Mazzetta nera, sarai romana e per bandiera ti darem quella italiana... Bisogna rassegnarsi a parafrasare l'inno mussoliniano per raccontare la caccia al presunto bottino che segna l'ultimo sviluppo della pesante inchiesta che ha coinvolto l'ex presidente di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini: un leader politico che ha avuto il merito storico di trasformare la destra post-fascista in un partito di governo con Berlusconi e Bossi.
Per ordine dei magistrati di Roma, questa mattina i militari dello Scico (il reparto antimafia della Guardia di Finanza) hanno sequestrato all'ex presidente della Camera due polizze vita del valore di un milione di euro. Da alcuni mesi, come rivelò per primo l'Espresso, Fini è indagato con l'accusa di complicità nel riciclaggio di un tesoro intestato a tre suoi congiunti: circa 6 milioni di euro versati segretamente, attraverso anonime società offshore, dal re delle slot machine Francesco Corallo, che dal dicembre scorso è in stato d'arresto alle Antille Olandesi.
Corallo, titolare del gruppo Global Starnet (già denominato Atlantis e poi Bplus), è l'imprenditore catanese che nel 2004 ha ottenuto, benché figlio di un pericoloso pregiudicato, la concessione statale a gestire il business miliardario delle macchinette mangiasoldi (new slot e vlt) che a partire da quell'anno hanno invaso l'Italia. Il re del gioco d'azzardo è stato arrestato con i più stretti collaboratori nella sua base ai Caraibi, con l'accusa di aver sottratto all'Italia oltre 250 milioni di euro: profitti incamerati con le macchinette mangiasoldi, trasferiti all'estero e occultati in anonime società offshore.
L'indagine internazionale ha accertato che dalle casseforti segrete di Corallo è uscito un fiume di denaro che ha premiato anche tre familiari di Fini: la consorte Elisabetta Tulliani, suo fratello Giancarlo e il loro padre Sergio, che in totale si sono divisi, a partire dal 2008, quasi sette milioni di dollari. Interrogato dai magistrati di Roma dopo l'avviso di garanzia, Fini ha giurato di non aver mai saputo nulla dei fondi neri intascati dai suoi congiunti. E ha definito false le dichiarazioni accusatorie dell'ex parlamentare Amedeo Laboccetta, inquisito e poi scarcerato, che aveva accusato Fini, tra l'altro, di aver incontrato personalmente Corallo sia in Italia che ai Caraibi.
Ma ora nelle motivazioni del sequestro patrimoniale, chiesto dal pm Barbara Sargenti con l'aggiunto Michele Prestipino e il procuratore capo Giuseppe Pignatone, il giudice delle indagini preliminari, Simonetta D’Alessandro, definisce «del tutto inverosimile» la versione di Fini secondo cui i Tulliani si sarebbero arricchiti a sua insaputa.
ll provvedimento, al contrario, elenca una lunga serie di documenti, testimonianze e altri indizi concatenati che, secondo l'accusa, proverebbero la «piena consapevolezza» di Fini. In questo capitolo dell'inchiesta rientra anche lo scandalo politico dell'appartamento di Montecarlo: una casa di proprietà di Alleanza nazionale che nel 2008, con l'autorizzazione dell'allora presidente Fini, fu venduta a due società offshore, dietro le quali si nascondevano proprio Giancarlo ed Elisabetta Tulliani.
L'inchiesta ha documentato che i due fratelli, a conti fatti, non spesero un soldo: il prezzo fu pagato interamente delle offshore di Corallo; e i Tulliani hanno poi rivenduto l'appartamento guadagnandoci un altro milione di euro. Elisabetta, in particolare, ha intascato personalmente un bonifico di 739 mila euro netti. In questi mesi la procura di Roma ha già ottenuto il sequestro di una dozzina di appartamenti e box nella zona di Roma, che risultano acquistati con un'altra parte del presunto bottino.
Si tratta dei 3 milioni e 599 mila dollari versati nel 2009 dalle solite offshore Corallo su un conto estero intestato a Sergio Tulliani, che questi ha poi girato ai figli Giancarlo ed Elisabetta, per essere reimpiegati, appunto, negli investimenti immobiliari che hanno fatto scattare anche la nuova accusa di «auto-riciclaggio».
Gli avvocati Michele Sarno e Francesco Caroleo Grimaldi, che assistono Fini, ora annunciano un ricorso al tribunale del riesame e ribadiscono «l'assoluta estraneità» dell'ex leader di An. Secondo i legali, inoltre, le polizze sono state sequestrate «per equivalente», per cui non sarebbero state create con soldi sporchi versati da Corallo ai Tulliani: sarebbero invece risparmi personali dell'ex leader di An, investiti da tempo in polizze intestate ai figli minorenni.