Religione

Otto per mille, calano le firme per i culti: e se la Chiesa piange, i buddhisti festeggiano

di Federico Marconi   27 luglio 2017

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Sempre meno contribuenti scelgono di destinare la propria quota dell'Irpef al Vaticano, mentre i seguaci di Buddha appena ammessi alla ripartizione diventano la quarta forza: ecco cosa dicono i dati del Ministero dell'Economia

Calano i contribuenti e le donazioni alle confessioni religiose. Questo il dato che salta subito agli occhi leggendo le statistiche sull’otto per mille del 2017, pubbllicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Quest’anno verranno distribuite alle confessioni religiose riconosciute dallo Stato le donazioni relative alla dichiarazione dei redditi del 2013. Anno in cui, per la prima volta, sono entrate nella lista delle destinatarie l’Unione Buddhista Italiana e l’Unione Induista Italiana. E per loro è subito boom: 71.997 firme per i buddhisti, 21.218 per gli induisti. Un risultato in controtendenza rispetto alle migliaia di firme perse da tutti gli altri. Sembrano esserci anche conti che non tornano: c’è una discrepanza tra la somma destinata alla Chiesa cattolica indicata dal Ministero e quella indicata dalla Cei.

SEMPRE MENO CONTRIBUENTI
Nel 2013 è calato il numero di contribuenti rispetto all’anno precedente: da 41.414.154 a 40.989.567, l’1,03 per cento in meno. Diminuisce di conseguenza anche chi dona l’otto per mille: dai 18.817.796 del 2012 ai 18.688.601 dell’anno successivo (-0,69 per cento). Un calo in linea con la diminuzione generale dei contribuenti, ma che indica una tendenza negativa che si ripete negli anni successivi.

Stando alle previsioni per il 2018 e il 2019, anni in cui verranno distribuite le donazioni del 2014 e 2015, mentre il numero di contribuenti rimane stabile (40.716.548 nel 2014, 40.770.277 nel 2015) e diminuisce in maniera più evidente chi dona l’otto per mille: 945.331 firme in meno nel 2014 (-2 per cento), 299.363 nel 2015 (-0,79 per cento).


CROLLI E BOOM
Alla diminuzione di chi ha firmato per donare l’otto per mille corrisponde un calo delle scelte per le confessioni religiose. Ma analizzando i dati, il crollo percentuale delle scelte è molto superiore al calo dei firmatari dello 0,69 per cento. Nel 2013 si difende solo la Chiesa cattolica (-0,29 per cento), la Chiesa Apostolica (che passa da 9.597 scelte a 10.307, +6,88 per cento), e le nuove entrate Unione Buddhista (72mila scelte) e Unione Induista (oltre 21mila), mentre per le altre confessioni il calo è molto più netto: si va dal 1,3 per cento in meno delle Assemblee di Dio al -29,1 per cento della Chiesa Evangelica Luterana (da 47.859 a 37.062 scelte).


A stupire è il boom dei buddhisti, che diventano così quarti per numero di scelte dopo la Chiesa cattolica, lo Stato e la Chiesa valdese. Nel 2013 è stata inserita tra le confessioni a cui destinare l’otto per mille l’Unione Buddhista Italiana, ed è stata subito scelta da 71.997 contribuenti. Così quest’anno ha riscosso 4.861.164 euro. La somma è destinata a crescere nei prossimi due anni: l’Unione buddhista è stata scelta da un numero sempre maggiore di persone: 125.292 (+ 74 per cento) nel 2014, 173.023 (+ 38 per cento) nel 2015.

«Il dato indica la maggior attenzione dell’Italia per il buddhismo» commenta a l’Espresso Stefano Bettera, vicepresidente dell’Unione buddhista italiana «ma è un risultato che ci aspettavamo. Negli ultimi anni è cresciuto il numero di chi si interessa e pratica la nostra religione: basti pensare ai 2 milioni di persone che hanno guardato in streaming le lezioni che il Dalai Lama ha tenuto alla Fiera di Rho lo scorso ottobre». L’Ubi destinerà i fondi ricevuti dallo Stato per «progetti a sfondo sociale e umanitario: stiamo preparando i bandi in questi giorni».

CHIESA IN CRISI
Il risultato positivo dell’Ubi è in controtendenza rispetto a tutte le altre confessioni. E il calo colpisce anche la Chiesa cattolica: negli anni fiscali dal 2012 al 2015 ha visto calare il numero di persone che decidono di destinarle il proprio otto per mille. I 15.226.291 contribuenti che l’hanno scelta nel 2012 rimangono quasi invariati nel 2013 (45.313 in meno, lo 0,3 per cento del totale). Nel 2014 la diminuzione è più sensibile (-5,3 per cento, 770.424 scelte in meno), mentre nel 2015 le scelte diminuiscono ancora del 3,3 per cento toccando i 13.944.967 (465.587 in meno). Un trend che non si spiega con la sola diminuzione del numero complessivo di contribuenti e che fa ancor più riflettere se si pensa alle ripetute e massicce campagne pubblicitarie della Chiesa cattolica sui mass media per trovare sempre nuovi donatori.
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Ma la Cei non sembra essere preoccupata da questo calo. «Nonostante il gettito Irpef sia calato, le firme di quanti hanno destinato il proprio otto per mille alla Chiesa cattolica ha conosciuto un aumento, seppur minimo, dello 0,31 per cento (tra le dichiarazioni dei redditi del 2014 e del 2014, ndr)» afferma a l’Espresso Don Ivan Maffeis, responsabile dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Cei. L’aumento però non è nel numero di firme, che cala da 15.226.291 nel 2013 a 15.180.978 nel 2014, ma nel loro peso percentuale sul totale dei contribuenti: dal 36,7 per cento passa al 37 l’anno successivo. Un incremento minimo, ma importantissimo al momento della ripartizione dei fondi da parte del Ministero.


«In virtù del meccanismo per cui le quote non espresse sono comunque ripartite in proporzione alle firme ottenute, la Chiesa cattolica continuerà a incamerare ogni anno la gran parte dei fondi» è scritto in una nota dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, che da anni si batte contro questo meccanismo. «Alla Cei va circa l’80 per cento dei fondi totali a fronte di un 37 per cento circa di contribuenti che la sceglie come destinataria, questo non è giusto» continua l’Uaar. Questo avviene perché l’otto per mille di chi non esprime nessuna scelta viene ripartito secondo la percentuale di chi ha deciso di destinarlo a una confessione religiosa (solo le Assemblee di Dio e la Chiesa apostolica rinunciano alle somme derivanti dalle scelte inespresse, ndr).

I CONTI NON TORNANO?
C’è una discrepanza tra la somma destinata alla Chiesa cattolica indicata dal Ministero e quella presente in un documento della Cei.
Nel documento del Mef risulta che la quota di otto per mille assegnata alla Chiesa cattolica per il 2017, derivante dalla dichiarazione dei redditi del 2014, è di 1.038.915.810 euro. A questa cifra va tolto un conguaglio negativo di 26.422.586 euro sulle somme ricevute nel 2016: per un totale di 1.012.493.224 euro.
La Cei presenta altri numeri: l’otto per mille ricevuto nel 2017 corrisponde a 986.070.639 euro, somma da cui è già  scalato il conguaglio di 26 milioni (per un totale di 1.012.493.224 euro).

Tale differenza è dovuta al fatto che la Chiesa riceve un anticipo dell’otto per mille anno per anno. Per capire meglio, tutte le confessioni ricevono la propria quota di otto per mille tre anni dopo la dichiarazione dei redditi: così nel 2017 ricevono le donazioni del 2014. La Chiesa no: la legge 222 del 1985 stabilisce che l’erogazione dell’otto per mille ai cattolici avvenga nella forma di un anticipo riconosciuto nell’anno: ad esempio, nel 2014 viene elargito un anticipo dell’otto per mille delle 2014. Un anticipo che può non corrispondere alla cifra definitiva. Così quando il Ministero pubblica i dati definitivi, viene stabilito un conguaglio che può essere positivo e negativo. Nel caso del 2014 la Cei ha dovuto restituire allo Stato circa 26 milioni.

Si spiega così la differenza: il dato pubblicato dal Mef si riferisce alla somma del 2014 diventata definitiva quest’anno, la Cei indica l’anticipo sulla dichiarazione dei redditi del 2017, a cui è stato sottratto il conguaglio relativo al 2014.