L'ex premier, la Toscana, le relazioni pericolose che emergono dai legami tra il padre Tiziano, Verdini e Lotti. L'Espresso le racconta nel numero in edicola da domenica. Ora il politico deve spiegare
Nemesi vuole che già Dante Alighieri, fiorentino, esiliato per giunta dalla sua città, scrivesse nel Purgatorio che «rade volte risurge per li rami l’umana probitate», cioè che poco spesso le virtù dei padri (di conseguenza i difetti) passano ai figli. E questo perché, nella visione medievale dei destini, spettava solo a Dio diffondere sapienza e virtù. Ecco perché
l’inchiesta firmata da Emiliano Fittipaldi e Nello Trocchia, che mette in luce un “sodalizio” e rivela nuovi, importanti elementi nelle relazioni pericolose - in terra di Toscana - fra Tiziano Renzi, padre dell’ex premier ed ex segretario Pd Matteo, Denis Verdini, ex berlusconiano legato ai Renzi da avventure di altri tempi e poi divenuto stampella del governo piddino, e Luca Lotti ci pone di fronte a una questione fondamentale. Quella di sapere, con certezza, cosa Matteo Renzi sapesse, direttamente o indirettamente, rispetto ai fatti ipotizzati nell’inchiesta Consip. Ombre che si stendono su tre figure chiave: il genitore, l’alleato scomodo, l’amico e fedelissimo di governo.
[[ge:rep-locali:espresso:285262262]]Non si tratta di fare congetture. La partita politica che Renzi sta giocando ha avuto inciampi senza bisogno di passare dal fascicolo di un pm. Non possiamo affermare, perché è una circostanza di cui l’indagine non si occupa, che il Renzi politico, il Renzi premier, il Renzi segretario avesse un qualsiasi tipo di ruolo, ma proprio perché la storia che raccontiamo lascia zone grigie, abbiamo il dovere di porre alcune domande. E chiediamo che sia l’ex presidente del Consiglio a rispondere. Presidente, era al corrente di ciò che avveniva, o tutto è stato fatto a sua insaputa? L’amministratore della Consip, Luigi Marroni, nominato dal suo governo, le aveva mai fatto cenno a presunte sollecitazioni, inviti da parte di persone a lei così vicine? Nel caso in cui qualcosa le fosse giunto all’orecchio, che cosa è stato fatto per porre fine a tutto questo? Per prendere le distanze, politicamente prima di tutto, da qualcosa che somiglia a un groviglio di relazioni che si vuol mutare in “sistema”. E se invece non è così, questo significa che c’è un uomo ai vertici di una società pubblica come la Consip che avrebbe ricostruito di fronte ai magistrati una realtà immaginaria? Perché allora Marroni sta ancora al suo posto?
Alla vigilia delle primarie del Pd, in questo clima surreale di guerra per bande, di militanti che rinfacciano ad altri militanti un primato della sinistra che, se esistesse, avrebbe evitato per sua stessa natura uno scontro di questa portata, è auspicabile che sia Matteo Renzi a spiegarci tutto. A dirci che idea s’è fatto del ruolo del su’ babbo Tiziano, dell’alleato Verdini e dell’amico Lotti nella vicenda Consip. Questo se Renzi intende provare a vincere e governare di nuovo. Come ha ripetuto in ogni occasione con il suo aforisma post-referendario: «Posso rinunciare alla poltrona ma non alla passione per la politica». Ecco. La risposta della magistratura ci interessa, com’è ovvio. E la aspetteremo. Ma oggi interessa prima di tutto la sua risposta politica. A noi, certamente. Ma di più al Paese.