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Attualità
marzo, 2017

L'imprenditore: «Chi parla viene perseguitato»

Ha testimoniato contro un vice sindaco corrotto. «Ma le ritorsioni sono state e sono tutt'ora all'ordine del giorno»

La corruzione esiste anche nei paesi più civili, dove però vale una regola che la frena: chi sbaglia, paga. Nei paesi meno civili la regola è rovesciata: ?i corrotti hanno altissime probabilità ?di assicurarsi l’impunità, che in Italia ?è garantita dalle favolose norme sulla prescrizione. A rischiare il peggio, invece, è chi denuncia il malaffare. Soprattutto se al potere c’è ancora ?la stessa parte politica che ?ha espresso i governanti corrotti.

Alessandro Leardini è un ricco imprenditore di Verona, Italia. Nel novembre 2013, convocato dalla polizia, ha confermato di essere stato taglieggiato per anni da un politico ?in gran carriera: il vicesindaco Vito Giacino, a cui il sindaco ex leghista Flavio Tosi, tuttora in carica, aveva concesso pieni poteri di assessore all’edilizia e all’urbanistica. Nella città dell’Arena, come in tutto il nostro Paese, gli imprenditori edili sono ?in balia della politica, che ha il potere assoluto di decidere chi, dove, cosa ?e quanto si può costruire. Tra i sette imprenditori sospettati di aver dovuto pagare il turbo-assessore, solo Leardini ha avuto il coraggio di testimoniare.

Giacino è stato condannato sia in tribunale a Verona che in appello a Venezia per concussione, che è una variante politica del reato di estorsione. I giudici, che hanno confermato la serietà e l’attendibilità di Leardini, gli hanno finora concesso un rimborso di 20 mila euro, circa un ottavo degli oltre 160 mila euro intascati dal politico attraverso false consulenze intestate alla moglie: un risarcimento “morale” che diventerà effettivo solo se e quando la doppia sentenza verrà confermata anche in Cassazione.

Occhiali, barba curata, vestito con sobria eleganza, Leardini racconta ?la sua esperienza all’Espresso con molta cautela, soppesando le parole.

Perché ha deciso di denunciare quel politico?
«Non ho denunciato nessuno. Sono stato convocato come testimone, per far luce su gravi fatti su cui la procura indagava già da diversi mesi. A quel punto avevo solo due possibilità: negare tutto, raccontando un sacco ?di frottole e diventando in qualche modo complice del malaffare, oppure raccontare la verità. Nei mesi precedenti, per altro, avevo avuto una forte discussione con Giacino: avevo già detto a lui stesso che la situazione per me era diventata insostenibile».

Lite che coincide con il suo rifiuto ?di continuare a pagare. La sua scelta ha provocato vantaggi o svantaggi ?alle sue imprese?
«I costi diretti sono costituiti dalle spese legali sul piano penale, civile e amministrativo. Sono cifre importanti, ma di poco conto rispetto ai costi indiretti: le ritorsioni sono state e sono tutt’ora all’ordine del giorno. Le mie pratiche edilizie vengono rallentate, sospese, bocciate. Potrei documentare tantissimi esempi di progetti ostacolati con i pretesti più inimmaginabili. Il tutto associato alla fortissima crisi iniziata nel 2008 e che soltanto ora, almeno per le mie aziende, manifesta i primi sintomi di ripresa».

Davanti al tribunale lei ha precisato che le sue pratiche superano tutte ?le valutazioni tecniche, ma vengono fermate dai politici. E ora un altro assessore di Tosi minaccia di denunciarla: è preoccupato?
«Per nulla. Anzi, spero che si apra un processo per fare chiarezza anche su questo aspetto della vicenda. Visto che non riesco a spiegarmi i sistematici rallentamenti e dinieghi sulle mie pratiche, non escludo di essere io il primo a intraprendere azioni legali».

Sul piano umano e sociale, è stato ?un problema testimoniare contro un politico che aveva in mano la città?
«È stata senza dubbio una scelta molto ponderata e sofferta. Quando sono stato convocato dalla procura ho passato una notte insonne. Nemmeno le persone a me più vicine erano a conoscenza del reale contenuto dei miei rapporti con Giacino. Ho riflettuto a lungo, elencando a me stesso le conseguenze positive e negative di una scelta e dell’altra. Sapevo che avrei subito pesanti ritorsioni. Ma ho deciso di agire secondo coscienza. Poi ci sono stati periodi molto difficili in cui colleghi, amici o presunti tali, semplici conoscenti mi evitavano. Forse questa è la reazione che ho fatto più fatica a comprendere e ad accettare».

Lei sa che la poliziotta Margherita Taufer, dopo aver guidato questa inchiesta, ha subito un’incredibile catena di misure disciplinari puntualmente annullate dai giudici?
«L’ho appreso in occasione della sua testimonianza al mio processo. È un fatto che mi ha molto colpito».

Le sentenze la dichiarano vittima ?di un sistema concussivo, parlano ?di un tariffario di tangenti calcolate ?al metro quadrato e di parcelle molto sospette versate anche da altri imprenditori: perché nessun altro ?ha avuto il coraggio di testimoniare?
«Perché sono situazioni e vicende ?che cambiano il corso della vita».

Luca Magni, l’imprenditore ?che 25 anni fa fece scoppiare Tangentopoli, ha visto fallire ?la sua impresa e si è pentito ?di aver testimoniato. Oggi lei ?lo rifarebbe?
«Senza alcuna esitazione. Agendo diversamente, avrei dovuto rimanere per sempre succube di un vicesindaco. Ora sono una persona serena e sono determinato a continuare a lottare per far valere i miei diritti di cittadino ?e di imprenditore».

Tra poche settimane a Verona si vota per la nuova amministrazione: cosa augura ai cittadini?
«Di non trovarsi mai nella mia situazione. Di godere di buoni servizi senza dover prezzolare nessuno, di avere un’amministrazione che lavora solo nell’interesse della città, di poter entrare in contatto con la politica senza paure, ansie e turbamenti. In sostanza, auguro a tutti di essere semplicemente cittadini e non sudditi».

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