La Corte d'appello del Lussemburgo ha dichiarato colpevoli Antoine Deltour e Raphaël Halet, i due giovani che hanno messo in imbarazzo il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. Svelando come decine di multinazionali hanno evitato di pagare tasse per miliardi di euro

Punito per aver svelato i trucchi con cui decine di multinazionali hanno eluso tasse per miliardi di euro. Si è concluso così il processo ad Antoine Deltour, l'uomo che ha rivelato lo scandalo Lux Leaks. La Corte d'appello del Lussemburgo, nazione che ha permesso per anni segretamente queste pratiche fiscali, lo ha condannato oggi, mercoledì 15 marzo, a sei mesi di carcere (pena sospesa) e a una multa da 1.500 euro. Condannato a pagare un'ammenda da 1.000 euro anche Raphaël Halet, collega di Deltour e coprotagonista della fuga di notizie, mentre è stato assolto con formula piena Edouard Perrin, il primo giornalista a pubblicare i documenti.

Deltour e Halet, francesi, sono ex dipendenti della Pricewaterhouse Coopers, una delle regine globali della consulenza finanziaria. Prima di licenziarsi, nel 2010, i due giovani analisti della Pwc avevano scaricato sui loro computer migliaia di documenti riservati. Contratti sui "tax rulings", gli accordi fiscali stretti tra il governo del Lussemburgo, al tempo guidato dall'attuale numero uno della Commissione europea Jean Claude Juncker, e 340 multinazionali, da Pepsi a Ikea, da Apple ad Amazon, da Fiat a Starbucks.
Intervista
Storia di Antoine, eroe di LuxLeaks
25/11/2015

Pubblicati nel 2014 in maniera congiunta da alcuni giornali internazionali, e in Italia da L’Espresso, i documenti hanno dimostrato come il Lussemburgo sia riuscito nel tempo a diventare il paradiso fiscale preferito dalle più famose aziende. Un successo ottenuto attirando le grandi imprese attraverso contratti segreti e imposte bassissime. Che hanno fatto perdere, al contempo, miliardi di entrate fiscali ai governi delle nazioni in cui queste multinazionali operavano prevalentemente. Insomma, centinaia di miliardi sottratti ai contribuenti di tutto il mondo. Con un corollario paradossale: il Lussemburgo è fra le nazioni europee che chiedono insistentemente a Paesi come l'Italia di ridurre il debito pubblico, operazione che risulterebbe molto più facile da realizzare se aumentassero le entrate fiscali.
Esclusivo
Lussemburgo, il buco nero delle tasse
6/11/2014

Deltour e Halet erano finiti a processo per furto, accesso illegale a database e rivelazioni di segreti commerciali. La pena massima era di cinque anni. In primo grado, lo scorso giugno, i due erano stati condannati rispettivamente a 12 e 9 mesi di carcere. I giudici della Corte d'appello hanno ridotto le pene, ma hanno comunque scelto di condannare le fonti dello scandalo. Una decisione che Deltour ha commentato così: «Questo giudizio deludente costituisce un'ulteriore argomentazione per continuare a sostenere le recenti iniziative europee che puntano a proteggere i whistleblower».

L'Espresso aveva intervistato Deltour nel novembre del 2015, poco dopo l'inizio del processo. «Se tornasse indietro lo rifarebbe?», era stata una delle nostre domande. «Lo rifarei sicuramente», aveva risposto: «Il mio è stato un atto di giustizia fiscale: i tax rulings fatti dal Lussemburgo hanno sottratto risorse fiscali ad altre nazioni, alcune delle quali hanno poi subito politiche d’austerità, e sono stati concessi solo ad alcune aziende, quelle grandi, mentre quelle piccole sono costrette a pagare pienamente le tasse».

Il gesto di Deltour ha avuto conseguenze rilevanti in Europa. In seguito allo scoppio dello scandalo la Commissione europea ha multato colossi come Fiat, Starbucks e Apple per aver firmato con alcuni governi dell'Ue tax ruling illegali: accordi che, ha spiegato la commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager , avevano lo «scopo di ridurre artificiosamente l’onere fiscale». Dopo LuxLeaks, la Commissione europea ha pubblicato alcune proposte per riformare il sistema fiscale. Il progetto che dovrebbe però cambiare radicalmente le cose si chiama Beps. È un piano d’azione basato su 15 punti e scritto dall’Ocse, l’organizzazione che raccoglie le maggiori economie avanzate. Il documento prevede, tra l’altro, che gli Stati si scambino automaticamente informazioni sui “tax rulings”, e che ogni multinazionale con un fatturato annuo superiore ai 750 milioni di dollari presenti un documento con i risultati principali raggiunti in ogni Paese in cui opera (il “country by country reporting”). La riforma, dicono all’Ocse, se recepita dagli Stati abbatterà di molto l’elusione, oggi stimata dagli stessi economisti dell’organizzazione parigina tra i 100 e i 240 miliardi di euro all’anno.
Esclusivo
Poteri invisibili: evasori per ragion di Stato
2/9/2016

Il progetto Beps è davvero, come sostiene l’Ocse, rivoluzionario? Durante l'intervista Deltour ci aveva risposto risponde che «è certamente un passo in avanti, ma non sufficiente per cambiare radicalmente le cose. La riforma mantiene in piedi un sistema fiscale molto complesso, comprensibile solo da pochissimi esperti. Sono sempre le stesse società che finora hanno condotto il gioco: Pwc, Deloitte, Ernst & Young, Kpmg. Questi gruppi fanno da consulenti sia ai governi che alle multinazionali a caccia di buchi nella legge per risparmiare sulle tasse. Questo è il grande problema, e la riforma Ocse non lo risolve».

La soluzione per fermare l’elusione, secondo Deltour, è in teoria semplice. «L’unica via veramente efficace», é la tesi del whistleblower appena condannato, «è la creazione di un’unione fiscale europea, se non addirittura globale. Lo stesso Juncker ha detto che 22 dei 28 Paesi europei usano i “tax rulings” (compresa l'Italia). È vero, è così. Bisogna aggiungere che un patto fiscale in sé non ha niente di sbagliato, è un accordo attraverso cui uno Stato fornisce ad una società i parametri legali attraverso cui questa verrà tassata. Il problema è quando diventa un modo per permettere all’azienda di evadere le tasse. Io credo che questo tipo di cose avvenga ancora oggi in tutta Europa e il motivo è semplice: siamo in una situazione di competizione fiscale. Finché non verranno armonizzate le imposte, almeno all’interno dell’Unione europea, le aziende continueranno a spostare i profitti dove sono meno tassati».

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso