Si intitola così il racconto del celebre scrittore francese. Tra sensualità e sarcasmo
di Emanuele Coen
5 maggio 2017
C’è il Michel Houellebecq più noto, quello del romanzo “Sottomissione” (Bompiani) con la profezia - l’elezione ?in Francia del primo presidente della Repubblica musulmano, nel 2022 - che due anni fa scatenò contro di lui le accuse di islamofobia e, dopo l’attentato a Charlie Hebdo, lo fece finire sotto scorta. Icona punk, intellettuale scomodo chiamato in causa da Marine Le Pen a sostegno delle sue tesi xenofobe durante la campagna elettorale, oggi il celebre scrittore francese è un astensionista entusiasta, fautore convinto della democrazia diretta. Insopportabile populista per alcuni, coraggioso romanziere per altri, entrambe ?le cose per altri ancora. E poi, decisamente meno conosciuto, ?c’è il Michel Houellebecq di “Lanzarote” (uscito in Italia nel 2002, ripubblicato da Bompiani l’anno scorso), racconto ?di viaggio al termine del millennio (1999) intriso di sensualità e sarcasmo, con finale a sorpresa.
L’arrivo alla vigilia di Capodanno sull’isola dei vulcani con i suoi paesaggi marziani di lapilli neri e rossi, gli eroici vitigni protetti da “los zocos”, i muretti in pietra costruiti con scorie di basalto di lava, l’iniziale scetticismo e la noia che si trasformano progressivamente ?in estasi. Schermata-2017-05-03-alle-14-38-42-png L’incontro fortuito con due ragazze tedesche e un belga, con i quali organizza un’escursione, per lo scrittore diventa un’avventura catartica, scandita da giochi erotici e travolgenti partouze in riva all’oceano, sullo sfondo di una natura spietata e nichilista. ?«Per quasi un chilometro davanti a noi ?si allargava una distesa di rocce nere ?e aguzze; non c’era niente di vivo, né una pianta né un insetto, niente», annota Houellebecq in visita al Parco Nazionale di Timanfaya, nell’epicentro delle eruzioni vulcaniche: dalla vista ?di quel paesaggio desolato lo scrittore sembra trarre un inaspettato buonumore che lo accompagna nel tragitto verso Teguise, nel cuore di Lanzarote, sulla strada che conduce ?alla Playa de Famara, una delle più belle dell’isola. Una linea dritta in mezzo a ?un deserto di pietre rosse, nere e ocra.
«Le uniche alture erano, in lontananza, quelle dei vulcani: la loro presenza massiccia aveva qualcosa di stranamente rassicurante. La strada ?era deserta, e noi procedevamo in un silenzio assoluto. Sembrava di essere ?in un western metafisico».
A dire il vero, tra i due Houellebecq ?la distanza non è così abissale. In “Lanzarote”, quando l’impiegata dell’agenzia di viaggi, a Parigi, gli sciorina alcune destinazioni tra cui scegliere, lo scrittore manifesta una aperta insofferenza verso Tunisia e Marocco. «I paesi arabi non mi fanno impazzire», taglia corto. E poi aggiunge tra sé e sé, prima di rivolgersi di nuovo alla ragazza: «In sostanza, i paesi arabi non erano malaccio, purché si riuscisse ?a tirarli fuori da quella loro ridicola religione. “Più che i paesi arabi, in effetti, sono i paesi musulmani, non avrebbe ?un paese arabo non musulmano?” Sembrava una domanda da telequiz. Paese arabo non musulmano... quaranta secondi per rispondere. L’impiegata aveva la bocca leggermente aperta». ?Poi torna a sedersi davanti a lui e in tono diretto gli domanda: «E le Canarie? ?Ci ha mai pensato alle Canarie?».