti iniziavano ad avanzare dubbi sulla reale consistenza dei suoi presunti capitali, poi rivelatisi inesistenti. «In quel periodo – continua Proto – fui convocato nello studio di questo avvocato e politico, che senza troppi giri di parole mi propose di candidarmi alla presidenza del Pdl. Ma solo per esasperare il dibattito tra i potenziali leader alternativi a Berlusconi, togliendo credibilità all’intera operazione».
«C’era il problema della raccolta delle firme, che dovevano essere ben diecimila», aggiunge Proto. «L'avvocato e parlamentare mi rassicurò così: “Non si preoccupi delle firme, ci penseremo noi a raccoglierle. Il Presidente ha letto molte cose su di lei, siamo certi che lei sia la persona adatta”. Insomma, avrei dovuto aspettare il loro via libera, dopodiché avrei annunciato la mia candidatura e mi sarei potuto inserire a pieno titolo nel dibattito politico».
È l’8 novembre del 2012, quando il fanta-finanziere, con un comunicato stampa, annuncia la sua discesa in campo. E il 21 novembre, dopo aver ricevuto – sempre stando alla sua versione – il via libera dall’avvocato, Proto dichiara di aver già completato la raccolta delle firme. «Era praticamente impossibile – osserva oggi – per una persona estranea alla politica come me, raccogliere diecimila sottoscrizioni, di cui non più di duemila per regione, tutte certificate da un dirigente del Pdl». Quindi ci ha pensato l'avvocato-parlamentare. Proto non sa dire se e come quelle firme siano state effettivamente raccolte e depositate. Resta il fatto che Alessandro Proto, per almeno due settimane, ha dibattuto pubblicamente in televisione, senza essere mai smentito da nessuno, nelle vesti di candidato leader del Popolo della Libertà, ponendosi sullo stesso piano degli altri sfidanti, da Alfano alla Meloni, da Galan a Sgarbi.
«Ho fatto dichiarazioni assurde – ricorda oggi Proto -. Ad esempio, ai giornalisti che mi chiedevano se avrei voluto rottamare i vari Gasparri, La Russa e Cicchitto, risposi che non mi sembrava sensato cacciarli, perché in loro assenza nessuno avrebbe potuto indicarmi la strada per raggiungere i cessi di Montecitorio. Venivo ugualmente invitato ai confronti televisivi e dibattevo tranquillamente con i massimi esponenti del centrodestra».
La strana corsa politica di Proto inizia a perdere colpi il 22 novembre 2012, quando diventa pubblica la notizia che è sotto inchiesta a Milano. Ancora candidato, grida subito al «complotto politico», parlando di «false accuse» e dichiara di non voler ritirarsi. Chi invece rinuncia alle primarie è proprio Angelino Alfano, che annuncia: «Se ci sono degli indagati in lizza, mi ritiro». A quel punto anche gli altri candidati rinunciano. Conclusione: le primarie del Pdl saltano. Berlusconi torna saldamente alla guida del centrodestra. E l'anti-candidato Proto viene arrestato.
«La manovra di sabotaggio ha avuto l’effetto voluto», riassume oggi l'interessato. Dopo il caso Lavitola, è inevitabile chiedergli se abbia incassato qualcosa per il disturbo. «Con l’avvocato non abbiamo mai parlato di soldi – assicura Proto – anche perché a me interessava soprattutto la visibilità. Sono stato usato, probabilmente, e poi scaricato. L’entourage berlusconiano ha ottenuto ciò che voleva: l’annientamento della minaccia di Alfano, che allora era il candidato più temuto. Io invece sono finito in galera».